Renzi, assemblea a Napoli:
«Sud, basta rassegnazione.
Il referendum farà chiarezza»

Renzi, assemblea a Napoli: «Sud, basta rassegnazione. Il referendum farà chiarezza»
di Gerardo Ausiello
Domenica 13 Novembre 2016, 09:42 - Ultimo agg. 14 Novembre, 00:17
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Il referendum, il rapporto con la Ue, ma soprattutto il Sud e le assunzioni nella pubblica amministrazione, per rimettere in moto l'intero Meridione. Al Palacongressi della Mostra d’Oltremare si è svolto il dibattito conclusivo dell’assemblea nazionale sul Mezzogiorno, a cui ha partecipato il presidente del Consiglio Matteo Renzi. Al confronto su «Governo e sviluppo», moderato dal direttore de Il Mattino Alessandro Barbano, erano presenti, con Renzi, Manuel Grimaldi, Ivan Lobello, Vincenzo Boccia e il governatore della Campania Vincenzo De Luca. L’assemblea si è tenuta a Napoli ma senza il sindaco di Napoli, Luigi de Magistris, che ha fatto sapere di essere fuori città «per impegni politici e istituzionali». 

È una Mostra d'Oltremare blindata quella che accoglie Renzi. Quasi 200 gli agenti schierati nei vari ingressi della fiera e ospiti sottoposti a rigidi controlli con il metal detector. All'esterno della Mostra alcune decine di manifestanti protestano contro il premier; non sono mancati alcuni momenti di tensione. Poi il dibattito ha preso vita. 

 

 

