M5S, non c'è e non ci sarà un altro leader oltre Beppe Grillo

M5S, non c'è e non ci sarà un altro leader oltre Beppe Grillo
di Antonio Menna
Sabato 12 Febbraio 2022, 07:00 - Ultimo agg. 13 Febbraio, 08:24
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Ancora una volta è toccato a lui. Quando nel Movimento 5 stelle le acque si ingarbugliano, deve correre. Sembra ormai prigioniero della sua stessa creatura, papà Beppe Grillo, ancora una volta arrivato nei giorni scorsi nella capitale per tirare il suo non-partito dall'ennesimo groviglio creato dai figliocci, che sembrano non riuscire ad affrancarsi. «Grillo è una curiosa figura di leader metafisico, in questo momento», dice il sociologo e politologo Carlo Buttaroni, presidente dell'Istituto di ricerca Tecnè. «Uno che rimane sempre sullo sfondo ma non sparisce mai. Un custode dell'ortodossia. Non si candida, non prende voti, non assume incarichi istituzionali, non riceve alcuna investitura. Ha i suoi sacerdoti, ma quando questi vanno in crisi, lui scende. È come se non ci fosse. Ma c'è». Una sorta di mister Wolf, che risolve problemi. Succede, ormai, dal lontano 2017, quando il fondatore decide di lasciare la carica di Capo politico, alla quale si era peraltro autonominato. «La fine di un'era e l'inizio di una nuova epoca», si disse, con la solita modestia, quando Grillo lasciò, lanciando le primarie per il nuovo capo, ruolo costruito su Luigi Di Maio. Com'è andata, poi, lo abbiamo visto. Grillo sembra rifugiarsi nella sua villa. Sembra scegliere il ritiro. Sembra non volerne sapere più nulla. Ma da lì appare in ogni momento cruciale. Quando è chiamato e anche quando non lo è. Compare nel 2018, quando si tenta faticosamente l'accordo con la Lega. Il movimento che non si vuole alleare con nessuno sta per fare il grande passo. Le truppe sono incerte ma arriva la parola. «Sarà tutto ok - dice Grillo - Con il Carroccio andremo d'accordo perché i loro giovani sono simili ai nostri». 

Nell'estate del 2019 c'è di nuovo bisogno di lui. Salvini rovescia tavolo e governo. Renzi e il Pd aprono. Che si fa? La base scalpita. Mai col partito di Bibbiano. Ma anche qui l'elevato sorprende tutti. Si veste da Jocker e urla: «niente piagnistei, facciamo l'alleanza col Pd». Basta la parola e si fa anche il governo con democratici e renziani. L'anno dopo, però, cade pure questa alleanza. C'è Mario Draghi.

Il Movimento è in rivolta. Dal no euro alla Bce. Come si fa? Ci pensa Grillo. Arriva a Roma. Incontra Draghi. E arriva la sua parola. «Mi aspettavo il banchiere di Dio dice - invece mi sono trovato davanti un grillino. Mi chiama elevato... io lo chiamo supremo, ha anche il senso dell'umorismo, non me lo aspettavo». Via libera anche a Draghi. Il copione si ripete a ogni crisi. Di Maio si dimette da capo politico, la scelta è su Conte. Prima lo boccia (non ha visione), poi lo arruola e dà il via libera. Difende l'asse col Pd, sostiene le alleanze locali, parla di rifondazione grillina, lancia la transizione ecologica. Ogni volta è un tuono. Ogni volta un grido di battaglia. Ogni volta una complicata ricucitura, per un movimento che non ne vuole sapere di diventare grande. 

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«In realtà, Grillo svolge un ruolo più verso l'interno che verso l'esterno», è la lettura di Antonio Noto, presidente di Noto sondaggi. «Gli elettori del Movimento - dice - hanno molta fiducia in Conte, che resta al secondo posto nel gradimento dei leader dopo Draghi. Ma Conte non è amato dalle truppe, dai gruppi parlamentari, che lo vedono come un estraneo in casa. Il suo ingresso è stata una sorta di fusione a freddo. Il risultato è un ampio consenso su Conte nell'elettorato, e una generalizzata ostilità nelle truppe. Ecco che Grillo accorre, e lo fa quasi sempre per sistemare le vicende interne. Mai verso l'esterno. La base elettorale del Movimento mal tollera le liti, le rotture. Le vedono come lotte di potere, come smarrimento della dimensione ideale e progettuale. Abbiamo rilevato una perdita di un punto e mezzo negli ultimi giorni. I 5stelle sono scesi al 13,5 da un 16/17 delle settimane scorse. Gli elettori vogliono unità intorno a Conte. E il ruolo di Grillo sembra essere proprio questo, portare la pace interna, simile a quello di un farmaco quando si manifesta una sofferenza». Ma quanto potrà durare questo schema? «Temo che il Movimento 5 stelle debba fare una scelta - dice ancora il politologo Buttaroni -. Cosa vuole essere? Il suo elettorato è già mutato di identità. Non sono quasi più gli sconfitti e gli ultimi della prima ora. Non sono quasi più i voti delle periferie, geografiche e umane. Sono ceti intellettuali, classi medie. A questo punto, il Movimento o si struttura o rischia l'evanescenza». «Il futuro del Movimento - riflette Noto - dipende soprattutto dalle prossime scelte in tema di legge elettorale e di doppio mandato. Se arriva il proporzionale possono esserci delle scissioni. Con la stessa legge e un'apertura sul limite del doppio mandato, tutto può restare com'è e i conti si fanno dopo». Grillo è avvisato. 

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