Green Pass, I big leghisti: così si perde. E la rivolta frena Matteo

Green Pass, I big leghisti: così si perde. E la rivolta frena Matteo
​Green Pass, I big leghisti: così si perde. E la rivolta frena Matteo
di Emilio Pucci
Sabato 4 Settembre 2021, 22:50 - Ultimo agg. 5 Settembre, 10:55
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Ai fedelissimi ha annunciato che darà battaglia fino all’ultimo per limitare e non estendere l’utilizzo del Green pass e per ostacolare l’obbligo vaccinale. Ma Salvini rischia di trovarsi seriamente in difficoltà dopo aver espresso tutte le sue perplessità sul passaporto sanitario. Perché domani il decreto di conversione sul Green pass andrà in Aula e martedì si comincerà a votare. «Come facciamo a dire no alla fiducia? Così ci mettiamo fuori dal governo, rischiamo di farci male seriamente», la preoccupazione di un big del partito di via Bellerio. 

Una decina di deputati voterebbe di sicuro contro e poi c’è l’allarme elezioni, il timore di ripercussioni alle urne per un messaggio che da una parte abbraccia i no vax leghisti ma che può far perdere consensi tra gli elettori moderati. «Noi – dice un leghista di peso – stiamo girando il territorio, partecipando alla campagna elettorale e a quella referendaria sulla giustizia, nessuno ci chiede di sposare la causa di Borghi, anzi tutte le categorie vogliono ripartire in sicurezza». «Basta strizzare l’occhio agli estremisti, così andiamo sotto alle urne», l’appello lanciato sottotraccia dalla maggioranza dei gruppi e dagli amministratori.

Il Capitano sta mediando con il fronte del Nord, con i governatori per ammorbidire la linea, ma sta crescendo la protesta di sindaci, consiglieri ed esponenti del mondo produttivo affinché si eviti uno scontro aperto con il presidente del Consiglio. 

Salvini ha promesso che chiamerà il premier. Un colloquio telefonico è in programma nelle prossime ore. «Lo incontrerò in questi giorni», ha annunciato. La richiesta formale dei lumbard è che l’esecutivo non blindi il provvedimento, in modo da poter discutere i (pochi) emendamenti in Aula. Ma le proposte messe nero su bianco dal segretario del partito dopo il videocollegamento di due giorni fa con i presidenti di Regione che si erano risentiti perché tagliati fuori dalle decisioni aprono un piccolo spiraglio. «Obblighi o costrizioni potrebbero servire solo in via eccezionale per alcune categorie specifiche», il compromesso.

Un segnale di tregua. Con cinque richieste specifiche. Una - la possibilità di usare tamponi salivari molecolari per ottenere il pass - di fatto già ottenuta. Si punta ad informazioni «corrette» per «la promozione della campagna vaccinale e l’incremento delle adesioni». All’utilizzo del passaporto sanitario «per favorire aperture in sicurezza a partire dai grandi eventi (per esempio, concerti o eventi sportivi), ma senza complicare la vita agli italiani». Inoltre a «tamponi gratuiti per alcune categorie, così da permettere agevolmente l’ottenimento del green pass (ad esempio per i minori che fanno sport o le persone che non possono vaccinarsi)». Infine all’estensione «dell’utilizzo degli anticorpi monoclonali prescrivibili anche dal medico di medicina generale». 

«Io sono vaccinato ma questo non mi dà titolo di imporre obblighi sulla testa di qualcun altro», insiste il leader del Carroccio. Invitando i suoi ad evidenziare tutte le incongruenze delle decisioni del Capo dell’esecutivo: «Come si fa ad imporre i vaccini a ragazzi di 12 anni?». E ancora: «Mi rifiuto di pensare al Green pass in metropolitana a Milano alle 8 di mattina. E l’obbligo di vaccini esiste solo in Turkmenistan e Tagikistan». 

L’apertura sull’allargamento del pass è possibile per alcune categorie, «penso, ad esempio, alle case di riposo, alle strutture ospedaliere» ma non per il pubblico impiego. La premessa dell’ex ministro dell’Interno comunque è che dall’esecutivo non si esce. «Ma così possiamo scivolare ai margini. Ci mettono all’angolo», è il ragionamento di chi nel partito di via Bellerio chiede una strategia diversa.

In realtà Salvini non approva show mediatici alla Borghi ma nelle sue interlocuzioni con i dubbiosi argomenta che bisogna essere pragmatici, «se qualcosa non ci sta bene dobbiamo dirlo». Di sicuro nell’Aula di Montecitorio si sfileranno dall’eventuale fiducia che impedirebbe alla Lega di votarsi i suoi emendamenti - aprendo così un precedente pericoloso - una decina di deputati. Nella Lega gira un elenco di nomi. Oltre a Borghi si ipotizzano quelli, tra gli altri, di Bazaro, Comencini, Coin, Tomasi, Castori, De Martini. L’ex responsabile del Viminale attende ora una mano tesa da parte di Draghi. Se la Lega votasse no in Aula si aprirebbe un problema politico. Con le amministrative in vista e la paura di un ko alle urne.

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