Il Quirinale esclude rinvii: si va verso il preincarico

Il Quirinale esclude rinvii: si va verso il preincarico
di Alberto Gentili
Domenica 15 Aprile 2018, 08:55
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Niente da fare. Neanche le bombe su Damasco sbloccano lo stallo. Tutti, da Luigi Di Maio a Matteo Salvini, da Silvio Berlusconi a Giorgia Meloni, dicono che la crisi siriana deve accelerare la formazione di un governo con pieni poteri. Ma i veti e i muri alzati, sono ancora tutti lì. Forse ancora più alti. E il guaio è che anche la bomba sganciata venerdì da Sergio Mattarella, la minaccia di dare vita a un governo del Presidente che taglierebbe fuori i protagonisti della lunga telenovela, cancellando oneri e onori dei vincitori del 4 marzo, non sembra aver sortito effetti. Non ancora, almeno.

Sergio Mattarella non resterà a guardare ancora a lungo. Già ieri mattina, sull'onda dell'allarme innescato dall'attacco in Siria, si era diffusa la voce che il Presidente stesse per procedere a un incarico immediato. Poi, dopo che è diventato chiaro che al momento è da escludere un'escalation militare, l'allerta è rientrata. E il Quirinale è tornato al timing e alla road map indicati venerdì.
Il Presidente lascerà passare il week-end, aspetterà che Salvini e Di Maio gli dicano se un contratto di governo è più o meno vicino. Poi martedì, al massimo mercoledì, tirerà le somme, sapendo che c'è «l'urgenza di dare un governo nella pienezza delle sue funzioni» al Paese. Che ci sono «scadenze», come appunto la crisi siriana, che «non possono aspettare».

Il primo step del Colle, anche se i toni diametralmente opposti di Salvini e Di Maio sulla Siria aumentano le distanze invece di ridurle, sarà quello verificare la possibilità che siano il centrodestra e i 5Stelle, usciti vincitori dalle elezioni, a formare il governo. La prima opzione è quella di un pre-incarico al leader leghista, in quanto esponente della coalizione che ha preso più voti (Salvini però è contrario). Oppure al capo dei 5Stelle, più possibilista in quanto convinto che possa avvenire una «saldatura programmatica» in Parlamento.
L'obiettivo di Di Maio, anche se Matteo Renzi continua a fare muro, resta quello di imbarcare il Pd in maggioranza. E c'è chi sostiene che la linea europeista e atlantista del candidato premier pentastellato «possa essere una buona base di partenza per un confronto programmatico». Insomma, la crisi siriana potrebbe (ma è tutto da vedere) innescare qualche apertura. Giancarlo Giorgetti, capogruppo leghista alla Camera ci scommette: «Prima o poi arriveremo a un governo tra 5Stelle e Pd». Proprio Giorgetti, però, è il nome che vorrebbe spendere Berlusconi per agganciare Renzi e spingerlo a sostenere (dall'esterno) un governo di centrodestra.

LO STALLO
La situazione, insomma, si sta complicando. Salvini, che oggi potrebbe incrociare Di Maio alla fiera di Verona dove si celebra Vinitaly, è stufo e preoccupato. «Berlusconi con i suoi attacchi sta facendo di tutto per farsi scaricare, sembra voglia spingerci nelle braccia dei grillini, ma Matteo resiste», dice uno dei suoi, «oppure il Cavaliere vuole fare un accordo con il Pd su Giorgetti, ma faremmo la fine di Alfano e verremmo triturati con i 5Stelle all'opposizione». In sintesi: «Siamo alla paralisi totale». Una fotografia identica a quella scattata da uno dei consiglieri più ascoltati da Di Maio: «La situazione è immobile, ognuno si è arroccato. Forse l'esplorazione della Casellati potrebbe portare a qualche novità».
Già, la presidente del Senato. E' a lei (oppure a Roberto Fico, presidente della Camera) che Mattarella potrebbe affidare un mandato esplorativo, se i leader leghista e pentastellato dicessero no al pre-incarico e se un'intesa non fosse troppo lontana. «L'esplorazione della Casellati, che è stata eletta con i voti dei grillini», dice chi partecipa alla trattativa, «potrebbe sbloccare il rapporto tra 5Stelle e centrodestra, contribuendo a smussare gli angoli». Vero. Ma Mattarella, che ha già svolto il lavoro di scouting, teme ulteriori perdite di tempo.
In ogni caso se ogni tentativo fallisse, ecco la carta del governo del Presidente, o di tregua o di decantazione. Un esecutivo guidato da una figura terza e autorevole, forse pescata dalla Consulta. Con un solo compito: portare il Paese alle elezioni nella prossima primavera, dopo aver fatto la riforma elettorale e la legge di bilancio. Mattarella ha buttato la carta sul tavolo per spaventare Di Maio e Salvini. E c'è riuscito: grillini e leghisti ammettono: «In queste ore non si parla di altro. Il pericolo c'è...». Da vedere se il pericolo di essere tagliati fuori, alla fine spingerà i due all'intesa.
 
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