Manovra 2022, cresce il fondo coesione per il Sud ma per i diritti essenziali la battaglia non è finita

Manovra 2022, cresce il fondo coesione per il Sud ma per i diritti essenziali la battaglia non è finita
di Marco Esposito
Venerdì 29 Ottobre 2021, 07:00 - Ultimo agg. 21:28
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La svolta non c'è ancora stata. Nella bozza della manovra di Bilancio del 2022 doveva essere la prima dopo vent'anni a definire i Livelli essenziali della prestazioni, almeno per alcuni servizi, tuttavia i Lep sono nelle intestazioni di tre articoli (39, 40 e 149 in base alla bozza entrata in Consiglio dei ministri) ma nel testo di concreto non c'è nulla. Una macchia nella manovra, per correggere la quale è in vista un accordo tra la ministra del Sud Mara Carfagna e il titolare del Mef Daniele Franco, con quest'ultimo che assicura che il testo sarà rivisto prima di essere consegnato alle Camere. La manovra, per altri versi, mostra un impegno concreto alla riduzione dei divari territoriali, con il rafforzamento del Fondo per la coesione (Fsc) per 3 miliardi annui dal 2022 al 2028 e 2,5 miliardi nel 2029. In pratica l'Fsc sale da 45 a 68,5 miliardi di cui come in passato l'80% da indirizzare verso le otto regioni del Mezzogiorno.

Eppure la Nadef, la Nota di aggiornamento del Documento economico finanziario, aveva lasciato ben sperare: «Con riferimento ai servizi asili nido, l'obiettivo è quello di assicurare che almeno il 33 per cento della popolazione di bambini residenti ricompresi nella fascia di età da tre a 36 mesi possa usufruire nel 2026 del servizio su base locale». Un impegno che, secondo le stime della Sose, equivale alla creazioni di 191mila posti per bimbi con meno di tre anni, di cui 38mila in Campania e 31mila in Sicilia, le due regioni più deficitarie. Tuttavia nel testo arrivato ieri alle 15 al tavolo del Consiglio dei ministri non c'è né il 33% né alcuna altra percentuale e senza il Lep viene meno sia il finanziamento pieno del servizio sia l'obbligo per i sindaci di attivarlo. 

L'unico, parziale, miglioramento già scritto nero su bianco riguarda la quota delle spese a carico delle famiglie che nei Comuni in situazione di dissesto o predissesto finora era pari al 50% del costo del servizio, mentre con la legge di Bilancio la quota scenderà al 25%; però con rincari a carico di altri servizi a domanda individuale, come le mense scolastiche, perché resta fermo l'obiettivo medio del 36% dei costi dei servizi sociali a carico dei cittadini.

Il 33% di Lep per gli asili nido dovrebbe spuntare fuori nel testo finale, si assicura dagli uffici della Carfagna, con entrata in vigore dal 2027 e avvicinamento graduale. Sarà corretta anche una norma finanziaria, al momento prevista all'articolo 143, perché nella versione attuale per la gestione degli asili nido scatta un miliardo in più a partire dal 2027 ma è evidente che se l'obiettivo del 33% va raggiunto entro il 2027 i maggiori finanziamenti devono iniziare da subito, sia pure gradualmente.

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Nulla di fattivo per gli assistenti sociali, dopo il pasticcio del Lep definito con la legge di Bilancio del 2021 pari a 1 assistente ogni 5.000 residenti ma non applicato nei territori dove gli assistenti sociali sono pochi. Nella Nadef si diceva: «Per quanto concerne i servizi sociali erogati a livello locale dai Comuni, l'intervento legislativo che sarà incluso nella Legge di Bilancio si propone di orientare gradualmente l'utilizzo del Fondo di solidarietà comunale, già incrementato dalla legge di bilancio 2021 e genericamente dedicato al potenziamento dei servizi sociali, verso l'obiettivo di servizio di un assistente sociale ogni 6.500 abitanti». Impegno che non è (ancora) nel testo. In compenso arriva, all'articolo 149, una sorta di obbligo di coordinamento delle amministrazioni pubbliche quando c'è da definire i livelli essenziali delle prestazioni, i quali vanno prima concordati con la Commissione tecnica fabbisogni standard (Ctfs) la quale quindi da tecnica diventa di fatto politica. E cresce di componenti con due ritocchi normativi. Nel primo, inserito nel decreto per accelerare il Pnrr approvato dal Consiglio dei ministri appena il 27 ottobre, si aumentava il numero di componenti da 11 a 12 per far entrare nella Ctfs un rappresentante del ministero del Sud, accogliendo così una richiesta di Carfagna. Nel secondo, all'articolo 39 del disegno di legge della manovra di Bilancio, si finge che non ci sia stato il decreto e si aumenta il numero di posti nella Ctfs da 11 a 14 facendo entrare tre ministeri: Sud, Istruzione e Famiglia. Evidentemente l'attenzione mostrata dalla Carfagna nei confronti di una commissione decisiva per il buon funzionamento dei servizi sociali è stata contagiosa per Patrizio Bianchi ed Elena Bonetti. 

Il Sud, comunque, non appare centrale nella lettura della manovra finanziaria. Non sono previste misure che rafforzino provvedimenti nazionali mentre resta appeso a un filo lo sgravio del 30% fino al 2029 - su cui aveva lavorato a lungo il predecessore della Carfagna, Beppe Provenzano - il quale va a scadere il 31 dicembre 2021 con possibile proroga da discutere con l'Unione europea fino al 30 giugno 2022. Resta in vigore, perché già finanziato, il Credito d'imposta per gli investimenti al Sud, tuttavia in tale caso andrà prevista una norma per adeguare l'incentivo alla nuova disciplina europea degli aiuti a carattere regionale, che scatta da gennaio 2022.

Non ci sono neppure, e questo forse è un bene, interventi specifici per singole aziende, eventi, territori del Sud. Nulla per Procida capitale della cultura nel 2022 o per la Federico II, che celebra gli 800 dalla fondazione della prima università statale del mondo nel 2024. In genere tali micromisure crescono dopo i due passaggi parlamentari; tuttavia c'è già qualcosa nel testo di partenza discusso dal governo: spuntano misure specifiche per il Giubileo (quasi 1,5 miliardi) e per l'Expo di Osaka, entrambi in calendario per il 2025, per Alitalia, per Trento e Bolzano. E per l'Emilia Romagna, la quale riceve un finanziamento mirato di 200 milioni per realizzare l'autostrada regionale Cispadana, un'opera di cui si discute dal 1986 e che nel 2010 si prevedeva di costruire in 44 mesi. Sono 67,5 chilometri a quattro corsie più quelle di emergenza per collegare Reggiolo a Poggio Renatico. Il sogno autostradale, per paesi di provincia di neppure diecimila abitanti, sta per diventare realtà. 

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