Crisi di governo, i sondaggisti: italiani confusi, saranno decisive le parole di Draghi in Parlamento

Crisi di governo, i sondaggisti: italiani confusi, saranno decisive le parole di Draghi in Parlamento
di Generoso Picone
Lunedì 18 Luglio 2022, 06:30 - Ultimo agg. 17:22
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«Siamo su un crinale», dice Carlo Buttaroni e l’immagine che consegna il presidente e direttore scientifico dell’istituto di ricerca “Tecnè”, oltre che direttore di T-Mag, rende bene l’idea del momento. Si trova a Londra per organizzare una rilevazione sulla situazione immediatamente successiva alle dimissioni da primo ministro di Boris Johnson e ha lo sguardo sullo scenario italiano, inquieto per la crisi nella maggioranza del governo di Mario Draghi. «Le avvisaglie erano ben chiare da tempo – spiega – in fondo le condizioni che possono garantire stabilità a un esecutivo sono due: l’unione politica tra le forze che lo sorreggono e la consapevolezza condivisa su quanto c’è da fare. Mi pare che la prima sia decisamente in discussione, la seconda rischia di passare in secondo piano e drammaticamente, se consideriamo le gravi questioni che occorrerebbe affrontare».

L’ultimo sondaggio di “Tecnè”, realizzato per “Dire”, indica che i giudizi positivi per Draghi sono al 52,5 per cento, in crescita di uno 0,2, mentre il 49,5 per cento degli intervistati giudica negativamente l’operato del governo da lui guidato, anche qui con un incremento dello 0,2. Il 41 per cento ritiene che il presidente del Consiglio debba continuare il suo impegno a Palazzo Chigi, rispetto al 40 per cento dei contrari e al 19 che non sa. Per “Euromedia Research”, l’istituto fondato da Alessandra Ghisleri, dopo un anno e mezzo di governo Mario Draghi insieme a Sergio Mattarella precede nel gradimento tutti gli altri attori della scena politica nazionale e l’indice di fiducia per il premier è del 48 per cento. L’indagine di “Izi Spa” individua nel 51 per cento la quota favorevole a un Draghi bis anche con una maggioranza diversa mentre il sondaggio effettuato da Roberto Baldassarri di “Lab 21” per “Affaritaliani.it” sostiene che il 45,6 per cento sarebbe favorevole alla soluzione elettorale nel caso in cui il M5S dovesse abbandonare.

Certo, non è più la stima positiva che si registrava a inizio mandato, quando superava il 60 per cento, ma si tratta comunque di un raffreddamento inevitabile e previsto. «Le aspettative dell’avvio – sottolinea Buttaroni – creano sempre grande entusiasmo, poi subentra la concretezza della realtà». «Pesano le posizioni assunte dagli elettori dei partiti meno legati alla sua figura», è l’interpretazione di Ghisleri e il riferimento riguarda soprattutto l’atteggiamento dei Cinquestelle: «Draghi non è tollerato da due grillini su tre e da tre leghisti su cinque, ma comunque è un risultato molto alto. Esiste un’area di opinione pubblica rilevante a favore del presidente del Consiglio», aggiunge Ghisleri.

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«Attenzione, però. – avverte Antonio Noto, di “Noto sondaggi” – L’opinione pubblica non ha ancora del tutto compreso quanto sta accadendo e rischiamo di prendere in considerazione gli atteggiamenti maturati all’interno del quadro politico e istituzionale non soltanto nazionale. Mario Draghi sta ricevendo pressioni un po’ da ogni parte perché continui nel suo lavoro e questo elemento ha il suo peso del determinare gli esiti dei sondaggi. Mi aspetto percentuali diverse dopo le giustificazioni che dovrà dare in Parlamento». 

L’impressione del momento è che il crinale di cui parla Buttaroni al momento non ha ancora mostrato la sua inclinatura più attendibile. «Siamo nella fase dell’ascolto», sottolinea il presidente di “Tecnè” e l’attenzione principale è alle modifiche in corso d’opera che sia stanno verificando all’interno del già movimento e ora partito guidato da Giuseppe Conte. «Oggi è profondamente diverso rispetto a quello del 2018, i sondaggi lo danno al 10-12 per cento, una quota ridotta a meno di un terzo del 33,4 che quattro anni fa ottenne alle urne e segnato da laceranti crisi che ne hanno mutato fisionomia e strategia. Basti pensare che per giorni il suo gruppo dirigente ha discusso e si è diviso sulla posizione da assumere, senza arrivare a una soluzione», è l’interpretazione di Noto. «È diversa anche la sua base – afferma Buttaroni, il quale dà la consistenza dei Cinquestelle al 9,5 per cento –. Se nel 2018 era il movimento che rappresentava i fragili e i poveri della società italiana, oggi il suo elettorato potenziale è parecchio simile a quello del Pd».

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Ma non è anche questo un motivo dello smarcamento dal governo di Mario Draghi? «Non credo che l’obiettivo sia esclusivamente la riconquista di un due-tre per cento accreditato ad Alessandro Di Battista – risponde Noto –. Si tratta di elaborare un nuovo profilo di partito con cui presentarsi alle elezioni». In anticipo sulla scadenza segnata? «Penso che vogliano utilizzare i 6-7 mesi che mancano per completare l’operazione. – sostiene Noto - Non andare al voto anticipato, ma comunque differenziandosi. Rischioso? Potrebbe essere un boomerang, per altro accesi i motori dell’auto poi non si sa dove si fermerà». «A me preoccupano i segni avvelenati che tutto ciò potrebbe lasciare – è il parere di Buttaroni – le elezioni non sono mai una iattura, il problema è come si affrontano». 

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