L'errore di inseguire i populisti
di ​Biagio de Giovanni
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Le elezioni italiane capitano nella fase più problematica
che il processo di integrazione europea abbia conosciuto dalla sua
nascita. Le affermazioni assolute, in punto di politica, sono
sempre discutibili, ma l’impressione che sia proprio
così è data da due eventi che vanno visti nella loro
connessione: l’uscita dell’Inghilterra
dall’Unione in una trattativa avvolta da difficoltà
estreme, e, in coincidenza non prevista, la paralisi politica della
Germania, oggi resa esplicita dalla dichiarazione assai
pessimistica della Merkel sull’esito delle trattative per un
nuovo governo.
Insomma, la grande coalizione fra socialdemocratici e cristiano-sociali proprio non riesce a emergere dalle trattative. Ora, al di là delle chiacchiere quotidiane che dilagano intorno a una idea di politica fatta di incontrollate promesse, affidate, con ogni cura possibile, a non-politici di professione, si dà il caso che proprio la politica nel suo significato più nobile e serio dia forma alla storia e al destino delle società. E la cosa diventa chiara quando, dal farfuglio quotidiano e per davvero mortificante di un dibattito pubblico privo di idee, come quello che si è avviato da noi, d’improvviso i grandi temi emergano dalla confusione, come squadernati dal corso stesso delle cose, imposti dall’accelerazione degli eventi. I politici improvvisati (guai oggi a esser professionista politico! corrisponde a far parte della zona corrotta della società, e questo senso comune dilaga) non se ne accorgono, e contuinuano a farfugliare le loro promesse.
Ora, sollevando lo sguardo appena più in alto, ci si avvede che l’Europa, già divisa in tanti pezzi, non ha, allo stato, nessun centro cui far vero riferimento, e ci si avvede di un’altra cosa che la storia non ha quasi mai mancato di confermare: senza l’Inghilterra, simbolo del Mare, della libertà, e senza la Germania, simbolo aspro della Terra, l’identità europea perde un punto di tensione dialettica che ne ha fatto in gran parte la storia moderna, pure quella più tragica. Ma, uscita l’Europa dai vincoli terribili di quella storia ed entrando essa nel campo di una definitiva pace concordata, quella tensione era più che mai necessaria per dar corpo a una identità piena di senso e perfino ricca di fini della storia.
Non sto sottovalutando gli altri protagonisti della storia d’Europa, e soprattutto Francia e Italia, ma ho inteso avviare questa mia rappresentazione del problema ponendo lo sguardo su una tensione che ha dato vita a una identità, e oggi sulla sua crisi profonda. La politica ha bisogno di egemonia, in essa non c’è nulla di spontaneo e di improvvisato: l’uscita dell’Inghilterra nella confusione, la paralisi tedesca di cui non si vede fine, e che ha un significato straordinario dopo tanti decenni di stabilità, pur fenomeni evidentemente diversi, sono problemi che mettono in discussione il senso dell’integrazione. Sulla Germania, e sulla sua egemonia, si può dire criticamente tutto quello che può essser necessario dire, fuor che rinunciare a una sua centralità: più instabile la Germania, più instabile l’Europa.
Giovedì 11 Gennaio 2018, 22:55
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Insomma, la grande coalizione fra socialdemocratici e cristiano-sociali proprio non riesce a emergere dalle trattative. Ora, al di là delle chiacchiere quotidiane che dilagano intorno a una idea di politica fatta di incontrollate promesse, affidate, con ogni cura possibile, a non-politici di professione, si dà il caso che proprio la politica nel suo significato più nobile e serio dia forma alla storia e al destino delle società. E la cosa diventa chiara quando, dal farfuglio quotidiano e per davvero mortificante di un dibattito pubblico privo di idee, come quello che si è avviato da noi, d’improvviso i grandi temi emergano dalla confusione, come squadernati dal corso stesso delle cose, imposti dall’accelerazione degli eventi. I politici improvvisati (guai oggi a esser professionista politico! corrisponde a far parte della zona corrotta della società, e questo senso comune dilaga) non se ne accorgono, e contuinuano a farfugliare le loro promesse.
Ora, sollevando lo sguardo appena più in alto, ci si avvede che l’Europa, già divisa in tanti pezzi, non ha, allo stato, nessun centro cui far vero riferimento, e ci si avvede di un’altra cosa che la storia non ha quasi mai mancato di confermare: senza l’Inghilterra, simbolo del Mare, della libertà, e senza la Germania, simbolo aspro della Terra, l’identità europea perde un punto di tensione dialettica che ne ha fatto in gran parte la storia moderna, pure quella più tragica. Ma, uscita l’Europa dai vincoli terribili di quella storia ed entrando essa nel campo di una definitiva pace concordata, quella tensione era più che mai necessaria per dar corpo a una identità piena di senso e perfino ricca di fini della storia.
Non sto sottovalutando gli altri protagonisti della storia d’Europa, e soprattutto Francia e Italia, ma ho inteso avviare questa mia rappresentazione del problema ponendo lo sguardo su una tensione che ha dato vita a una identità, e oggi sulla sua crisi profonda. La politica ha bisogno di egemonia, in essa non c’è nulla di spontaneo e di improvvisato: l’uscita dell’Inghilterra nella confusione, la paralisi tedesca di cui non si vede fine, e che ha un significato straordinario dopo tanti decenni di stabilità, pur fenomeni evidentemente diversi, sono problemi che mettono in discussione il senso dell’integrazione. Sulla Germania, e sulla sua egemonia, si può dire criticamente tutto quello che può essser necessario dire, fuor che rinunciare a una sua centralità: più instabile la Germania, più instabile l’Europa.
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2 di 2 commenti presenti
2018-01-12 13:19:35
Il progetto unione europea e' partito male. Gia' nel 1957 MendesFrance aveva previsto che una unione non basata sui popoli avrebbe creato un vuoto su cui i poteri dittatoriali delle banche e del grande capitale si sarebbero imposti. Le previsioni si sono avverate: invece di una Comunita' si e' stabilizzata una gerarchia dei vari poteri nazionali, alla quale non e' possibile reagire, pena sanzioni violente o morbide, come fu il caso di Moro che intendeva difendere gli interessi nazionali dell' Italia, cosi' come con Craxi che fu eliminato con la tecnica degli scandali, come pure Berlusconi che quando voleva difendere Kaddafi e la Libia, lo minacciarono di provocare il fallimento di Mediaset. Oggi i governanti italiani sono tutti accucciati aspettando di eseguire gli ordini che arrivano da Berlino, Parigi o NewYork.
2018-01-12 11:46:08
I politici danno al popolo quello che il popolo vuole sentirsi dire.
Popolo, parola che esprimeva un concetto sacro, un qualcosa di sublime da rispettare al massimo, oggi si rivela di scarsissimo valore e maturità .
Crolla così un mito che dimostra il segno dei tempi e che nessuno vuole ammettere.
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