L'«annuncite» vero ​freno del Paese

di Raffaele Cantone
Mercoledì 13 Marzo 2019, 07:52
3 Minuti di Lettura
Semplificare, semplificare, semplificare. Quasi non c’è termine che ultimamente ricorra tanto nel dibattito pubblico, al punto da sembrare ormai, più che una manifestazione d’intenti, un autentico mantra. Proprio come accaduto in passato a un altro vocabolo, anch’esso caricato di connotazioni prodigiose ma svuotato dalla ripetitività del suo impiego: legalità. D’altronde, se non altro a parole, come si può essere contrari a rendere le procedure più semplici? E come si potrebbe non essere favorevoli, sempre in linea teorica, al rispetto della legge? 

C’è qualcosa di più profondo, che travalica il piano semantico, nel modo con cui si piegano e riducono concetti complessi a slogan, rigorosamente entro i 280 caratteri consentiti da un tweet. In questo caso specifico, l’idea che le regole - anziché essere uno strumento per operare con correttezza, premiare il migliore e risparmiare tempo evitando contenziosi - siano solo un impaccio. 

Si prenda il caso emblematico del Codice degli appalti, nel 2016 salutato con favore anche da chi oggi lo osteggia. Benché i numeri dicano il contrario e il mercato dei contratti pubblici sia ormai tornato ai livelli pre-crisi, questo testo viene considerato la causa dei tutti i mali italici (a eccezione forse dell’influenza stagionale). 
È del tutto legittimo che la politica decida di intervenire, molto meno comprensibile è il fatto che se ne parli da mesi senza effetti pratici. Dall’intenzione di “stracciare il Codice” e riscriverlo entro settembre, si è prima passati a ottobre, poi a novembre finché a fine anno la manovra ha partorito un topolino deforme: l’innalzamento a 150 mila euro della soglia entro cui poter affidare direttamente gli appalti, che forse non basterà a rilanciare l’economia (come mostra il precedente dello Sblocca Italia del 2014) ma che rischia di generare pericolose derive in termini di corruzione e infiltrazioni criminali.

Va riconosciuto che la tendenza ad avvalersi di annunci per compensare l’assenza di misure concrete non è un fenomeno recente. Non è solo una questione di forma, tuttavia, poiché questo modo di procedere non solo ricalca spesso ricette già attuate (con dubbi risultati) ma rischia anche di sortire l’effetto opposto: rallentare la ripresa. Le regole del gioco sono infatti fondamentali per garantire stabilità e affidabilità del sistema nel suo insieme e - come ben sanno gli investitori internazionali (non a caso restii a immettere capitali nel nostro Paese) - nulla è più dannoso dell’incertezza normativa. Sarebbe un po’ come pretendere che un contribuente paghi le tasse alla scadenza fissata quando gli si ripete in continuazione che a breve il carico fiscale sarà alleggerito in suo favore. 

L’auspicio è che l’imminente decreto Sblocca cantieri contenga reali misure di semplificazione, anche se il ritorno dei “mitologici” commissari straordinari, che in base alle indiscrezioni dovrebbe essere fra i punti salienti, non pare essere il miglior viatico. Non è certo un caso se queste figure, criticate in passato per via delle deroghe troppo ampie loro concesse, hanno alimentato varie inchieste giudiziarie per illeciti ed episodi di malaffare di vario tipo. 

Più che con una deregulation sulle procedure, c’è da augurarsi piuttosto che si intervenga sulle semplificazioni davvero necessarie. È il caso dei requisiti soggettivi richiesti attualmente agli operatori economici, oggi costretti ad oneri burocratici che spesso premiano l’aspetto formale più della qualità. Si dovrebbe inoltre incidere sugli alibi usati dai funzionari pubblici per non assumersi responsabilità, nel timore di incappare in un’accusa di abuso d’ufficio o di danno erariale. Al tempo stesso, in prospettiva sarebbe auspicabile immettere forze fresche nella Pubblica amministrazione, fiaccata da anni di blocco del turn over, con l’assunzione di giovani motivati e competenti, soprattutto a livello tecnologico. 

Senza intervenire in profondità su questi aspetti, a prescindere del nome prescelto, difficilmente un decreto legge sarà in grado di sbloccare alcunché.
© RIPRODUZIONE RISERVATA