Renzi al Mattino, non si rifà l'Ulivo: «M5S stanno scomparendo, la partita si gioca al centro»

Renzi al Mattino, non si rifà l'Ulivo: «M5S stanno scomparendo, la partita si gioca al centro»
di Federico Monga
Sabato 9 Ottobre 2021, 07:50 - Ultimo agg. 17:31
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Senatore Matteo Renzi dopo il successo del centrosinistra al primo turno delle elezioni Comunali, si parla tanto di un nuovo Ulivo. C'è il terreno per piantarlo?
«L'Ulivo è una pianta bellissima. Il richiamo a quella stagione, invece, mi pare trasudi più nostalgia che futuro. Venticinque anni fa c'era un mondo diverso, un'Italia diversa, una legge elettorale diversa».

Non è interessato?
«A me interessa che Italia costruiamo nei prossimi venticinque anni anziché rimpiangere una stagione che non c'è più. E che comunque è fallita per le divisioni interne: non esattamente un modello, diciamo. Come dice chi quell'alleanza l'ha costruita davvero, Arturo Parisi, l'Ulivo non è una pochette».

L'alleanza tra Pd e 5Stelle, a Napoli ha funzionato. il neo sindaco Gaetano Manfredi ha ottenuto il 63% dei voti. E' esportabile?
«A Napoli ha funzionato Manfredi e l'accordo tra Manfredi e De Luca.

Oltre che la volontà di cambiare pagina rispetto al disastro De Magistris il sindaci che voleva scassare tutto. Ed effettivamente ha scassato quasi tutto compreso il bilancio comunale. I Cinque Stelle invece sono passati dal 60% al 10%. Ma possono fare ancora peggio, certo, possono sparire. Vedo che si stanno impegnando in tal senso e a giudicare dai dati di Milano e delle altre città possono riuscirvi agevolmente. Facciano pure, non ci mancheranno».

Quindi lei non crede che i Cinque Stelle abbiano una dote di voti da portare alle nozze?
«Ormai hanno più poltrone che consigli».

Per onor di cronaca va detto che anche Italia Viva non va fortissimo nelle urne.
«Le dico solo questo: la tanto vituperata Italia Viva ha eletto più consiglieri e sindaci dei cinque stelle. Provano a zittirci con i sondaggi ma le urne non sono Like, la politica non è populismo, i leader non sono influencer. E se Italia Viva prende più amministratori di loro, qualche domanda me la farei».

L'Ulivo del 93 univa riformismo di sinistra e cattolicesimo democratico. Ora il centro dove sta?
«Dipenderà molto dalla legge elettorale. Ma la verità è che chi occupa politicamente il centro vince. L'Ulivo ha vinto nel 96, come Berlusconi ha vinto nel 94, 2001, 2008 come noi abbiamo vinto nel 2014 col famoso 40% perché abbiamo convinto un'area centrale che è allo stesso tempo moderata e riformista e che non sopporta i cori degli opposti populismi. Questa area c'è e vale tanto nel Paese. Chi saprà rappresentarla meglio avrà la leadership tra il 2023 e il 2028. Oggi questo spazio politico è coperto dalla straordinaria leadership di Mario Draghi. Domani vedremo che accadrà».

Lei ha capito che cosa sono i 5Stelle sotto la guida di Conte?
«Io no. Ma il dramma è che non l'hanno capito nemmeno loro. E questo è contestualmente tragico e spassoso».

Come giudica il silenzio del fondatore Grillo?
«Credo che abbia altri problemi. E comunque lui è il primo nemico di Conte. Che a sua volta ha il grande problema della vicenda appalti Covid: possono fingere di non vedere ma questa vicenda nelle prossime settimane e destinata a esplodere per quello che è. Più grave di tangentopoli, ho scritto nel mio libro Controcorrente. Mi hanno preso in giro ma vedrà che è così».

Restiamo garantisti e torniamo a Grillo.
«Diciamoci la verità: Grillo pensa che Conte non sia un leader politico. Lo pensano anche gli italiani che vedono in lui un fenomeno transeunte, un influencer: quando riempiono le piazze vanno a vedere la celebrità che firmava i DPCM non a parlare di politica. Chiedono i selfie alla celebrità non chiedono risposte allo statista».

Il governatore della Campania Vincenzo De Luca ha detto che il centrosinistra ha vinto perché Meloni e Salvini sono nulli. «Sono loro - ha commentato - i nostri principali alleati». Concorda?
«Per le amministrative sì. Però la quantità di gente che vota Meloni e Salvini è ancora enorme. È l'astensionismo che ci ha premiato in questo passaggio ci punirà alle politiche se non offriamo spazi di credibilità. L'analisi di De Luca è come sempre fin troppo tranciante ma in questo caso del tutto condivisibile».

La crescita del fronte populista e sovranista si è arrestata?
«I Cinque Stelle sono morti, finiti, arrivati. Del resto chi li vota? Quelli anti casta? Ma oggi i grillini sono la casta per definizione, Luigi Di Maio è l'unico che è stato al governo con tutte le maggioranze pur di salvare la poltrona. I moderati? Un moderato che vota il partito del vaffa, dei gilet gialli, dell'incompetenza? I Cinque Stelle semplicemente stanno attendendo la loro consunzione e per questo sono i primi a voler votare nel 2023. La destra invece c'è ancora, guai a sottovalutarla».

Carlo Calenda è andato molto bene a Roma. Può nascere intorno a lui e Italia Viva un nuovo centro?
«Calenda ha fatto un ottimo risultato, spinto anche dalle preferenze di tanti candidati bravissimi come Valerio Casini e Francesca Leoncini, i più votati della lista. Purtroppo è un risultato simile a quello della Raggi e perciò insufficiente ad andare al ballottaggio. Ma è la conferma che un'area centrale non va costruita, c'è già».

Fino ad ora ognuno per se però.
«Si tratta solo di costruire una rappresentanza di questa fetta di popolazione che sia il più possibile competente e costruttiva. Noi ci siamo e daremo una mano con umiltà e tenacia. Del resto non fosse stato per noi di Italia Viva avremmo avuto i pieni poteri a Salvini nel 2019 e il Conte Ter nel 2021. Sono state due mosse del cavallo che hanno salvato il Paese, le rivendico a viso aperto».

E dove si può arrivare questo centro? Ai fuoriusciti di Forza Italia, come Toti, Lupi, Brugnaro o fino ad Arcore?
«Immaginare che cosa abbia in testa Silvio Berlusconi è difficile anche per i suoi amici. Non credo che riesca nell'impresa nemmeno Gianni Letta, figuriamoci io. Quest'area comunque va da Forza Italia fino ai riformisti del Pd. Sono per dirla più chiara: si tratta degli esponenti di una politica civile e europeista che non insegue i populisti di destra sovranisti e nemmeno i populisti di sinistra grillini. Quest'area c'è già: non va inventata o costruita. Va rappresentata e valorizzata».

Il primo banco di prova per un rassemblement moderato sarà la partita del Quirinale?
«No, il Colle è una partita troppo delicata per ridurla a un test per apprendisti centristi. Vero e tuttavia che i voti dei parlamentari di quest'area saranno decisivi: non si elegge un Presidente della Repubblica senza di noi o peggio ancora contro di noi. Ma la partita del Quirinale è più grande delle discussioni politiche».

Quando si torna a votare?
«Nel 2023 come prescrive la Costituzione. Si vota ogni cinque anni ai seggi, non ogni cinque minuti sui social».

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