Salvini accelera sul rimpasto in Lombardia, via Gallera e un piano di grandi opere

Salvini accelera sul rimpasto in Lombardia, via Gallera e un piano di grandi opere
Salvini accelera sul rimpasto in Lombardia, via Gallera e un piano di grandi opere
di Emilio Pucci
Martedì 4 Agosto 2020, 07:27 - Ultimo agg. 5 Agosto, 08:40
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Salvini ha deciso: «Serve un segnale sulla Lombardia», ha detto ai suoi nel week end. E dunque a inizio settembre si andrà verso un rimpasto della Giunta. A rischio è soprattutto l’assessore Gallera che era già stato frenato nelle ultime settimane. L’obiettivo del Capitano è quello di rafforzare qualche assessorato, rilanciare la Regione alle prese, tra l’altro, con un ‘piano Marshall’ per le grandi opere che ritarda per la lentezza nei passaggi amministrativi. 
Nel mirino soprattutto la Sanità. Anche se pubblicamente la difesa è a spada tratta («averne come quella lombarda in giro per l’Italia...»), è ormai parere unanime nel partito di via Bellerio che sono stati commessi errori grossolani.

E allora è necessario intervenire, salvaguardando allo stesso tempo il governatore Fontana. Perché su Attilio il leader lumbard continua a mettere la mano sul fuoco. Ingenuità e leggerezze ma nessun dolo, «anzi mentre altri andavano in Cina a cercare camici lui si è prodigato sul territorio ed è stato lasciato solo dal governo», il ‘refrain’ nella Lega. Una tesi di parte ovviamente, saranno i giudici a stabilire la verità. E il problema è che il segretario è convinto che «ci sarà un nuovo processo alla Palamara». Da qui l’esigenza di inviare comunque un messaggio ai lombardi. Creando magari una sorta di ‘task force’, una rete di protezione con dei manager competenti che affianchino il lavoro della Giunta. 

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Le pressioni per una svolta arrivano da più parti, anche all’interno del partito di via Bellerio e dalle altre regioni. Il rischio è che un calo di consensi in Lombardia possa pregiudicare l’immagine di buon governo degli amministratori leghisti. Ma ovviamente c’è anche l’altra faccia della medaglia. La preoccupazione di molti dirigenti è che un’operazione di rimpasto possa non essere compresa, che possa essere interpretata come una ammissione di colpa. Inoltre – l’invito arrivato a Matteo – occorrerà trovare le figure giuste. In ogni caso si dovrebbe procedere prima delle elezioni Regionali. Perché anche se non si vota in Lombardia («Fontana per noi è un modello, potrà ricandidarsi, se lo vorrà», ha detto ieri l’ex responsabile del Viminale) il timore è che possa esserci un contraccolpo negli altri territori. 

La prova del 20 e 21 settembre è decisiva: c’è la competizione con la Meloni («io e lui al governo insieme, sarà un esecutivo forte», ha detto la presidente di Fdi) con l’ex ministro degli Interni che ha già chiarito sul tema della leadership: «La decidono gli elettori il giorno del voto e la Lega è ampiamente il primo partito, stando a tutti i sondaggi del mondo, mi sembra evidente cosa pensino gli italiani, facciamoli votare». Il convincimento nella Lega è che Fitto in Puglia non riesca a vincere. «E’ uomo di preferenza ma non di consenso», il ragionamento di un ‘big’. Ma poi c’è Zaia in Veneto che punta al trionfo e ha alzato la voce sul mancato accordo con Fratelli d’Italia sul tema dell’autonomia. Il Capitano in ogni caso taglia corto sulle ipotesi di flop sul tesseramento («puntiamo a 200 mila entro Capodanno») e sulle indiscrezioni riguardo al malessere interno al partito.

Giorgetti non ha condiviso alcune scelte sui dipartimenti e la strategia sull’economia e sull’Europa ma mai farebbe una corsa per scalare il vertice. «Nella Lega decido io», il ‘mantra’ del leader che promette di non fare sconti a nessuno, avversari interni ed esterni. Nel mirino c’è Conte ma non va tutto liscio neanche nel centrodestra, visto che Salvini non assegna i massimi voti all’unità della coalizione. Ma un altro terreno di scontro potrebbe essere quello sull’elezione del prossimo Capo dello Stato. Giorgetti ci sta lavorando sotto traccia, con continui incontri riservati. Un mese fa ha visto anche Di Maio ed è rimasto sconcertato dal fatto che qualcuno in M5S abbia fatto uscire la notizia del colloquio tra il ministro degli Esteri e Draghi. Ieri Salvini ha ipotizzato un’alleanza con M5S per un nome di garanzia. Si ragiona sempre sull’ex numero uno della Bce ma Fdi è contraria.
 

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