Governo a Cutro, Meloni: «Linea dura contro i trafficanti». Flussi, torna il decreto

Cdm a Cutro, il premier: non ci siamo girati dall’altra parte

Governo a Cutro, Meloni: «Linea dura contro i trafficanti». Flussi, torna il decreto
Governo a Cutro, Meloni: «Linea dura contro i trafficanti». Flussi, torna il decreto
di Francesco Malfetano
Venerdì 10 Marzo 2023, 01:28 - Ultimo agg. 11:38
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«Siamo determinati a sconfiggere la tratta responsabile di questa tragedia». Alle 18.30 Giorgia Meloni varca la soglia adombrata del cortile del Municipio di Cutro. Tredici giorni e molte polemiche dopo il naufragio che ha restituito 72 cadaveri alla costa calabrese, la premier sembra intenzionata a mettere un punto politico alla vicenda. «Non accetto che si dica che ci siamo girati dall’altra parte» è infatti una delle frasi di esordio. Per farlo però non offre a giornalisti e cittadini né una visita sulla spiaggia né una commemorazione delle salme. L’idea è un’altra: fornire la sintesi del decreto appena varato dal primo Cdm in trasferta del suo esecutivo e l’immagine di una squadra compatta. «Questo è un segnale concreto» dice. 

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LE NORME

Tant’è che le norme sono quasi in toto quelle annunciate: stretta su trafficanti e scafisti, con pene fino a 30 anni per chi causa più morti in mare, porte aperte agli ingressi legali con il decreto flussi che diventa triennale, potenziamento della rete dei Centri per i rimpatri, compressione alla protezione speciale con un mini-ritorno ai decreti sicurezza salviniani e, sempre con una mossa cara al ministro dei Trasporti, la cosiddetta “norma anti-Soumahoro” contro la mala-gestione dei centri di accoglienza.

Il timbro leghista è piuttosto evidente. Anche perché rispetto alla bozza entrata in pre-cdm, nel testo finale manca solamente la legge che avrebbe assegnato la sorveglianza marittima al ministero della Difesa. «Crosetto mi ha chiesto di toglierla» minimizza Meloni. «È una vittoria di Salvini» ricostruiscono invece altre fonti ai vertici dell’esecutivo, perché non depotenzia il ruolo del leghista nella gestione della Guardia Costiera né quella del “suo” ministro dell’Interno Matteo Piantedosi. E infatti il segretario del Carroccio, in versione Capitano, rispolvera i dati del 2019, quando al Viminale guidavano proprio Salvini e Piantedosi: «È stato l’anno con meno morti e dispersi nel Mediterraneo». 

LA CONFERENZA

È l’ultimo atto ufficiale di una conferenza stampa complicata, in cui il dettaglio delle norme illustrate - assieme al duo leghista - dai ministri Lollobrigida, Nordio e Tajani scivola in secondo piano. A prendersi la scena sono infatti le parole della premier. Non tanto quando preconizza «Solidarietà non è farli entrare tutti per poi lasciarli ai semafori a pulire i vetri. Solidarietà è dare a chi arriva le stesse possibilità», oppure quando, esagerando, dice che il governo andrà «a cercare gli scafisti lungo tutto il globo terracqueo». Piuttosto quando prova a scendere nel dettaglio di quella tragica notte. A quel punto infatti alla premier viene a più riprese contestata dai giornalisti presenti la ricostruzione offerta della tragedia. Meloni inciampa su orari, distanze dalla costa e ruoli dei soccorsi. Il sottosegretario Alfredo Mantovano le corre in aiuto con qualche precisazione. Gli altri ministri guardano gli smartphone o chattano. Piantedosi ricorda che è tutto depositato alla Camera. La tensione si fa evidente e allora Meloni attacca. «Pensate davvero che il governo ha volutamente lasciato morire qualcuno?», è la domanda che pone a ripetizione. «No» è la risposta dei cronisti, specie quelli calabresi. «Ci sono anche dolo e imperizia» però le spiegano in quello che sembra diventato un dibattito. Lei torna conciliante, usa il “tu” per una giornalista: «Il nostro compito è cercare soluzioni ai problemi - dice - e il modo migliore per onorare le vittime è fare ciò che si può perché le tragedie non si ripetano». 

 

Il clima però, all’interno del municipio di Cutro, non migliora. La conferenza è finita e i cronisti si avvicinano al tavolo da dove la premier ha parlato. Qualche ministro prova a dissuaderla ma Meloni non si sottrae al confronto. Uno scambio rapido che si conclude quando le chiedono «Perché non è andata al Palamilone?», dove si trovano le bare dei migranti. La presidente del Consiglio sembra spiazzata. Provata. «Ho finito adesso» dice quasi giustificandosi, «ma ci sarei andata». È un assedio, e il governo fatica a gestirlo, almeno fino a quando la segretaria di Meloni chiede al capo dell’ufficio stampa di «fermare i giornalisti».

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