Renzi. L'assemblea si conclude con l'intervento di Renzi, che si dice felice di essere tornato a Napoli: «Scusate il ritardo, De Luca lo ha sottolineato e mi chiama anche mangiaribollite. Lui sembra altoatesino per questo, più che campano. Ma i soldi non arrivano in ritardo, quelli De Luca in parte li ha già avuti, anche se mi chiede sempre nuove risorse». Quindi il premier entra nel merito della discussione sul Sud: «Viviamo nell'era delle previsioni e invece poi, dagli Usa all'ultimo luogo, accadono cose imprevedibili. Chi avrebbe mai immaginato la corsa e il successo di Trump? Solo una puntata dei Simpson. Accade perché la realtà è molto più ampia e diversa». «La rivoluzione informatica porta un mondo senza confini né barriere e poi però si fa fatica a riconoscere quello che accade sotto casa - riflette il premier - il mercato globale non è in contrasto con l'identità, anzi la aiuta. Penso all'agroalimentare, su cui siamo passati da 30 a 37 miliardi sull'export e abbiamo ancora un mercato grande due volte quello che abbiamo oggi. C'è un problema di narrazione del Mezzogiorno ma anche di tutta l'Italia. Se le grandi aziende della pizza sono tutte multinazionali americane significa che sono stati capaci di commercializzarla pur non avendola inventata». «Cos'è l'Italia oggi?» si chiede Renzi, vicino ai mille giorni di governo. «Sono stati pochi i governi italiani così longevi. Il nostro compito finora è stato mettere a posto il passato, dominato da paure e incertezze. Noi abbiamo voluto mettere 2 miliardi in più sulla sanità ma non abbiamo ancora risolto il problema del comparto che è, sono d'accordo con De Luca, innanzitutto il superamento della spesa storica. Ma con la riforma costituzionale, se passerà, non ci sarà più disparità tra le Regioni nell'accesso ai farmaci». «I tecnici dicevano che sulla sanità vanno fatti i tagli, é vero che dobbiamo ridurre gli sprechi, però sulla sanità occorre investire di più. Abbiamo insomma cercato di mettere a posto le cose, con la riforma del lavoro che ha portato 650mila posti in più, ma purtroppo quasi tutti al Nord. Perché c'é un'Italia vicina all'Europa e un'altra che, pur avendo grandi potenzialità, non riesce ad emergere. Il problema è che questa riforma altrove è stata fatta 15 anni fa». Per Renzi il passaggio del referendum, il 4 dicembre, è «una occasione di chiarezza perché tutta la riforma della pubblica amministrazione passa da lì. Se questo non c'è restiamo come adesso. Non c'è solo il taglio delle poltrone, innegabile. Il punto è che per non parlare delle riforme le inventano tutte». Il principio è «assumersi reciprocamente le responsabilità. L'idea dei Patti per il Sud nasce da qui. Ma questo è solo un primo passo per darsi responsabilità e non perdere risorse. Grazie al governo tecnico noi diamo 20 miliardi e l'Europa ce ne restituisce 12, quindi non sono soldi europei ma nostri. Gli altri 8 miliardi vanno a quei Paesi che hanno bisogno di crescere e sono uniti mentre noi siamo divisi. Io sono contro questo modello europeo ma per dire la nostra dobbiamo essere credibili e fare prima pulizia in casa nostra». «Con Boccia parlavamo del piano di investimenti lanciato da Trump. Fuori tutto si muove, noi abbiamo dovuto mettere a posto le cose del passato. Come arriviamo allora ai prossimi anni dopo il referendum? Occorre aprire una discussione in Europa perché i nostri 8 miliardi non possono essere spesi per costruire muri che vanno contro la politica europea. Quindi se sul bilancio non c'é chiarezza mettiamo il veto. Per farlo serve tuttavia una condivisione politica forte. Non rigore, bensì investimenti. Poi c'è il tema della capacità dei territori di attrarre investimenti. Su questo noi abbiamo cervelli talmente bravi che vanno a lavorare altrove mentre noi dobbiamo farli restare o farli tornare. Il Sud ha tutto per fare questo eppure non ce ne rendiamo conto». «Non abbiamo fatto sistema sul turismo, non ci sono state iniziative di qualità per l'accoglienza come la banda larga, abbiamo un sistema portuale inadeguato e tutti vanno a Rotterdam per avere una maggiore efficienza. Non ho mai visto nessun commerciante che dice: non comprate la mia roba. L'Italia ha fatto questo per anni. Quello che dice De Luca è interessante se diventa un'occasione per tutto il Sud. A Pompei siamo arrivati a 3 milioni di visitatori mentre prima si parlava solo dei crolli, anche la Reggia di Caserta con Felicori sta andando bene eppure una sigla sindacale gli ha scritto che si lavora troppo. Ma basta con la rassegnazione al Sud, con il chiagni e fotti, non abbiamo tempo per discutere dei 150 anni del passato, il mio tempo è il futuro, non la rivendicazione del passato». «Quando Tim Cook decide di fare l'Academy qui lo fa perché governo spinge ma soprattutto perché ama questo territorio e così anche Cisco. Distruggiamo gli stereotipi, per questo il G7 non lo faccio a Firenze, perché se mi dicono che la Sicilia è solo mafia, tolgo Firenze e lo faccio a Taormina». Infine sulla pubblica amministrazione: «Non entro nel merito dei numeri, ma la logica del timbro in alcune realtà prevale ancora sulla logica del clic. In alcuni settori il turn over è indispensabile. Su questo tema non bisogna avere una visione ideologica, anche se la pa è percepita ancora come nel film di Zalone. Prima della riorganizzazione della pa occorre però definire l'architettura dello Stato, anche se alcune cose le abbiamo già fatte perché rischiavamo ad esempio di non avere più medici e infermieri». «Accetto la sfida di De Luca sulla spesa storica, cambiamo. E torneremo ad assumere dopo dieci anni di blocco del turnover ma selezionando figure precise, come i ricercatori. Non c'é una soluzione numerica per me per ora ma bisogna riflettere nel merito. Sono convinto ad esempio che ci saranno molti investimenti sulla difesa e sulle nuove tecnologie, collegate a scuola e università. L'area prescelta per questo è il Sud, dove ci saranno più sgravi che al Nord. La ripartenza del Mezzogiorno non può però venire dall'alto. Il Sud ha le potenzialità per farcela ma deve mettersi in moto con le sue classi dirigenti, senza più lamentazione e rassegnazione. Siamo pronti a mettere altre risorse ma ciò che serve è un disegno organico». Infine la critica agli «imprenditori che in alcuni casi hanno portato incentivi e risorse senza restituire alla comunità. Il 95 per cento degli imprenditori ha la nostra fiducia, quel 5 per cento no, i prenditori no. Ma la classe politica romana la smetta di vivere di pregiudizi».
 

Grimaldi. È l'imprenditore Manuel Grimaldi a dare inizio ai lavori, coordinati dal direttore de Il Mattino Alessandro Barbano. Grimaldi, che gestisce un gruppo con 13mila dipendenti con sede operativa a Napoli, si sofferma sul ruolo dello shipping per il rilancio del Sud: «Il Mezzogiorno è in pesante ritardo ma sta facendo e potrebbe fare tanto per l'Europa grazie alla sua posizione strategica» chiarisce. Per l'imprenditore «le navi diventeranno sempre più una dorsale parallela alla rete autostradale, utile ad aggirare criticità che possono sorgere, ad esempio sulla Salerno-Reggio Calabria. La Campania è la prima regione italiana con 480 navi, il 33 per cento della flotta italiana, più del doppio della Liguria»«Per beghe di campanile e una vena di masochismo siamo soliti distruggere quello che abbiamo. In un contesto di recessione come quello attuale non ce lo possiamo permettere» avverte Grimaldi, ringraziando i governi che negli ultimi 20 anni sono intervenuti sulle norme in materia, in particolare l'esecutivo Renzi che ha messo mano alla riforma delle Autorità portuali. Poi, rispondendo ad una domanda di Barbano sui tempi delle decisioni, aggiunge: «Certo, il parto delle nuove Authority è stato molto lento e invece le cose cambiano con grande velocità, ragion per cui occorre avere il senso dell'urgenza, che non sempre in politica c'è. Alcune Autorità hanno funzionato benissimo, come Salerno, un miracolo, altre malissimo e sono state anche commissariate».

