Pd, Enrico Letta punta sul voto utile: «Per il pareggio basta il 4%»

Letta punta sul voto utile: «Per il pareggio basta il 4%»
Letta punta sul voto utile: «Per il pareggio basta il 4%»
di Francesco Malfetano
Mercoledì 7 Settembre 2022, 10:00 - Ultimo agg. 16:21
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«Cominciamo la nostra rimonta qui dalla piazza che per due volte ha visto Prodi battere Berlusconi: è la nostra piazza». Ci prova Enrico Letta. Non può essere altrimenti. Per rimontare i sondaggi che continuano a marcare la distanza con FdI come primo partito e a consegnare nettamente il Paese a un governo di centrodestra, il segretario dem ha bisogno di una svolta. Anche perché, è convinto, basterebbe «Un più 4% di voti» per limitare l'azione di Giorgia Meloni.

E così proprio ieri Letta ha provato ad imprimere un'accelerazione nel corso di una lunga giornata terminata a piazza Santi Apostoli a Roma, dove in serata ha presentato i candidati laziali davanti a diverse centinaia di attivisti dem.

In mattinata però, Letta aveva già incontrato in video-collegamento tutti i candidati dem per spronarli in «questi 17 giorni» di campagna elettorale. «17 giorni per cambiare la storia». Un discorso accorato che, condannando ancora il Rosatellum, vede qualche spiraglio. «Dobbiamo lottare perché ci sono 60 collegi uninominali che sono contendibili - ha spiegato - In quei collegi, una nostra crescita riporterebbe la partita in una logica di contendibilità». Non solo. C'è spazio di manovra anche guardando al proporzionale.  

Secondo il leader del Pd infatti «Un più 4% di voti a noi consentirebbe di tenere la destra sotto il 55%». Se però quei quattro punti dovessero andare al Terzo polo o al Movimento 5 stelle, ha aggiunto marcando ancora una volta il punto sulla necessità del voto utile, «daranno il settanta per cento di seggi in Parlamento alla destra». Cioè la coalizione di centrodestra avrebbe campo libero per imporre le proprie riforme costituzionali senza passare per il referendum confermativo. Sarebbe una sconfitta su tutta la linea. «Uno scenario da incubo».

Ma la carica suonata ieri è servita anche a rilanciare una campagna elettorale un po' sotto tono che, ha spiegato, dovrebbe combattere tre percezioni ormai largamente diffuse nella Penisola. Da un lato «una vittoria annunciata della destra e quindi di conseguenza un clima da liberi tutti» che spinge a votare per Carlo Calenda e Giuseppe Conte. Eventualità che, come va ripetendo sin dall'inizio dei giochi elettorali, è un «aiuto per la vittoria della destra».
Dall'altro che «non governeranno» perché si spaccheranno dopo il voto. «Percezione sbagliatissima - ha arringato il segretario - perché con una vittoria larga della destra, le carte si rimescoleranno, ma all'interno della destra». E infine: «La vulgata secondo la quale tanto l'Europa alla fine ci salva, tanto non ci posson far fallire, tanto comunque la sistemeranno loro, da Bruxelles». Un ragionamento che il dem paragona a ciò che accadde «nel Regno Unito prima del voto della Brexit», quando tanti non andarono a votare «perché non pensavano sarebbe stato così decisivo».

Ieri però Letta non ha fatto i conti solo con piazza Santi Apostoli e i suoi candidati, ma anche con uno scivolone elettorale. Stavolta la polemica si è consumato in Toscana dove domenica, alla Festa dell'Unità nella sua Pisa, pare si sia lasciato andare a un «Forza Pisa, Livorno m» che non è passato inosservato e ha fatto storcere il naso ai militanti locali. Nulla di irreparabile ma comunque una buccia di banana che l'ex premier avrebbe evitato volentieri nel giorno del tentato rilancio. A Roma del resto il clima è stato da motivatori. In attesa del comizio, musica ad altissimo volume e bandiere dem al vento. Sono saliti sul palco il sindaco di Roma Roberto Gualtieri e poi Nicola Zingaretti, la capogruppo Simona Malpezzi ed Elly Schlein. Il fil rouge è sempre lo stesso: la contrapposizione con la Meloni. 

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A marcarla anche il governatore laziale: «Io considero Giorgia Meloni un'avversaria, non una nemica - ha chiosato Zingaretti - Giorgia, hai detto che sei preoccupata di vedere riconosciuti i tuoi diritti di madre cristiana, noi saremo al tuo fianco, ma voi combatterete con noi per difendere il diritto degli altri ad essere se stessi a prescindere dall'orientamento sessuale, religioso...?». E ancora: «Noi dobbiamo spiegare una cosa semplice - ha detto invece il sindaco di Roma Gualtieri - stavolta non c'è il doppio turno e questa scelta fra noi e loro si compirà il 25 settembre». 

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