Impresentabili, dal Veneto alla Sicilia ecco i casi che imbarazzano il M5S

Dal Veneto alla Sicilia, i malumori
Dal Veneto alla Sicilia, i malumori
Lunedì 5 Febbraio 2018, 15:43
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Pochi giorni fa Alberto Artoni era stato presentato come un ingegnere a capo del Movimento risparmiatori traditi. È stato reclutato una sera, durante un evento pubblico del M5S dedicato alle banche venete e accolto a braccia aperte come eccellenza e nome forte da schierare all’uninominale. Ma gli attivisti M5S non sono disposti ad aprire i cancelli del Movimento a tutti e hanno segnalato che Alberto Artoni ha attarversato le turbolenze di Tangentopoli.

Nel 1993 finì nelle maglie dei pm, e in carcere, accusato di turbativa d’asta. L’indagine prese il via da due esposti che contenevano audio e accuse di corruzione che portarono a indagare su cinque anni di mazzette e appalti pubblici. Artoni venne arrestato insieme ad altre due persone, un geometra e il primario del pronto soccorso dell’ospedale di Piove di Sacco ed ex assessore alla Sanità e capogruppo Dc in consiglio comunale. Artoni si fece il periodo più lungo di carcere perché non rispose ai pm e si proclamò sempre innocente.
Anche i deputati M5S palermitani accusati di aver falsificato le firme elettorali rimasero in silenzio con gli inquirenti e i vertici del M5S che, si sa, a fasi alterne non amano il garantismo, lo hanno ritenuto un comportamento inaccettabile sanzionandolo pesantemente: ad oggi tutti i coinvolti nel caso firme false sono fuori dal M5S. Ora che questa vecchia storia giudiziaria torna a galla per un candidato M5S si vedrà come verrà interpretata.

Perché anche lui, Artoni, oggi respinge le accuse e dice che il suo casellario giudiziale è pulito e perciò la sua corsa elettorale in regola. Ma come andò a finire la vicenda? Il primario patteggiò, e poi nel 1998, a distanza di cinque anni dall’arresto, il pm presentò richiesta di archiviazione per Artoni, accolta dal gip, perché l’accusa di turbativa d’asta si avviava verso la prescrizione ma soprattutto, l’accusatore di Artoni, nel frattempo era morto.
I pm provarono a muovere nuove contestazioni ma alla fine nessun processo e in seguito, nel 1999, il gip del tribunale di Padova scrisse un decreto di archiviazione in cui diceva «vista la richiesta archiviazione del pm, ritenuto che la notizia di reato deve ritenersi infondata per le motivazioni espresse dal pm da intendersi qui integralmente richiamate, dispone l’archiviazione». Vicenda chiusa.

Eppure fa un certo effetto per la base pentastellata avere nelle proprie liste un candidato che ha incrociato la storia di Tangentopoli. Ma l’apertura a 360 gradi del nuovo M5S prevede anche questo. Come quando in Sicilia l’imprenditore Fabrizio La Gaipa, primo dei non eletti nella provincia di Agrigento alle regionali, fu posto agli arresti domiciliari perché secondo l’accusa avrebbe costretto i suoi lavoratori a firmare buste paghe false. Una versione che gli attivisti avevano segnalato per tempo ma che, a indagine in corso, non compariva in nessun certificato del tribunale. Alla fine La Gaipa ha patteggiato.

In Sicilia, terra come il Veneto dove il malessere della base è fortissimo, la damnatio memoriae degli indagati M5S si è abbattuta con violenza. La senatrice uscente Ornella Bertorotta che ha partecipato alle parlamentarie ma poi ha rinunciato alla candidatura perché ha ricevuto un avviso di garanzia, non si è ritrovata nei risultati pubblicati sul blog. E ci è rimasta parecchio male, lei che ha accompagnato Di Maio in Israele, che ha sempre dato prova di fedeltà e coerenza con la linea dei vertici, si è ritrovata rinchiusa in un'anonima casella, quella dei "voti dei ritirati e/o non in possesso dei requisiti". Bertorotta si è ritirata solo dopo le votazioni, e quindi rientra tra i candidati non in possesso dei requisiti. Ma a essere semplicemente indagati nel M5S, come lei, sono diversi esponenti come Filippo Nogarin, Chiara Appendino, senza contare quelli che andranno a processo: Virginia Raggi è imputata per falso. 

«Tra ieri e oggi ho ricevuto decine di telefonate e messaggi per sapere come mai non mi ritrovate nelle liste dei candidati votati e quante le preferenze ricevute - scrive Bertorotta su Facebook - Purtroppo però non posso darvi una risposta certa. E’ stato scelto di cancellare il mio nome dalle liste, nonostante abbia deciso di ritirarmi solo dopo le votazioni. Presumo che i voti che mi avete onorato di riconoscermi potrebbero essere i 335 indicati sotto la fredda e distaccata voce “Voti ricevuti dai candidati ritirati e/o non in possesso dei requisiti richiesti”. Credo che quella voce non renda giustizia alla volontà degli iscritti e al lavoro di questi 5 anni, fatto di profonda convinzione negli ideali e nella forza del gruppo». 

Ma su Rousseau, se da un lato ci sono persone che si sono ritrovate candidate a loro insaputa, su altre come decine e decine di attivisti storici e ora anche la senatrice Ornella Bertorotta, il filtro è stato scrupolosissimo.  Lei la definisce una «caduta di stile», e  però non si abbatte e dice che il suo oscuramento elettronico non riuscirà a «minare la mia fiducia nel movimento 5 stelle, nè a oscurare il lavoro fatto fin qui». 
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