Mattarella fa da garante per Meloni (e risponde alle ingerenze straniere): dai nomi ai conti pubblici

Meloni, Mattarella fa da garante (contro le ingerenze straniere): dai nomi ai conti pubblici
Meloni, Mattarella fa da garante (contro le ingerenze straniere): dai nomi ai conti pubblici
di Mario Ajello
Sabato 8 Ottobre 2022, 00:01 - Ultimo agg. 13:02
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La presa di posizione ferma e risolutiva con cui il presidente Mattarella si schiera a tutela dell’agibilità politica di Giorgia Meloni, in quanto rappresentante democraticamente eletta dal popolo italiano come probabile premier incaricata nei prossimi giorni, è un segnale importante in vista della stagione che sta per aprirsi. E che, come fanno notare dalle parti del Colle, serve a sottolineare che il nostro è un Paese in cui le istituzioni lavorano tutte insieme. E solo così quello che Meloni chiama «l’interesse nazionale», e che Mattarella definisce amor di patria, può essere sostenuto e difeso. L’idea caricaturale di uno Stato importante e fondatore dell’Europa qual è questo, diffusa da Oltralpe con evidente sgrammaticatura diplomatica, ha stupito e irritato il presidente della Repubblica. Il quale infatti non si è limitato a rispondere alla domanda della giornalista piemontese, nella sua visita ad Alba, sulle bordate anti-italiane provenienti da Parigi ma ha aspettato quella domanda proprio per intervenire e stigmatizzare immediatamente la grave ingerenza che abbiamo subito e per mostrarsi garante del buon funzionamento del sistema italiano. 

Nessuna polemica anti-francese, ma figuriamoci, chiariscono dal Colle.

E’ solo che è la terza volta nel giro di pochi giorni che dalla Francia dicono di voler vigilare sul rispetto delle regole democratiche da noi e Mattarella ha voluto ribadire alcuni punti che dovrebbero essere acquisiti ma evidentemente non lo sono a Parigi. Ovvero che l’Italia ha una Costituzione, una Corte Costituzionale, un Presidente della Repubblica e la nostra democrazia la tuteliamo direttamente noi con strumenti più che efficaci e largamente riconosciuti, e non c’è bisogno di alcun controllo esterno. 

Ma non deve sorprendere la presa di posizione di Mattarella. Perché in questi tredici giorni da quando Meloni ha vinto le elezioni l’interlocuzione tra il presidente e la premier in pectore è stata fluida e costante. Nessun tipo di intoppo o di fraintendimento, anzi questo passaggio politico vede Mattarella estremamente tranquillo e operativo affinché l’Italia traghetti da un governo all’altro senza scossoni e in uno spirito di unità nazionale che è quella a cui il Capo dello Stato sovrintende con estremo rispetto del ruolo e pienissima adesione costituzionale alla funzione che gli è stata (per due volte) affidata. Mattarella e Meloni hanno insomma in questa fase avuto colloqui che rientrano nella normalità dei rapporti democratici e dei codici repubblicani o meglio, come ha detto il Colle, «è assolutamente fisiologico che avvenga una interlocuzione dopo le elezioni politiche e prima della formazione del governo». Certo, in questo caso non si tratta di un governo del Presidente, come fu quello di Monti o lo è quello di Draghi, e tuttavia in particolare nella scelta dei 4 ministri più importanti - Economia, Difesa, Esteri, Interno e ciò significa tra l’altro occhio sui conti pubblici e sullo standing internazionale - il confronto tra Mattarella e Meloni non può che essere ovvio e praticato nella più completa disponibilità alla collaborazione. Proprio perché l’Italia non ha bisogno di traumi, interni o provocati dall’esterno, ma di un assetto che garantisca al più presto un governo funzionante. 

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LA SINTONIA
Da questo punto di vista, c’è una sintonia fattiva tra la premier che verrà e il presidente che c’è. Il quale, di fronte alla messa in discussione dell’autonomia e dell’indipendenza nazionale e di fronte a una sottovalutazione di ciò che siamo e che siamo sempre stati, un Paese maturo e democraticamente compiuto, non ha voluto tacere. Se poi l’uscita mattarelliana sia stata un pre-viatico all’esecutivo che verrà, questo non è il punto che sta a cuore al Colle. Che ha difeso l’Italia in quanto Italia, la sua storia, la sua realtà, la sua tradizione e il suo futuro, la sua forza che è quella di avere istituzioni, regole e culture politiche che non hanno bisogno di ricevere lezioni o ingerenze da parte di nessuno. 

Questo non lo dicono al Quirinale, ma è chiaro che la super-gaffe francese è figlia del senso di superiorità transalpino su quella che loro vedono come Italietta ma Italietta non è e non è neanche una nazione sull’orlo di chissà quale baratro totalitario (suvvia). Draghi su questo punto infatti è stato ieri, al consiglio europeo informale di Praga, di una nettezza assoluta. Ha ribadito che non c’è bisogno di alcun allarme europeo perché il prossimo esecutivo non cambierà la linea di politica estera.

L’Italia che «sa badare a se stessa» (copyright Mattarella) è l’Italia che ha votato come ha votato. E non ha votato così per delirio o per ideologia, ma per vedere se la ricetta Meloni sarà capace di risollevarla e di rilanciarla. Ci riuscirà? Il Capo dello Stato avverte che dipende da noi. E basta con i pregiudizi e le falsità. 
 

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