Raggiante. Ma cerca di non farsi trascinare dalla gioia. Ecco Giorgia la vincitrice. E appare in pubblico dopo quasi un’intera giornata in cui il bollettino del successo di FdI, primo partito italiano e di gran lunga più forte dell’alleato-rivale salviniano, comincia a scandirsi con queste cifre che cambiano e si modificano ma la realtà del sorpasso è clamorosa: 18,8 per cento all’Aquila, con la Lega al 12,5 e Forza Italia al 5,4; 11,3 a Verona (la Lega al 6,3 e FI al 4); 6,9 a Genova e Carroccio al 4,6 (FI 2,6); a Parma 6,9 e salvinisti al 4,6 e berlusconiani al 2); a Palermo il 9,3, con la Lega al 5, 1 (e FI all’11). Per non dire del profondo Nord dove Fratelli d’Italia irrompe e sconquassa la terra leghista: a Monza il 14,9 contro l’8,5 del Carroccio; a Padova 11,6 contro 6,1; a Belluno 14,2 contro 9,5; e via così con Lodi, Alessandria e con tutto quel nord-est e nord-ovest che parla ormai la lingua di Giorgia. Ne è consapevolissima e perciò evita eccessi di gloria: «C’è chi dice che chi vince queste elezioni amministrative vince le prossime politiche. Io non so se è così...». Ma si sente mezzo biglietto d’ingresso a Palazzo Chigi nella tasca, pur capendo che nei pochi mesi che mancano al fatal appuntamento del voto politico può accadere di tutto.
Meloni: «Fossi Salvini e Berlusconi lascerei governo, M5s non esiste più»
E comunque: «Grande affermazione del centrodestra in questa tornata amministrativa».
LE MOSSE
Proprio perché ha vinto, la Meloni si muove già da leader dell’intera coalizione: «Sono disposta ad andare al governo solo se ci sono le convinzioni, non a ogni costo. Siamo pronti a governare se gli italiani ci daranno questa occasione». E ancora: «Vedo che è iniziata la storia della scarsa affidabilità di FdI. Agitare l’uomo nero non funziona più». Si sente forte e legittimata ma sa che da sola non basta. L’importante, per la Meloni, è che il centrodestra sia unito. E questo è il problema. «Mi pare che con queste elezioni - incalza nella conferenza stampa a via della Scrofa, sede del partito - ci sia il ritorno a un sano bipolarismo dell’alternanza. Il centrodestra non deve essere ondivago, deve avere una posizione chiara. Quando accaduto dovrebbe far definitivamente dissuadere chi ancora nel centrodestra continua a ragionare di sistema proporzionale...». Ovvero: Salvini e Berlusconi non provate a fermarmi passando al proporzionale per inciuciare con il centrosinistra.
Giorgia è convinta che a confondere gli italiani, spezzando in due il centrodestra tra governo e opposizione, siano i suoi partner. E fa della parola «chiarezza» - quella che lei pretende da loro, ossia nessun cedimento a schemi estranei al bipolarismo come quello in corso nell’attuale maggioranza - il suo leit-motive della giornata.
Ma intanto c’è ancora da godersi in pieno il successo. A L’Aquila FdI conferma il rapporto speciale con l’Abruzzo, sfiorando il 20 per cento, primo partito della città, e staccando di oltre sei punti gli uomini di Salvini. Stesso copione, più o meno, dappertutto. E sono lontani i tempi in cui FdI, a Verona, collezionava appena il 2,7 per cento, quattro volte meno della lista leghista. Ora è 11,3 a 6,3. E a Alessandria? 15 a 10. Con numeri che durante la notte cambiano un po’ ma dicono sempre la stessa cosa: il sorpassone. Ed è psicodramma da una parte (in via Bellerio) e festa dall’altra (in via della Scrofa). Con tanto di foto di Giorgia su Fb in posa da Churchill che sorridendo fa il segno di vittoria con le dita. Lo stesso Winnie diceva però che «i problemi della vittoria sono più dolci ma spesso non meno difficili di quelli della sconfitta». Giorgia se n’è accorta subito.