Mattarella al neo ambasciatore di Teheran: «Indignato per la repressione in Iran»

Le parole del Capo dello Stato al neo ambasciatore di Teheran. l ministro Tajani: «Moratoria immediata sulla pena di morte»

Iran, Mattarella al nuovo ambasciatore: «Indignati per repressione ed esecuzione, porre immediatamente fine alle violenze»
Iran, Mattarella al nuovo ambasciatore: «Indignati per repressione ed esecuzione, porre immediatamente fine alle violenze»
Mercoledì 11 Gennaio 2023, 18:36 - Ultimo agg. 12 Gennaio, 09:12
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La salita al Colle era in qualche modo obbligata, dal momento che ogni nuovo ambasciatore è tenuto a incontrare il Capo dello Stato presso il quale presterà servizio. Meno scontate, forse, erano le parole con le quali il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha accolto il nuovo rappresentante del governo iraniano a Roma, Mohammad Reza Sabouri. Entrato ieri pomeriggio al Palazzo del Quirinale e uscito dopo una manciata di minuti. Un messaggio inequivocabile, lontano dai toni felpati e dalle perifrasi che talvolta contraddistinguono i colloqui diplomatici ad alto livello, specie in situazioni delicate. «Personalmente indignato», si è detto Mattarella, per ciò che da settimane sta avvenendo sotto il regime di Teheran, ossia la repressione, l’incarcerazione e le esecuzioni dei giovani che guidano le proteste originate dopo la morte della ventitreenne Mahsa Amini, arrestata e poi uccisa perché non indossava correttamente il velo. Una scia di sangue a cui il Colle chiede di «porre immediatamente fine», ribadendo la «ferma condanna» dell’Italia. Altrettanto duro il ministro degli Esteri Antonio Tajani, che invoca uno stop alle violenze: «Chiediamo una moratoria immediata della pena di morte – interviene il titolare della Farnesina ai telegiornali della sera – Non si può condannare chi ha partecipato a manifestazioni. E chiediamo al governo iraniano che si confronti con donne e giovani».


La nota

«Il Presidente della Repubblica – recita invece la nota del Colle diffusa dopo l’incontro, al quale partecipa anche il viceministro degli Esteri Edmondo Cirielli – ha ricevuto nel pomeriggio al Quirinale, per la presentazione delle Lettere Credenziali, il nuovo Ambasciatore della Repubblica Islamica dell’Iran. Nel breve colloquio – informa il Quirinale – il Presidente Mattarella ha espresso la ferma condanna della Repubblica Italiana e la sua personale indignazione per la brutale repressione delle manifestazioni e per le condanne a morte e l’esecuzione di molti dimostranti. Al tempo stesso – prosegue il comunicato della Presidenza – ha sollecitato l’ambasciatore a rappresentare presso le autorità della Repubblica Islamica dell’Iran l’urgenza di porre immediatamente fine alle violenze rivolte contro la popolazione». 
Segue una considerazione altrettanto netta sulle relazioni tra Roma e Teheran: «Il rispetto con cui l’Italia guarda ai partner internazionali e ai loro ordinamenti – osserva la nota del Colle – trova un limite invalicabile nei principi della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo».

Detto in altre parole: nessun interesse ulteriore, nessuna volontà di mantenere buoni rapporti con tutti i potenziali partner – né tantomeno la normale considerazione dovuta ai dignitari esteri, anche qualora rappresentino uno Stato non democratico – possono far mettere all’Italia la testa sotto la sabbia. Non quando, come specifica il Quirinale, in gioco c’è il rispetto dei diritti umani. 

«Superato ogni limite»

Del resto non stupisce che Mattarella metta l’accento proprio sulla Dichiarazione dei diritti dell’uomo, la carta con cui dal 1948 le Nazioni Unite hanno individuato i principi minimi a cui nessuno Stato della comunità internazionale può derogare. Più volte, anche solo nelle ultime settimane, nei suoi interventi il Capo dello Stato ha voluto puntare il faro del Quirinale sul rispetto dei diritti civili minimi, in particolare in Iran. «Si condanna da sé uno Stato che uccide i propri figli», aveva avvisato Mattarella nel discorso per il tradizionale saluto al corpo diplomatico accreditato in Italia, lo scorso 16 dicembre. «In questi giorni si assiste a ripetuti, brutali, tentativi di soffocare le voci dei giovani che manifestano pacificamente per chiedere libertà e spazi di partecipazione. Questi comportamenti vanno fermamente condannati», avvisava il Presidente, implicitamente rivolgendosi proprio al regime degli ayatollah. Sul quale Mattarella era tornato a prendere la parola pochi giorni dopo: «Quanto sta avvenendo in queste settimane in Iran supera ogni limite e non può, in alcun modo, essere accantonato». Poi quel passaggio nel discorso di fine anno, per elogiare le «giovani dell’Iran» e «il loro coraggio», oltre alla «forza della libertà» e la «volontà di affermare la civiltà dei diritti». 
Una condanna dura, quella del Colle, che non avrebbe però potuto essere espressa non ricevendo l’ambasciatore: la visita al Colle era prevista inizialmente per dicembre, poi slittata per la positività al Covid del Presidente. Un passaggio obbligato, quello della consegna delle Lettere Credenziali, che rendono di fatto operativo un diplomatico in uno stato estero, come prevede la Convenzione di Vienna del 1961. Un momento di formalità che il Quirinale ha voluto, in ogni caso, caricare di contenuto e di significato. Tutt’altro che retorico. 

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