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GIORGIA MELONI

Renzi: «Se il governo farà bene da italiano sarò contento. Meloni difenderà eredità economica di Draghi»

Renzi: «Meloni insegue Draghi. Il Pd? Si spaccherà in due»
Renzi: «Meloni insegue Draghi. Il Pd? Si spaccherà in due»
di Andrea Bulleri
Articolo riservato agli abbonati
Martedì 1 Novembre 2022, 09:00 - Ultimo agg. : 12:32
6 Minuti di Lettura

Senatore Renzi, lei aveva dichiarato di non voler fare un’opposizione preconcetta al governo Meloni. Ancora convinto? 
«Mi sembra un dovere civile. Viviamo in un mondo sempre più complicato e diviso come dimostra anche l’ultima campagna elettorale brasiliana. C’è un tempo per fare campagna elettorale e un tempo per governare. Se la Presidente Meloni farà bene, saremo contenti. Noi comunque siamo e saremo all’opposizione, come è giusto che sia».

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Giudichiamo la premier sui fatti allora: come valuta i primi provvedimenti dell’esecutivo sull’ordine pubblico?
«Pensare di giudicare un governo dalla prima settimana è superficialità. Sull’ordine pubblico bene lo sgombero del rave party ma siamo ancora all’inizio. I fatti di questa settimana meriterebbero una riflessione più approfondita. Il dramma di Assago con il killer che colpisce le vittime perché non sopporta la loro felicità, il carabiniere che uccide il suo capo: ho l’impressione che in questo Paese ci sia una sottovalutata emergenza legata alla salute mentale che è esplosa dopo il Covid e che ritroviamo in molte altre nazioni».

C’è chi dice che Meloni si sta muovendo nel solco di Mario Draghi, a partire dalla richiesta di uno sforzo europeo contro il caro bollette. Che ne pensa?
«Quello che qualcuno prima o poi dovrà pubblicamente riconoscere è che Draghi ha fatto bene al Paese. E chi come noi ha lavorato per cacciare Conte e mettere Draghi può andarne orgoglioso. Meloni ha fatto opposizione a Draghi ma sarà la prima a difenderne l’eredità economica. Non lo farà per scelta ideologica ma perché ne ha bisogno». 

Nodo giustizia: si parla di rinviare l’entrata in vigore della riforma Cartabia e di un decreto per “salvare” l’ergastolo ostativo. Lei stesso si è complimentato per la scelta di Carlo Nordio come Guardasigilli: approva?
«Credo che Nordio alla giustizia sia la migliore scelta del Governo. Ma giudicarlo dopo una settimana è più ridicolo che banale. Le questioni della giustizia richiedono tempo e scelte coraggiose. Vedremo se il Guardasigilli sarà all’altezza della sua fama e delle aspettative che ha suscitato: io sono molto ottimista al riguardo. Le due norme di ieri servono sostanzialmente solo a guadagnare tempo. La partita vera si giocherà nei prossimi mesi».

Nominati i sottosegretari, si aprirà la partita per le presidenze di commissione. Dica la verità: il Terzo polo punta alla guida del Copasir? O si “accontenterebbe” della Vigilanza Rai?
«Il Terzo polo non punta e non si accontenta. Rimettiamo la cosa nei giusti binari. Ci sono delle presidenze che vanno – per legge o per consuetudine – all’opposizione. Per il momento le dodici posizioni che spettavano alle opposizioni sono state interamente occupate dall’ingordigia di Pd e di Cinque Stelle che hanno bisogno di quei posti per piazzare i pachidermici staff costruiti negli ultimi anni trascorsi al Governo. Noi facciamo politica e diciamo: ci sono due opposizioni, una riformista e una populista, facciamo una presidenza per uno. Tutto qui. Se le opposizioni si trovano d’accordo, meglio. Altrimenti ci saranno più candidati e sceglierà la maggioranza dentro le opposizioni. Quello che è certo è che per eleggere uno dell’opposizione occorrono i voti della maggioranza. Non è che se la destra vota un candidato del Pd o dei Cinque Stelle allora quello è un accordo istituzionale mentre se la destra vota un candidato di Azione o Italia Viva quello diventa un inciucio politico. Suggerisco ai rappresentanti di Pd e Cinque Stelle di abbandonare la strada dell’arroganza e trovare un accordo civile come si deve fare in questi casi».

Passiamo alle Regionali. A febbraio si voterà nel Lazio, poco dopo in Lombardia: Azione e Iv saranno alleate con i dem?
«Entro novembre terremo le nostre assemblee nazionali per far nascere una federazione unitaria. Quella sarà la sede dove discutere le alleanze. È un tema che non seguirò direttamente io. Preferisco occuparmi di formazione dei più giovani e naturalmente dei grandi temi di politica internazionale».

Sta seguendo il dibattito tra i suoi ex compagni di viaggio del Pd? Per chi fa il tifo alle primarie, per il suo ex vicesindaco Dario Nardella?
«Non seguo un dibattito che non c’è. Se Letta avesse fatto un accordo con noi o senza di noi con i Cinque Stelle oggi non ci sarebbe un governo Meloni. Questo tema è stato totalmente rimosso. Nessuno chiede conto al gruppo dirigente di un errore storico che ha prodotto la maggioranza più a destra della storia repubblicana. Ma tutti attaccano noi mentre nel frattempo Conte si sta mangiando ciò che resta dei dem. Non c’è un’analisi sul voto degna di questo nome, ma solo la conferma di un gruppo dirigente che tutte le mattine si autoconsola e giustifica. E non c’è un dibattito sul rapporto tra lavoro e reddito di cittadinanza, politica e populismo, europa e sovranismo. C’è solo un dibattito sui nomi. E i nomi vanno bene tutti. Dario Nardella è un amico, Stefano Bonaccini è un amico, Antonio Decaro è un amico. Ma per essere considerati credibili devono tutti parlare male di me. Mi ha fatto molto ridere Nardella, un paio di settimane fa a casa mia. Mi ha detto: “Matteo, lo so, a Firenze hai il 15%, meriteresti il secondo assessore. Ma non posso dartelo altrimenti mi indebolisco per il congresso del Pd perché se si ricordano che sono amico tuo poi mi fanno la guerra”. Ecco, se questo è il livello della discussione lascio loro tutti i posti e mi tengo la politica».

Nel Pd c’è chi si chiede se lei e Calenda arriverete a “mangiare il panettone” insieme, lei invece punta addirittura al 2024. Non sarà un obiettivo troppo ambizioso?
«Noi del Terzo polo abbiamo tutti il dovere di lavorare insieme, a cominciare da Calenda e dal sottoscritto. Ma abbiamo anche l’interesse di farlo, non solo il dovere. Stiamo crescendo, c’è entusiasmo, nel 2024 dobbiamo essere uno dei più forti partiti politici italiani. Rompere il giochino non ha senso. Nel 2024 possiamo provare a fare il salto verso il partito unico. Il Pd si dividerà tra chi vuole inseguire Conte e chi invece preferisce una strada riformista. Noi non dobbiamo perdere di vista il grande obiettivo della creazione di una casa comune per chi crede nella politica e non nel populismo».

© RIPRODUZIONE RISERVATA
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