Lobello. Dopo Grimaldi sul palco sale Ivan Lobello, presidente di Unioncamere, che parla dell'assemblea nazionale come di "una occasione importante per il Sud":
«Voglio raccontare un Mezzogiorno che sta iniziando ad essere diverso. Abbiamo molte eccellenze ma anche tanti ritardi. È sulle eccellenze che dobbiamo costruire qualcosa di significativo. In primis occorre fare una battaglia sulla banda larga, che crea una capacità di innovazione. E poi puntare sulle Università, che hanno grande valore ma hanno bisogno di un supporto ulteriore»«Occorre cultura di mercato, senza la quale non si va da nessuna parte, superando ancora quel grumo di resistenza che c'è - prosegue - dobbiamo costruire una nuova pubblica amministrazione e ritengo utile, in questo senso, che molti giovani entrino nella pubblica amministrazione, come ha proposto il governatore Vincenzo De Luca. Infine la cultura, da cui non si può prescindere. E allora dobbiamo mettere in campo un progetto di grandissima qualità. Sono orgoglioso di essere un uomo del Sud e nella mia Sicilia oggi vorrei un De Luca. Abbiamo un potenziale enorme e non possiamo più avere logiche del passato»Quindi l'auspicio che si esca dalla cultura umanistica per puntare su quella scientifica: «Ho fatto il liceo classico, sono laureato in Giurisprudenza, ma mi rendo conto che forse c'è troppa cultura umanistica e poca scientifica. Ci vuole un riequilibrio. Un Paese funziona con entrambe le cose». A proposito invece del piano choc di De Luca (200mila giovani assunti nella pubblica amministrazione), Lobello ribadisce: «Il ricambio è fondamentale per sostituire quel grumo fortissimo che ha frenato lo sviluppo e impedito al Sud di crescere»Infine il tema della legalità: In Sicilia - sottolinea Lobello - ci sono criticità e cose positive, come in tutte le regioni. Bisogna mettere insieme le cose diversamente, spiegando anche che ci sono le eccellenze. Mentre combattiamo la mafia dobbiamo raccontare cosa fanno le aziende di questo Paese. Un punto di equilibrio anche qui».

Boccia. Il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia parte, nel suo intervento, dal ringraziamento a Renzi e De Luca per aver "rimesso al centro la questione meridionale":
«Il confronto serve a combattere uno dei grandi mali dell'economia, l'ansietà, che si combatte guardando al futuro e ai tempi. L'errore che si commette in alcune aree del Sud è l'assuefazione, che va combattuta con la forza della proposta e delle idee»Per il leader di Confindustria «servono ottimismo e volontà.
L'equilibrio tra dimensione umanistica e scientifica è fondamentale, sono d'accordo con Lobello. Oggi viviamo una stagione di maggiore maturità e di attenzione al futuro del Paese, per questo come Confindustria dobbiamo fare parte del progetto complessivo della crescita. È la stagione della corresponsabilità
»«All'Italia serve una unica politica economica - suggerisce - con incentivi e agevolazioni, quelle adottate in Campania, che vanno estese a tutto il Sud. Pragmatismo della politica, non ragionierismo dei bilanci. In questo senso la Campania può essere modello e laboratorio»Per il leader di Confindustria «servono ottimismo e volontà. L'equilibrio tra dimensione umanistica e scientifica è fondamentale, sono d'accordo con Lobello. Oggi viviamo una stagione di maggiore maturità e di attenzione al futuro del Paese, per questo come Confindustria dobbiamo fare parte del progetto complessivo della crescita. È la stagione della corresponsabilità». «All'Italia serve una unica politica economica - suggerisce - con incentivi e agevolazioni, quelle adottate in Campania, che vanno estese a tutto il Sud. Pragmatismo della politica, non ragionierismo dei bilanci. In questo senso la Campania può essere modello e laboratorio». «L'addizionalità dei fondi Ue dev'essere tale e non sostitutiva - avverte inoltre Boccia - e serve uno sforzo sulla cooperazione per la competitività. Noi ci siamo. Quanto ai 200mila posti, mi sono un attimo impressionato ma conosco De Luca. Se questa proposta è il parallelo di una idea di Paese e società, in cui la pubblica amministrazione va rinnovata, e se rientra in un quadro generale, con le coperture sui saldi di bilancio, allora sono d'accordo». Renzi arriva al Palacongressi della Mostra d'Oltremare mentre Boccia conclude: «Abbiamo davanti a noi per la prima volta un governo nazionale e alcuni governi regionali post-ideologici - dichiara il presidente di Confindustria - Dobbiamo allora cambiare modo di ragionamento nei rapporti con la politica confrontandoci lealmente. Serve insomma un grande colpo di reni tra due mondi diversi, contro coloro che vogliono che nulla cambi».

