A conti fatti mancano alla maggioranza almeno da 5 a 12 voti per riuscire a far passare il Mes in Senato se da Forza Italia non arriveranno aiuti. Numeri ballerini, difficili da conteggiare, dove le bizze o le convinzioni anche di un singolo parlamentare possono far pendere la bilancia da una parte o dall'altra. Gli emissari di Conte sono da giorni alle prese con il pallottoliere per capire se il premier riuscirà ad avere una maggioranza a Palazzo Madama, lì dove si giocano da sempre le battaglie più dure per la sopravvivenza di ogni esecutivo. Il magic number da raggiungere è 161 se saranno presenti tutti i 321 senatori, ma tra assenze strategiche e altre annunciate (ad esempio l'ex presidente Giorgio Napolitano non dovrebbe partecipare alla votazione) il quorum potrebbe sensibilmente abbassarsi. La battaglia finale si gioca mercoledì prossimo e nessuno, neppure i leader di partito, possono davvero sentirsi sicuri di come possa andare a finire questa ennesima sfida. Buona parte della sfida si giocherà anche sulle presenze e le assenze dei parlamentari, anche un colpo di freddo o un raffreddore possono determinare l'esito.
I conti non sono per nulla facili neanche per chi è alle prese con il dossier. Se c'è chi dichiara di votare a favore o contro il Mes apertamente, molti altri si nascondono come prede in una foresta, pronti a decidere all'ultimo secondo. Tanto più se non è ancora dato sapere se il voto in aula sarà a scrutinio palese o segreto, incognita che potrà fare la differenza: un conto è votare senza che gli altri sappiano e tutt'altro farlo manifestamente. Alla maggioranza dovrebbero mancare almeno 16 voti dei senatori del Movimento 5 Stelle che hanno firmato un documento contro il Mes e in aperta guerra allo stato maggiore grillino. A firmare l'appello indirizzato a Vito Crimi sarebbero stati però qualcuno in più dei 16 annunciati. A contribuire ad azzoppare ulteriormente la stabilità del governo ci ha pensato ieri un post di Beppe Grillo che ha tuonato contro il Meccanismo europeo di stabilità: una mossa che è stata letta come uno schiaffo a Luigi Di Maio e che ha dato forza a chi già era contrario a questo provvedimento. Alla fine ieri, ai 16 dissidenti annunciati, se ne sarebbero aggiunti un'altra decina facendo mancare alla maggioranza circa 25 vot111i.
In Senato, generalmente, la maggioranza del premier può contare, più o meno stabilmente, sulla fiducia di 172 parlamentari. Un numero che si raggiunge con i 169 eletti nei partiti di governo ai quali si aggiungono solitamente i tre senatori a vita: Elena Cattaneo, Liliana Segre e Mario Monti. Venissero meno già soltanto i 16 voti annunciati dai dissidenti grillini la maggioranza conterebbe quindi appena 156 unità, ma si arriverebbe a 146 se si aggiungessero altre defezioni annunciate ieri.
Dopo l'aut aut posto da Salvini a Berlusconi è difficile intavolare nuovi discorsi con Forza Italia. Ieri l'ex premier ha sentito lungamente al telefono il leader della Lega assicurandogli che i suoi non faranno giochetti alla Camera e al Senato. Un conto però sono gli accordi tra leader, tutt'altra storia le trattative tra singoli che si aprono in Transatlantico. A conti fatti basterebbe qualche assenza strategica per riuscire a far passare il Mes anche se in Forza Italia è aperto il dibattito per vagliare una soluzione intermedia per tenere unito il partito. Renato Brunetta sta lavorando ad una mozione che impegna il governo ad accettare i 37 milioni del Mes sanitario. Il punto è che per una vasta pattuglia di forzisti (ma sono di più alla Camera, dove la maggioranza rischia meno) anche il Mes Salva-Banche è una misura da prendere in considerazione. Di tempo per proseguire le trattative, fino a mercoledì, ce n'è ancora tanto e tutto può succedere tanto in Fi quanto nel Movimento 5 Stelle ieri riunitosi online in un'infuocata riunione. Conte, per ora, balla sul pallottoliere.