Italia, un Paese in cerca di autostima. Dal filosofo al sondaggista: le strade per uscirne

di Diodato Pirone
Sabato 9 Agosto 2014, 14:31
4 Minuti di Lettura
​Il problema dei problemi dell’Italia? Matteo Renzi lo ripete come un mantra: la mancanza di autostima. Il premier lo ha detto allo sbigottito leader austriaco sul confine del Brennero ma anche, e forse soprattutto, alla marea dei tremila industriali convocati il mese scorso dalle Confindustrie di Verona e Vicenza: «Siamo i peggiori direttori commerciali di noi stessi. Dobbiamo cambiare il nostro racconto».

Già, facile dirlo. Ma da dove iniziare? Per capirlo può essere utile ascoltare chi scruta l’umore degli italiani come se fossero stesi sul lettino dell’analista: i sondaggisti.



«Lo stato d’animo degli italiani è pessimo – attacca Enzo Risso, direttore della SWG – Da una parte ci sentiamo in trappola, in un Paese infragilito e pressocché irriformabile. Dall’altra non ci fidiamo di tutta la nostra classe dirigente, non solo dei politici. I nostri dati sulla sfiducia generale parlano chiaro: vescovi, imprenditori, dirigenti bancari, giornalisti si beccano voti fra il 4 e il 5. Fanno eccezione i medici con un risicato 6+. In parole povere, gli italiani pensano che chi comanda non abbia visione».

Risso rafforza la sua analisi con cifre da brivido. L’osservatorio SWG registra ad esempio questo dato: nel 1999 (l’anno dell’ingresso dell’Italia nell’euro materialmente realizzato due anni dopo) il 24% degli italiani pensava che il Paese stesse regredendo. Ma il 76% scommetteva sulla modernizzazione. Oggi le percentuali si sono drammaticamente capovolte, con solo il 20% dei nostri compatrioti che immagina il Paese sulla strada di una buona ristrutturazione. E il fenomeno del pessimismo collettivo sta avendo ripercussioni profonde anche sulle prospettive familiari: nel 2000 il 52% degli italiani pensava che i figli fossero destinati a vivere peggio dei genitori, oggi questa percentuale è balzata alla stratosferica quota del 70%.



L’HUMUS

Tuttavia se la sensazione di essere imprigionati in un labirinto senza uscita è fortissima («Il 70% degli italiani continua a non credere che le riforme diverranno fatti») l’alluvione di pessimismo non ha fatto solo danni. «I nostri dati – conclude Risso – indicano la formazione di un humus collettivo molto diverso dal passato. Mi spiego: nel 2002 i tre valori principali degli italiani erano la famiglia, l’amore e l’amicizia. Tutt’e tre legati ad una dimensione personale. Nel 2014 la risposta è: onestà, rispetto e famiglia». Traduzione: oggi gli italiani sono attenti ad una dimensione collettiva delle cose. Per Risso questo è un modo indiretto degli italiani per chiedere alle classi dirigenti di tornare a rimettersi in gioco, di cambiare attitudine e di tornare ad investire sul Paese. «L’impressione - sospira Risso - è che gli italiani aspettino qualcuno che ristampi in italiano il famoso manifesto dello zio Sam “I want you” e li chiami ad uno sforzo collettivo».



L’ANTI-ITALIANO

Una nota d’ottimismo che non scalda il cuore dello storico Giovanni Sabbatucci. «Il racconto particolare dell’Italia ha radici profonde - sospira Sabbatucci - Ricordo che un grande giornalista come Giorgio Bocca aveva una rubrica su “L’Espresso” che si chiamava “L’anti-italiano”». «Il nodo da sciogliere è soprattutto di cultura politica - spiega ancora lo storico - Abbiamo una sinistra che analizza le dinamiche italiane come sfruttamento delle classi povere sempre ridotte all’indigenza. Invece la destra alimenta rancore raccontando gli italiani come un popolo di incapaci». Sabbatucci invita infine alla prudenza perché le speranze di riscossa coagulate intorno al renzismo hanno pessimi precedenti, perché Craxi non riuscì a portarsi dietro il popolo della sinistra mentre Berlusconi non ha realizzato le riforme promesse.



LO SPIN DOCTOR

Se dunque per Sabbatucci per recuperare autostima servirebbe una sorta di opa culturale su Sinistra e Destra, diverso è il suggerimento di Antonio Funiciello, giovane scrittore, spin doctor veltroniano e renziano della prima ora. «Inutile girarci intorno, per l’autostima agli italiani la leadership di Renzi è essenziale a patto che si passi dalle proposte ai fatti – avverte Funiciello – La novità di Renzi non sta nella leadership in sé, perché già Berlusconi è stato un punto di riferimento forte, checché se ne dica, anche a livello internazionale. Per la prima volta, però, la leadership italiana si colloca sul versante del centro-sinistra e questo è in qualche modo un problema. Perché per essere efficace il racconto dell’Italia deve diventare da idealistico a empirico e da ideologico a pragmatico». Per Funiciello solo la politica può fare un’operazione di macro-marketing sul marchio Italia perché l’industria, che pure resta vitale sul fronte dell’export, non è rappresentata da grandi imprese.



I RIMEDI

«Non parliamo poi della cultura - chiosa Funiciello - Un bellissimo film come ”La grande bellezza” prenderà anche l’Oscar ma alla fine della fiera aggiunge un altro anello alla catena del declino».

Resta però da individuare le leve su cui agire per ritrovare l’autostima. Prova a indicarne due il decano dei filosofi italiani (nonchè ex deputato Ds) Aldo Masullo. «Con tutti i nostri difetti - ragiona Masullo - Noi italiani anche di recente abbiamo dimostrato grandi capacità. Un racconto positivo dell’Italia dovrebbe partire da quello che eravamo all’inizio degli anni Sessanta: il terzo Paese al mondo a spedire un satellite nello spazio, dopo Urss e Usa, e il primo in Europa ad impiegare l’energia nucleare per l’energia elettrica. Dopo quella fase siamo entrati in quella del piagnisteo. Oggi tutti ci lamentiamo con il malcelato obiettivo di approfittare delle grandi mammelle dello Stato». «E invece - spiega Masullo - Esattamente come accade per gli individui anche per la società non c’è altro percorso per riacquistare autostima: ritrovare le capacità e lamentarsi di meno».