Carfagna ministro per il Sud: «Fondi Ue, priorità a donne e scuola»

Carfagna ministro per il Sud: «Fondi Ue, priorità a donne e scuola»
di Nando Santonastaso
Martedì 2 Marzo 2021, 11:00 - Ultimo agg. 15:18
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Ministra Carfagna, cosa si prova ad essere ministra del Sud, l'area del Paese di cui lei stessa è originaria?
 «È una grande emozione, accompagnata da un notevole senso di responsabilità. Il rilancio del Mezzogiorno è un'espressione che rischia di suonare vuota, retorica, ma io ne conosco il significato umano e sociale per esperienza diretta: dentro quelle tre parole ci sono i destini di milioni di persone, le speranze di milioni di famiglie, il benessere delle donne e dei bambini, le notti in bianco di chi ha perso il lavoro e non sa quando ne avrà un altro». 

Ma lei pensa che il governo di cui fa parte sia consapevole fino in fondo che senza il rilancio del Mezzogiorno non può ripartire l'Italia? 
«Su un terreno puramente economico è ovvio che il Sud offre, proprio per la sua attuale posizione di svantaggio, potenzialità di sviluppo enormi. Qui è facile trovare mano d'opera, qui anche una sola nuova strada, un nuovo ponte, una nuova linea ferroviaria, possono creare accelerazioni imprenditoriali immediate. In questo governo sono impegnati titolati economisti, è abbastanza ovvio che ne siano consapevoli. Di sicuro lo è il presidente Draghi, che già da governatore della Banca d'Italia aveva avuto un'attenzione particolare per il Sud».

Tutti gli asset indicati dall'Europa per sostenere la ripartenza post Covid passano inevitabilmente dal Mezzogiorno, dalla transizione ecologica a quella digitale, dalle riforme alla coesione sociale. Lei da dove partirebbe?
«Lavoro, investimenti, istruzione.

Tre cose strettamente connesse. Tra gli strumenti da rivalutare ci sono senz'altro le Zes, le Zone economiche speciali, che in altri Paesi europei hanno fatto da traino per la crescita di intere regioni. Su questo stiamo mettendo a punto una proposta organica. Il PNRR è l'occasione per avviare una nuova stagione di investimenti in infrastrutture, ma anche per portare avanti la digitalizzazione delle aree interne, per rendere i porti meridionali competitivi: è assurdo che il principale sbarco delle rotte asiatiche sia Rotterdam. Intendo impegnarmi con forza anche sul versante dei diritti, contro la discriminazione territoriale che comprometta da anni il diritto dei cittadini meridionali alla salute, all'assistenza per i bambini e per gli anziani, all'istruzione, alla mobilità».

Lei è stata anche nella precedente esperienza di ministra un'attivissima e convinta sostenitrice della parità di genere. Cosa si sente di dire alle tante, troppe donne del Sud espulse dal mondo del lavoro anche in seguito alla pandemia?
«Le donne che lavorano nel nostro Paese sono troppo poche, il 48% contro il 64% della media europea. Al Sud, in particolare, è una vera catastrofe: l'occupazione femminile è al 32%, con enormi ripercussioni sulla povertà delle famiglie e dei bambini, sull'abbandono scolastico e pure su fenomeni criminali come il caporalato, per il quale ogni estate registriamo casi di donne morte di fatica nei campi per due euro l'ora. Le infrastrutture sociali sono la chiave per risolvere il problema e dovranno essere al centro del Recovery Plan: offrono occupazione alle donne e, al tempo stesso, le alleggeriscono di gravosi impegni di cura».

Lo spirito europeista indicato dal premier Draghi sarà il punto di riferimento dell'azione del governo. A suo giudizio, cosa occorre al Sud per sentirsi pienamente in Europa? 
«Consapevolezza delle proprie risorse e dei propri mezzi. Bisogna avere coraggio, buttare il cuore oltre l'ostacolo e capire che l'assistenzialismo fine a se stesso non è l'unica strada percorribile. Per far sentire il Sud pienamente in Europa bisogna renderlo una terra attrattiva per gli investimenti, anche quelli internazionali. Questo è il modo migliore per generare posti di lavoro».

Di sicuro il rapporto con le Regioni sarà determinante per il suo lavoro. Teme personalismi o conflittualità particolari con qualche governatore? 
 «Avrò incontri con i presidenti nei prossimi giorni. Credo siano tutti consapevoli che il governo di unità nazionale richieda uno sforzo di collaborazione non solo tra Regioni e amministrazione centrale ma anche tra filiere politiche diverse e altrimenti conflittuali. Collaborare è nell'interesse di tutti, soprattutto sul terreno dell'utilizzo dei fondi europei. Tutti si giocano il loro credito politico in questa vicenda: il ruolo di Bastian Contrario non gioverebbe a nessuno».

Ma lei pensa di poter proseguire alcuni percorsi ereditati dal governo precedente in materia di Mezzogiorno? 
«Nel corso del passaggio di consegne con il ministro Provenzano, abbiamo affrontato in modo attento e leale i principali dossier. Ognuno ha la propria visione, ovviamente, ma il rispetto del Paese sta proprio nel proseguire ciò che di buono si trova nell'operato altrui, senza far prevalere inutili orgogli di partito e non ho problemi a dire che il ministro Provenzano ha fatto un gran lavoro. La principale linea di continuità sarà sul tema dell'occupazione, proseguiremo il negoziato con la Commissione UE per stabilizzare la decontribuzione del 30%. Mi piace anche l'idea degli ecosistemi dell'innovazione: la possibilità di replicare altrove il modello di San Giovanni a Teduccio, dove università e imprese del digitale hanno saputo creare un hub inedito nel Mezzogiorno. Penso al south-working che non deve essere un titolo vuoto ma una strategia integrata di incentivi, infrastrutture e servizi. Il Sud può diventare il luogo di lavoro di professionisti, italiani e stranieri, ad alta competenza che non hanno vincoli fisici». 

Qual è allora secondo lei l'ostacolo più forte che il Sud deve affrontare? La rassegnazione, l'indifferenza, la povertà educativa, l'illegalità? 
«La rarefazione della sua principale ricchezza: il valore delle persone e la loro energia. L'abbandono di migliaia di giovani ogni anno, la rinuncia a investire e aprire nuove cose al Sud, la rassegnazione all'idea che giù da noi non si può fare. Dobbiamo invertire una rotta che sembra segnata, persino agli occhi di molti cittadini meridionali, in larga parte anche a causa degli stereotipi ai limiti del razzismo che hanno avuto larga circolazione in questi anni. Le possibilità ci sono, le idee anche, le risorse pure. Siamo alla vigilia del ciclo di programmazione dei fondi europei, dei fondi nazionali di coesione e del PNRR. Sono consapevole del fatto che il tempo a disposizione è limitato ma con responsabilità e impegno proveremo a costruire un'agenda seria e credibile per il rilancio del Mezzogiorno». 

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