De Luca. Prima dell'intervento conclusivo di Renzi De Luca tira le somme della due giorni:
«Ringrazio il premier che con la sua presenza sottolinea la centralità del Sud e della Campania. Con questo sforzo abbiamo voluto ricollocare la questione meridionale al centro della politica nazionale, ma in termini totalmente diversi, contro la visione unilaterale che è stata data del Mezzogiorno, mentre noi qui rappresentiamo il Sud delle persone civili. Questo è un altro Sud, che accetta la sfida dell'efficienza, del rigore e della legalità, dei costi standard, che non vuole neanche più la solidarietà. Sulla sanità ho chiesto le stesse risorse per tutti i cittadini, dal Piemonte alla Campania, vediamo chi è più bravo. Se devo tagliare io taglio, non ho clientele. Ho deciso di ridurre le partecipate da 42 a 7 con un atto di coraggio». E ancora: «Ci salviamo solo se saremo competitivi ed efficienti - dice De Luca - mentre a Roma prevale ancora la logica della spesa storica, che penalizza il Sud. Questo rigore è il presupposto della nuova questione meridionale» prosegue De Luca mentre dalla sala si levano parole di protesta. «Lasciami finire, non fare ammuina» risponde il governatore. «Mai come oggi c'è un interesse del Nord allo sviluppo del Sud, che è un grande mercato peraltro - insiste il presidente della Regione - e poi perché siamo in grado di presentare eccellenze straordinarie, che non devono restare isolate in un contesto pesante. Ma perché ciò accada serve una sburocratizzazione radicale dell'Italia»«Ma perché facciamo tanta fatica a far ripartire l'Italia?» si chiede. «Colpa dei nodi irrisolti, del dualismo tra Nord e Sud, del numero contenuto di occupati, specie tra i giovani del Mezzogiorno. In queste condizioni non possiamo reggere. Vogliamo cambiare tutto al Sud, area paradossalmente più timida verso il sí. E invece qui serve accelerare contro gli sprechi di tempo e i ritardi della burocrazia. Alcuni amici, che rispetto, dicono che bisogna difendere la Costituzione. Io voglio difendere con i denti la prima parte della Costituzione, ma occorre realizzare davvero quei principi a partire dal diritto al lavoro. Chi sburocratizza l'Italia la difende veramente perché crea cantieri e occupazione. Quindi noi del Sud dobbiamo votare sí»Torna infine sulla proposta choc: «Era voluta per accendere il dibattito e far discutere. Io sono contro le porcherie clientelari e il tutti al lavoro nella pubblica amministrazione ma lì serve eccome dopo dieci anni di blocco del turn over. Basti pensare che in Campania ci sono 14mila dipendenti in meno e si paga molto di più di straordinari. Non ci sono più le figure professionali e la situazione è diventata pesante. In sanità qui abbiamo un'età media del personale di 60 anni ma come facciamo ad innovare con questi numeri? Non propongo nessun rompete le righe ma un processo razionale di riorganizzazione della pubblica amministrazione con un meccanismo retributivo scalare per i giovani, i più bravi, ai quali chiediamo di fare gli straordinari senza compenso, perché dobbiamo restituire la speranza a chi l'ha persa. Ma sia chiaro: qualunque contributo pubblico va legato sempre al lavoro»A conti fatti occorrono, dice De Luca, «2,6 miliardi. Se solo facessimo una riduzione del 5 per cento dei contributi abbiamo recuperato 3 miliardi. Chiediamo alle Regioni di destinare una quota del fondo sociale europeo. Dobbiamo farlo per evitare che i cittadini si affidino al primo Trump che capita. Su questa proposta non scherziamo, intendiamo combattere. Non possiamo impiccarci all'ottusità burocratica, questa é l'altra faccia della battaglia che Renzi sta facendo in Europa».

I manifestanti. Tre contestatori - aderenti al movimento di disoccupati napoletani '7 novembrè - hanno cercato di interrompere a più riprese il governatore della Campania Vincenzo De Luca durante il suo intervento all'assemblea nazionale sul Mezzogiorno. «Non fare ammuina» le parole con cui il governatore ha redarguito uno dei contestatori. I tre sono stati allontanati dopo poco dalle forze dell'ordine. In sala, nel frattempo, è arrivato anche il premier Matteo Renzi.

 

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