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GIORGIA MELONI

Migranti, la stretta: «Stop a sanatorie e protezioni speciali». Meloni in Africa: «Sostegni anche all’Etiopia»

Il premier in missione ad Addis Abeba: «Ad ottobre presenteremo il piano Mattei»

Migranti, la stretta: «Stop a sanatorie e protezioni speciali». Meloni in Africa: «Sostegni anche all Etiopia»
Migranti, la stretta: «Stop a sanatorie e protezioni speciali». Meloni in Africa: «Sostegni anche all’Etiopia»
di Francesco Malfetano, inviato ad Addis Abeba
Articolo riservato agli abbonati
Sabato 15 Aprile 2023, 00:38 - Ultimo agg. : 14:56
4 Minuti di Lettura

«Il rischio di una saldatura tra i molteplici focolai di crisi e una destabilizzazione più ampia potrebbe alimentare flussi irregolari verso l’Unione europea». Per comprendere a fondo il senso della visita che ha portato ieri Giorgia Meloni ad Addis Abeba, bisogna partire dalle parole affidate all’ultima relazione del Copasir dagli 007 italiani. Chiusa non senza strascichi la guerra civile nella regione settentrionale del Tigray, il Paese guidato dal premio nobel per la Pace Abiy Ahmed Ali (a queste latitudini considerato un nuovo Nelson Mandela, con tanto di santini nei taxi e ai bordi delle strade) è infatti alle prese con una difficile crisi economica e una straordinaria siccità. 

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LA VISITA

Fattori che, sommati alla vicinanza con la Somalia falcidiata dai terroristi di Al-Shaabab e ad una posizione strategica nella rotta migratoria che dall’Africa orientale porta alla Libia, rendono inevitabilmente l’Etiopia il fulcro dell’interesse nostrano nel Corno d’Africa. «C’è sicuramente un protagonismo italiano in un’area che per noi è cruciale e sensibile» dichiara non a caso la premier arrivando all’Hotel Sheraton, nella parte alta di Addis Abeba, città da 3,5 milioni di abitanti dove gli ultimi strascichi dei falliti sogni colonialisti di fine ‘800 e del Ventennio si mescolano con una pressante presenza cinese, evidente soprattutto nei cartelli sugli scheletri dei palazzi in costruzione. «Qui sono molte le materie sulle quali discutere e quella migratoria - sottolinea rispondendo ai cronisti Meloni - è una conseguenza, ma sono presenti le nostre aziende con investimenti e infrastrutture, che sono anche infrastrutture riferibili a quello che io chiamo il Piano Mattei per l’Africa, aziende italiane che stanno costruendo le linee principali». Il riferimento è ad esempio al ruolo del colosso WeBuild che con ben 6 dighe costruite sul Nilo azzurro - tra cui la “Gerd”, più grande del Continente ormai in via di completamento - si è affermata come uno dei protagonisti strategici dell’area, per quella influenza «non predatoria», a cui oggi sembrano ambire Meloni, l’Europa e gli Stati Uniti. A testimoniarlo - con il preciso intento di arginare cinesi e russi - il viaggio del segretario di Stato americano Anthony Blinken di due mesi fa, e le incombenti visite di Scholz e Macron. Oltre ad una fitta rete di eventi internazionali di cui il Continente sarà protagonista: dal vertice Fao di luglio e la conferenza di cooperazione co-organizzata da Onu e Italia in autunno. E proprio in autunno, a ottobre, si terrà anche il Summit intergovernativo biennale Italia-Africa, che appunto «potrebbe essere l’occasione giusta per presentare definitivamente in nostro Piano Mattei». In Italia, intanto, sui migranti si muove il centrodestra che ha presentato (tutti e tre i partiti insieme) un unico sub-emendamento per cancellare le protezioni speciali ai rifugiati. «Si torna ai decreti Salvini», dice la Lega. «Basta con le sanatorie per i clandestini», dichiarano Gasparri, Pirovano e Lisei, firmatari dell’emendamento. Previste anche restrizioni ai permessi di soggiorno per calamità e a quelli concessi per cure mediche. Le opposizioni protestano: «Il governo colpisce le vittime dei trafficanti», dice Riccardo Magi, +Europa. «Si aumenta l’illegalità», dice Francesco Boccia (Pd). Mentre dall’esecutivo fanno sapere che al momento non sono previste altre correzioni governative.

L’AFRICA

Tornando all’Etiopia, attorno al ruolo dell’Italia si muovono anche interessi altri rispetto alla crisi migratoria. «Questa nazione ha bisogno di sostegno finanziario e ce ne stiamo occupando, come stiamo facendo, in una situazione molto diversa, con la Tunisia» precisa infatti Meloni, alludendo alle risorse del Fmi. Un impegno ampio reso evidente non tanto dall’incontro con Abiy in aeroporto (già ricevuto a Roma lo scorso 6 febbraio), o dai faccia a faccia con il presidente dell’Unione Africana Moussa Faki e con il premier somalo Hassan Sheikh, quanto dall’incontro trilaterale che si terrà oggi con gli stessi Abiy e Sheikh. Le «relazioni storiche» rivendicate dalla premier, sono infatti il grimaldello con cui Meloni ha in mente di far dialogare Paesi che spesso sono stati in guerra tra loro. Il sanguinoso passato colonialista, rimasto impresso nei nomi delle stratte (“Merkato” ad esempio, è il nome del suk più grande di Addis Abeba) e nella festa nazionale che celebra ogni anno la vittoria di Adua, non imbarazza l’Italia che - anche investendo molto in fondi di cooperazione - già recita un ruolo apprezzatissimo. E infatti oggi la premier, prima di ripartire alla volta di Roma, visiterà l’istituto italiano statale Galileo Galilei, il più grande centro culturale italiano in Africa.

© RIPRODUZIONE RISERVATA
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