Mossa di Salvini, manovra sfidando i veti di Bruxelles

Mossa di Salvini, manovra sfidando i veti di Bruxelles
di Marco Conti
Mercoledì 12 Giugno 2019, 07:20 - Ultimo agg. 12:51
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«M'hanno rimasto solo!». Un «giurista» come Giuseppe Conte si è ben guardato dall'esprimersi come Vittorio Gassman nel film l'Audace colpo dei soliti ignoti, ma il vuoto intorno al presidente del Consiglio è stato ieri reso plastico dalla conferenza stampa che ha sancito - con il secondo decreto sicurezza - l'ennesima concessione M5S all'alleato. Con a destra Salvini e a sinistra Giorgetti, il premier ha pur tentato di difendersi rivendicando il suo ruolo a palazzo Chigi. Ma la sfida è improba e l'assenza di Di Maio, al primo appuntamento pubblico post-voto, segnala e certifica la ritirata di un Movimento guidato da una prima linea che ha una paura blu di andare a nuove elezioni, e che pur di evitarle fa l'eco all'alleato chiedendo la flat-tax.

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L'ESODO
Con un'autostrada davanti, Salvini ha solo il problema di non sbandare per eccesso di velocità. Ed infatti il leader della Lega continua a muoversi con decisione ma anche con molta cautela. All'alleato ha imposto un'agenda che in questo momento sembra conoscere pochi argini, se non la Costituzione, il Quirinale, Bruxelles e i mercati. Quattro potenziali nemici contro i quali il leader della Lega è pronto, in modo diverso, alla battaglia. Mentre il Quirinale osserva, i mercati sonnecchiano (pur chiedendo tassi di interesse più alti), e alla Consulta è già arrivato il primo decreto sicurezza per le dovute valutazioni, il no della Commissione Ue sui conti pubblici offre a Salvini il destro per marcare le distanze.
Per lanciare l'offensiva finale contro l'Europa e la sua moneta unica - e magari farci la campagna elettorale - Salvini ha però bisogno di tempo per costruire un terreno adeguato di scontro evitando di essere intrappolato nella discussione sugli zero virgola. Ieri Conte ha detto che, dal vertice della sera precedente a palazzo Chigi, ha compreso di avere al proprio fianco i due vicepremier nella trattativa per scongiurare la procedura. Il leader della Lega non ha replicato, salvo poi aggiungere che a Bruxelles «non si va più con il cappello in mano» e che «questo è il governo del cambiamento anche nel rapporto con l'Unione europea».

Quanto sia corto il filo che Salvini intende lasciare a Conte e Tria lo si capirà bene oggi dopo la riunione mattutina nella quale il ministro dell'Economia spiegherà a premier e vice i margini che ci sono nella trattativa con Bruxelles e le risorse sulle quali poter contare per la manovra di bilancio di fine anno. Per Salvini, correzione e legge di Bilancio, sono una cosa sola e, dalla riunione con gli esperti economici della Lega che ha tenuto ieri, ne è uscito con la convinzione che, malgrado tutto, ci sia uno spazio per un «corposo abbassamento delle tasse per famiglie e imprese». Il ministro dell'Interno intende schierare il governo in una nuova battaglia, senza preoccuparsi troppo di Conte e Tria o della reazione della Commissione. Deciso ad ottenere o il via libera all'abbassamento delle imposte o la battaglia contro il nemico che lo impedisce. Dalla riunione di oggi Conte uscirà quindi con una serie di paletti che Salvini fissa, Di Maio condivide e che premier e ministro dell'Economia dovrebbero rispettare.
Schiacciato dall'intemperante alleato lumbard, Conte cerca sponde con il ministro dell'Economia che è l'unico in grado di portare a casa da Bruxelles un risultato in grado di non far schizzare in alto lo spread. Gli spazi per un'intesa sulla correzione di bilancio ci sono anche per la voglia dell'attuale Commissione - in scadenza - di lasciare ad altri la grana. Ma Salvini vuole da subito mettere in chiaro con Bruxelles che la correzione non cancella il progetto di «corposa» riduzione fiscale che sarà inserita nella manovra di fine anno. Seppur indebolito dal risultato elettorale di maggio, il governo è destinato ad andare avanti perché la tregua armata nella maggioranza serve a Di Maio per prendere tempo, a Conte per chiudere la procedura in modo da non passare per il premier del commissariamento, e a Salvini per mettere insieme argomenti utili nella battaglia contro «l'Europa dei numerini».
L'idea dei mini-Bot, come la possibile nomina dell'euroscettico Bagnai a ministro delle politiche comunitarie, sono punzecchiature - destinate ad incidere più tra i confini nazionali che fuori - ma che servono a dare il senso dell'egemonia leghista e a preparare la strategia di sfondamento della Lega in seno al parlamento europeo e alla Commissione.
Sparito dai radar il leader del partito che lo ha indicato a palazzo Chigi, Conte si ritrova ora più solo e alle prese con un alleato, la Lega, forte e compatto, che si divide solo tra gradualisti e arditi. Ma l'obbiettivo resta condiviso: avvicinare sempre più l'uscita dell'Italia dall'euro convinti che alla fine qualcuno ci chiederà di restare.
 

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