Giorgia Meloni, la tentazione di premiare (solo) la Casellati ed escludere i senatori FI che non hanno votato La Russa

Giorgia Meloni, la tentazione di premiare (solo) la Casellati e di escludere i senatori FI che non hanno votato La Russa
Giorgia Meloni, la tentazione di premiare (solo) la Casellati e di escludere i senatori FI che non hanno votato La Russa
di Francesco Malfetano
Sabato 15 Ottobre 2022, 08:00 - Ultimo agg. 17:59
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«Buona la prima, anche alla Camera». Non c’è intoppo o Licia Ronzulli che tenga. Giorgia Meloni è determinata a chiudere le trattative per il nuovo governo il prima possibile. «Ora continueremo a lavorare con la stessa velocità per le prossime scadenze» spiega infatti la leader a qualunque cronista le chieda delle prossime mosse subito dopo l’elezione del leghista Lorenzo Fontana a presidente di Montecitorio. 

A sentirla non c’è neppure un’ombra che sembra poter distogliere lei e Fratelli d’Italia dall’iter prestabilito. E cioè martedì e mercoledì prossimo (18 e 19) la formazione dei gruppi alle Camere, l’elezione dei capigruppo e l’avvio delle consultazioni. Poi il 21 sera, subito dopo le conclusioni del Consiglio Ue di Bruxelles a cui parteciperà il premier dimissionario Mario Draghi, l’incarico.

Poi, in base a quando sarà pronta la lista dei ministri, il giuramento. Tutto in discesa sembrerebbe. Peccato che lo scontro con gli azzurri di Silvio Berlusconi sia tutt’altro che prossimo a rientrare. 

Se per gli insulti vergati dal Cavaliere a favore di obiettivo la reazione di Meloni è “solo” piccata (ai punti del leader azzurro «mancava che non sono ricattabile» ha detto ieri uscendo da Montecitorio), il mancato voto ha invece complicato di molto la trattativa. Deputati e senatori di FdI raccontano di una leader furiosa che però, prima di andare allo scontro, ragionerà bene le prossime mosse. Anzi, talmente bene, che i suoi sono impensieriti dal fatto che – con una lunga settimana davanti – l’affaire La Russa possa rientrare per non allungare i tempi. «Ma in qualche modo dovranno pagare lo sgarbo» garantisce una fonte di primo piano ai vertici di FdI. La prima reazione, spiegano quindi, arriverà con ogni probabilità mercoledì sulla composizione dell’ufficio di presidenza. Tra i 4 vicepresidenti, 3 questori e 8 segretari potrebbe andare agli uomini e alle donne del Cavaliere una sola casella, il minimo indispensabile secondo il regolamento. 

Non solo, nel partito rimbalza veloce l’idea di non schierare nella prima linea del governo nessuno dei senatori azzurri che ha disertato l’Aula giovedì. Cioè di lasciare fuori dai giochi, oltre alla già esclusa Licia Ronzulli, anche altri diversi papabili ministri. Da Anna Maria Bernini ad Alberto Barachini fino a Francesco Paolo Sisto. «Se prima del caos creato da FI l’idea era limitare al minimo la presenza di senatori per non squilibrare la maggioranza all’interno dell’Aula, ora lo faremo ancora meno. E fuori resteranno quelli coloro che si sono mostrati più inaffidabili...». In altri termini, seguendo il filo di questo ragionamento «che oggi rappresenta la maggioranza dei nostri eletti», tolto Berlusconi stesso, l’unica senatrice azzurra che potrebbe ambire ad una poltrona di peso sarebbe Elisabetta Casellati. L’ex presidente del Senato, peraltro stimata Meloni che la propose come prima donna al Quirinale, potrebbe coprire una delle caselle destinate agli azzurri, ma non la Giustizia, dato che la leader FdI non ha alcuna intenzione di cederla.  

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Tuttavia si tratterebbe di una radicalizzazione dello scontro che difficilmente potrebbe consentire una ricucitura. «Sarebbe una reazione di pancia, e noi ora non possiamo permettercela» è la versione di uno dei più ragionevoli tra i tenenti di Giorgia. D’altro canto, a via della Scrofa c’è anche qualche timore sulle modalità con cui si possa arrivare al rattoppo ed evitare che Forza Italia si presenti alle consultazioni da sola. Nel senso che se prima del voto al Senato la premier in pectore era tutto sommato convinta di riuscire a far ragionare Berlusconi, ora le cose stanno diversamente. Il rischio che l’intricata partita nei prossimi giorni si trasformi in una sorta di spericolato gioco delle tre carte è elevatissimo. Sul tavolo infatti ci sono la carta scoperta degli impantanati discorsi di governo con Silvio, l’intesa rinsaldata con Matteo Salvini e, infine, l’asso nella manica di una rinnovata vicinanza con Antonio Tajani. Starà a Meloni in versione croupier evitare che il banco salti.

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