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Immigrati, sanatoria lenta ma i braccianti sono tornati

di Nando Santonastaso
Articolo riservato agli abbonati
Domenica 14 Giugno 2020, 12:30 - Ultimo agg. : 23:03
4 Minuti di Lettura

II Viminale diffonderà i primi dati ufficiali domani, lunedì. Ma che non si debba aspettare un boom di richieste di regolarizzazione per colf, badanti e braccianti stranieri dopo la partenza lenta della nuova legge sembra piuttosto probabile. Appena 13mila quelle presentate al 10 giugno, altre seimila in fase di presentazione. Poche, pochissime rispetto alle previsioni contenute nel decreto Rilancio, e cioè 176mila per l'emersione dal lavoro nero e altre 44mila provenienti da cittadini stranieri con permesso di soggiorno scaduto. Insomma, 220mila domande «potenziali» che dovrebbero garantire alle casse dello Stato un gettito di 94 milioni, in base ai contributi previsti dalla norma. È vero che le procedure saranno possibili fino al 15 luglio (sempre che il termine, come richiesto dalla Cisl, non venga esteso) ma i primi numeri non sembrano incoraggiare la svolta anti-caporalato voluta con grande partecipazione emotiva dalla ministra per le Politiche agricole Teresa Bellanova («Ma anche un solo regolarizzato dimostrerebbe la fondatezza delle norme», ha già detto quest'ultima). Delle domande presentate finora, oltre tutto, la stragrande maggioranza riguarda colf e badanti.

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GLI IRREGOLARI
L'impatto cioè sul bacino degli irregolari in agricoltura rimane per ora molto modesto: «In tutto il comparto agricolo, secondo le nostre verifiche, i braccianti irregolari tra italiani e stranieri sono 370-380mila. Ma i paletti imposti alla nuova legge hanno fortemente dotto il numero di quanti potrebbero fare domanda ed emergere dal sommerso» dice Rossano Colagrossi della Fai Cisl. E aggiunge: «Avere limitato ad esempio la finestra delle possibili regolarizzazioni a chi era privo di permesso di soggiorno al 31 ottobre 2019 non aiuta. E lo stesso vale per i 500 euro chiesti al datore di lavoro per contrattualizzare il lavoratore irregolare, anche se poi pagati dallo stesso lavoratore per prassi. Di sicuro le aziende che non vogliono mettersi in regola sono ancora tantissime, e non a caso non si iscrivono alla Rete del lavoro agricolo di qualità appositamente prevista. Ma sono anche troppi i lavoratori che preferiscono rinunciare a questa opportunità: tanti non ne sanno ancora nulla, altri hanno paura di farlo». A complicare le cose, poi, si è messa anche la ritardata partenza della piattaforma digitale istituita dal Viminale e con essa le anomalie che ne stano caratterizzando il funzionamento, a detta di associazioni di categoria ed enti.

LA SANATORIA
La sanatoria, certo, avrebbe forse potuto salvare l'immigrato morto bruciato pochi giorni fa nella sua baracca a Borgo Mezzanone, nel Foggiano. O restituire alla dignità del lavoro le sacche di immigrati, per lo più irregolari, che affollano soprattutto in questi mesi le baraccopoli pugliesi o siciliane. Secondo dati degli Ispettorati del lavoro, infatti, su 600 irregolari accertati almeno un terzo sono clandestini privi di permesso di lavoro. Non a caso, l'impatto del lavoro irregolare, solo in agricoltura, vale qualcosa come 15 miliardi. Ma intanto, mentre la politica torna a dividersi sulla nuova legge osteggiata sin dall'inizio dal centrodestra e poi frenata anche da una parte dei 5 Stelle (l'obiettivo è di non snaturare il decreto sicurezza anti-irregolari), i contratti per i lavoratori stagionali in agricoltura sono stati finalmente assicurati. «Dal 3 giugno, quando si sono riaperte le frontiere con i Paesi neocomunitari, dalla Romania alla Bulgaria, alla Polonia, le nostre aziende agricole hanno potuto contare nuovamente su lavoratori che già conoscevano e di cui si sono sempre fidate», dice Romano Magrini, responsabile lavoro della Coldiretti. E aggiunge: «Sono stati sottoscritti già 150mila contratti, più o meno in linea con gli anni precedenti: certo, siamo partiti in ritardo per le conseguenze del Covid-19 ma le richieste di regolarizzazione presentate finora confermano che il problema non riguarda l'agricoltura, come avevamo già detto prima che la legge venisse approvata. Se dovessi azzardare una previsione, penso che alla fine non più di 1000-2000 lavoratori agricoli faranno richiesta». E qui l'accento si sposta su un altro fronte dello stesso problema: se la lotta al caporalato si identifica forse anche per comodità con il lavoro nero nei campi, è curioso che la legge non abbia esteso la possibile sanatoria all'edilizia, considerato l'altro fortissimo bacino di lavoro irregolare del Paese. «È così dice l'Asgi, l'Associazione degli studi giuridici sull'immigrazione - ci sono tanti migranti che lavorano nell'edilizia, nella logistica e nella ristorazione che sono rimasti fuori». La pandemia li ha ulteriormente nascosti e messi a rischio: «Un lavoratore su due è in nero», denunciano i sindacati. E l'Italia dei precari va...

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