La Lega spacca gli alleati: tra i grillini cresce il fronte pro-Matteo

La Lega spacca gli alleati: tra i grillini cresce il fronte pro-Matteo
di Simone Canettieri
Domenica 27 Gennaio 2019, 08:57 - Ultimo agg. 21:44
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ROMA La cautela è d'obbligo, per Matteo Salvini. La tentazione di rinunciare all'immunità parlamentare e di farsi processare con il passare delle ore sembrano venir meno. Si fa largo infatti da parte del leader leghista la volontà di sottoporsi al voto del Senato, sapendo che, a seconda della piega che prenderà, il governo «potrebbe scricchiolare», come ragionano i suoi fedelissimi in queste ore.
Il leader della Lega conosce l'indole giustizialista del M5S e non si stupisce dunque della linea adottata, ma allo stesso tempo reputa che lo stop alla Diciotti fu concordato con il resto del governo. Da Di Maio a Toninelli, che «all'epoca, facevano i salviniani più di Salvini», sottolineano nei piani del Carroccio, cercando dunque coerenza dagli alleati. Ecco, perché «Matteo» potrebbe sfidare l'Aula. E dunque mettere il M5S davanti al dilemma: andare dritti sui propri principi inderogabili o far valere una linea di governo? Dopo il parere della giunta, l'autorizzazione passerà al vaglio di Palazzo Madama.

E qui Salvini sa che qualcosa potrebbe succedere. Soprattutto in caso di voto segreto. E cioè il Pd potrebbe spaccarsi e votare con il resto del centrodestra. Ma soprattutto «alcuni senatori grillini sono pronti a votare no, sono con noi», rivela un big del Carroccio in Senato che sta iniziando a intavolare trattive.
Chi ha parlato in queste ore con Stefano Patuanelli, capogruppo M5S, a Palazzo Madama riporta il seguente ragionamento: «Ci sono questioni giuridiche e tecniche che non vanno sottovalutate. Per molti dei nostri che ne sanno, questa richiesta è un assurdo giuridico. Detto ciò la linea sarà quella di votare a favore dell'autorizzazione».

I grillini escludono che questa posizione possa terremotare il governo. O meglio: fanno finta di non pensarci. «Fa parte del dna del Movimento: siamo stati già inflessibili con i nostri, nei casi di Giarrusso e Taverna, dunque ci dovremo comportare anche in questo caso di conseguenza», sospirano gli uomini più vicini a Luigi Di Maio.

I TIMORI
Anche i pentastellati si augurano che alla fine sia il Pd a togliere le castagne dal fuoco alla maggioranza, puntando, per paradosso, sul garantismo delle truppe renziane che siedono sia in giunta e sia a Palazzo Madama.

Ecco perché Matteo Salvini, in questo gioco di passaggio del cerino, è comunque «sereno». Sa, cioè, che le decisioni sono in mano ad altri partiti. E che, comunque vada, sarà lui a capitalizzare la situazione. Soprattutto perché il verdetto finale arriverà a fine marzo, dunque in piena campagna elettorale.

Un senatore M5S ci scherza su (ma non troppo): «Se passa la sua autorizzazione a procedere schizza al 46%». Ecco perché la mossa attendista del ministro dell'Interno è volta proprio a far «bollire i grillini nel loro brodo», sapendo che il dibattito interno in queste ore è fortissimo. Già in giunta, potrebbero esserci assenze strategiche, da parte del M5S. O astensioni, addirittura. Di sicuro, Salvini ci va con i piedi di piombo e smaltita la rabbia delle prime ore inizia a ragionare: tutto sommato anche in caso di crisi del governo è l'unico che potrebbe guadagnarci, soprattutto sotto elezioni. «La mia linea è chiara: decidano loro». Ed è chiaro chi siano questi «loro», appena citati.
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