Mes, il Senato come il Vietnam: a Conte mancano da 5 a 12 voti

Mes, il Senato come il Vietnam: a Conte mancano da 5 a 12 voti
di Valentino Di Giacomo
Sabato 5 Dicembre 2020, 12:00 - Ultimo agg. 16:08
4 Minuti di Lettura

A conti fatti mancano alla maggioranza almeno da 5 a 12 voti per riuscire a far passare il Mes in Senato se da Forza Italia non arriveranno aiuti. Numeri ballerini, difficili da conteggiare, dove le bizze o le convinzioni anche di un singolo parlamentare possono far pendere la bilancia da una parte o dall'altra. Gli emissari di Conte sono da giorni alle prese con il pallottoliere per capire se il premier riuscirà ad avere una maggioranza a Palazzo Madama, lì dove si giocano da sempre le battaglie più dure per la sopravvivenza di ogni esecutivo. Il magic number da raggiungere è 161 se saranno presenti tutti i 321 senatori, ma tra assenze strategiche e altre annunciate (ad esempio l'ex presidente Giorgio Napolitano non dovrebbe partecipare alla votazione) il quorum potrebbe sensibilmente abbassarsi. La battaglia finale si gioca mercoledì prossimo e nessuno, neppure i leader di partito, possono davvero sentirsi sicuri di come possa andare a finire questa ennesima sfida. Buona parte della sfida si giocherà anche sulle presenze e le assenze dei parlamentari, anche un colpo di freddo o un raffreddore possono determinare l'esito.

I conti non sono per nulla facili neanche per chi è alle prese con il dossier. Se c'è chi dichiara di votare a favore o contro il Mes apertamente, molti altri si nascondono come prede in una foresta, pronti a decidere all'ultimo secondo. Tanto più se non è ancora dato sapere se il voto in aula sarà a scrutinio palese o segreto, incognita che potrà fare la differenza: un conto è votare senza che gli altri sappiano e tutt'altro farlo manifestamente. Alla maggioranza dovrebbero mancare almeno 16 voti dei senatori del Movimento 5 Stelle che hanno firmato un documento contro il Mes e in aperta guerra allo stato maggiore grillino. A firmare l'appello indirizzato a Vito Crimi sarebbero stati però qualcuno in più dei 16 annunciati. A contribuire ad azzoppare ulteriormente la stabilità del governo ci ha pensato ieri un post di Beppe Grillo che ha tuonato contro il Meccanismo europeo di stabilità: una mossa che è stata letta come uno schiaffo a Luigi Di Maio e che ha dato forza a chi già era contrario a questo provvedimento. Alla fine ieri, ai 16 dissidenti annunciati, se ne sarebbero aggiunti un'altra decina facendo mancare alla maggioranza circa 25 vot111i.

In Senato, generalmente, la maggioranza del premier può contare, più o meno stabilmente, sulla fiducia di 172 parlamentari. Un numero che si raggiunge con i 169 eletti nei partiti di governo ai quali si aggiungono solitamente i tre senatori a vita: Elena Cattaneo, Liliana Segre e Mario Monti. Venissero meno già soltanto i 16 voti annunciati dai dissidenti grillini la maggioranza conterebbe quindi appena 156 unità, ma si arriverebbe a 146 se si aggiungessero altre defezioni annunciate ieri.

Numeri da allarme rosso perché mancherebbero così dai 5 ai 15 voti per raggiungere quota 161 e dare il via libera al Mes. Certo, per rimpinguare, potrebbero arrivare a sostegno del governo i 3 senatori vicini al governatore della Liguria, Giovanni Toti. Si tratta dei tre che fanno parte della componente Idea-Cambiamo: Gaetano Quagliariello, Paolo Romani e Massimo Berruti. Tuttavia il pallottoliere si fermerebbe nella migliore delle ipotesi a 159 senatori o a 149 nella peggiore, comunque al di sotto dei 161 richiesti. Anche per questo altre assenze potrebbero fare buon gioco al governo, abbassando la soglia di voti necessari. Un risiko. Tanto più che tra gli M5s è impossibile stabilire in anticipo come voteranno due senatrici recentemente espulse dal gruppo, Tiziana Drago e Marinella Pacifico. L'ultima volta, quando si è trattato di votare per lo scostamento di bilancio, si sono pronunciate a favore. Ma faranno altrettanto adesso? È chiaro dunque agli emissari del premier e ai leader della maggioranza che non è impossibile trovarsi i numeri pescando tra i singoli, ma assai meglio sarebbe riuscire trovare un accordo politico e aprirsi un varco come già avvenuto proprio per il voto sullo scostamento del bilancio con Forza Italia. Il problema è che se alla Camera i forzisti in subbuglio sono un gruppo nutrito, le truppe guidate da Annamaria Bernini appaiono più compatte. Sarebbero cinque, al massimo otto i senatori indecisi sul voto per il Mes, ma mai nessuno è uscito allo scoperto e soprattutto se si votasse a scrutinio palese ben pochi metterebbero a rischio la propria posizione in Fi per aiutare il governo.

Dopo l'aut aut posto da Salvini a Berlusconi è difficile intavolare nuovi discorsi con Forza Italia. Ieri l'ex premier ha sentito lungamente al telefono il leader della Lega assicurandogli che i suoi non faranno giochetti alla Camera e al Senato. Un conto però sono gli accordi tra leader, tutt'altra storia le trattative tra singoli che si aprono in Transatlantico. A conti fatti basterebbe qualche assenza strategica per riuscire a far passare il Mes anche se in Forza Italia è aperto il dibattito per vagliare una soluzione intermedia per tenere unito il partito. Renato Brunetta sta lavorando ad una mozione che impegna il governo ad accettare i 37 milioni del Mes sanitario. Il punto è che per una vasta pattuglia di forzisti (ma sono di più alla Camera, dove la maggioranza rischia meno) anche il Mes Salva-Banche è una misura da prendere in considerazione. Di tempo per proseguire le trattative, fino a mercoledì, ce n'è ancora tanto e tutto può succedere tanto in Fi quanto nel Movimento 5 Stelle ieri riunitosi online in un'infuocata riunione. Conte, per ora, balla sul pallottoliere.

© RIPRODUZIONE RISERVATA