«Abbiamo scritto una legge di Bilancio che non si limita a una lavoro ragionieristico ma fa delle scelte politiche». Un testo «coraggioso e coerente», varato come un «bilancio familiare». In cui se mancano i soldi per arrivare a fine mese «non stai a preoccuparti del consenso ma di cosa sia giusto fare». Così Giorgia Meloni, ieri mattina, ha raccontato ai giornalisti la Manovra approvata nella notte durante un cdm fiume e approntata su «due grandi priorità» che sono «crescita e giustizia sociale», con misure tutte rivolte «al ceto medio» e «non a favorire i ricchi». In una conferenza stampa ridotta all’osso per la grande mole di provvedimenti da illustrare e per gli impegni del premier attesa all’assemblea di Confartigianato, Meloni ha passato in rassegna i 35 miliardi di euro in provvedimenti varati con i suoi ministri.
Come imposto dalla crisi e da Bruxelles, i due terzi delle risorse sono stati destinati all’energia: «Esattamente 21 miliardi - prende la parola il ministro Giancarlo Giorgetti presente assieme alla collega del Lavoro Marina Calderone, al suo vice Maurizio Leo e a Matteo Salvini - ma in modo indirizzato alle famiglie più bisognose e alle imprese».
IL SUSSIDIO
Il principale nodo su cui interviene la Manovra è però il reddito di cittadinanza. Una riforma a metà, destinata però a completarsi nell’arco del prossimo anno. Restando «fedeli ai nostri principi», il governo sceglie di tutelare solo «chi non può lavorare» e «le donne in gravidanza». Per tutti coloro che sono invece abili al lavoro, il sussidio «si abolirà alla fine del prossimo anno e non potrà essere percepito per più di 8 mesi e decade alla prima offerta di lavoro». Una misura dettagliata da Calderone che, nonostante le precauzioni sociali, ha già scatenato un polverone politico con M5S e Pd pronti a protestare contro l’esecutivo. «Vedo forze politiche che chiamano la piazza- si limita a notare Meloni - va bene tutto però vorrei sapere se chi lo ha pensato lo ha immaginato come uno strumento dello Stato per occuparsi delle persone dai 18 ai 60 anni. C’è gente che lo prende da tre anni, evidentemente non ha funzionato o per alcuni italiani deve andare all’infinito, io credo che lo Stato debba occuparsi di loro a trovare un posto di lavoro».
Un grande faro è stato acceso (e rivendicato) dall’esecutivo su famiglie e natalità. A loro è infatti destinato «un miliardo e mezzo di euro» spiegano (il dettaglio delle coperture non è tuttavia ancora noto), «una scelta che non ha molti precedenti». Ed è Meloni stessa, evidentemente soddisfatta da questa porzione della Legge che ora è attesa prima in Commissione e poi in Aula (ed infine in Europa), a snocciolare tutte le misure: «L’assegno unico viene aumentato del 50% a tutti per il primo anno di vita del bambino, del 50% per tre anni per le famiglie numerose. L’Iva su tutti i prodotti della prima infanzia sarà al 5% e anche per quello che riguarda i dispositivi igienici femminili non compostabili, vengono confermate le misure per acquisto della prima casa sulle giovani coppie». Non solo. Il premier, continuando con la metafora della gestione familiare improntata sul governo, ha anche deciso di intervenire sul congedo parentale. «Io ho sempre pensato che molte madri non se lo potessero permettere con il 30% della retribuzione - ha concluso in conferenza stampa - Noi abbiamo aggiunto un mese di congedo facoltativo retribuito all’80% e utilizzabile fino al sesto anno di vita. Una sorta di salvadanaio del tempo senza ritrovarsi in condizione economiche difficili».