Doveva essere «lampo» e lampo è stato. Non doveva spaventare le cancellerie europee e il governo di Giorgia Meloni, prima donna a espugnare palazzo Chigi, non le spaventa: i ministeri sotto i riflettori di Bruxelles e degli alleati atlantici, dagli Esteri all’Economia, dalla Difesa agli Interni, saranno guidati da Antonio Tajani, Giancarlo Giorgetti, Guido Crosetto, Matteo Piantedosi.
E nessuno dei quattro ha curriculum o posizioni che potrebbero preoccupare Bruxelles o Washington. Sia sul fronte dei conti, sia su quello della guerra in Ucraina e delle politiche per la sicurezza. Eppure, c’è un evidente tocco identitario e sovranista nella squadra tirata su dalla leader di Fratelli d’Italia. Soprattutto nella denominazione dei vari dicasteri.
Il ministero dello Sviluppo economico, andato ad Adolfo Urso (FdI), d’ora in poi si chiamerà «delle imprese e del Made in Italy». Vecchio pallino, quest’ultimo, di Giorgia. Solo un ritocco al nome dell’Agricoltura, cui viene aggiunta la «sovranità alimentare». «Difenderemo i nostri prodotti», è corso a dire il nuovo ministro Francesco Lollobrigida (FdI). «È come in Francia», ha certificato Lorenzo Pregliasco. Il dicastero alla Scuola (al leghista Giuseppe Valditara) prende la denominazione «dell’istruzione e del merito». Altro evergreen di Meloni. Il ministero dell’Ambiente (al forzista Gilberto Pichetto Fratin) sarà pure alla «sicurezza energetica». E quello agli Affari europei, dove va Raffaele Fitto (FdI), si chiamerà anche delle «politiche di coesione territoriale e del Pnrr»; mentre il ministero del Sud destinato a Nello Musumeci (FdI) assocerà la denominazione «politiche del mare». Meloni l’aveva promesso in campagna elettorale e l’ha fatto. Infine la Famiglia, andata a Eugenia Roccella (FdI) si occuperà anche di «natalità».
C’è poi da dire che la squadra ha due vicepremier (Salvini e Tajani: quest’ultimo utile in caso di spappolamento di Forza Italia) e conta appena 6 donne (inclusa la premier). Erano 8 nel governo di Mario Draghi. In più l’esecutivo è marcatamente meloniano. Ha un’evidente impronta della leader. Giorgia - che ha dato 10 ministeri al suo partito, 5 alla Lega, 5 a Forza Italia, più 4 tecnici puri (secondo le previsioni dovevano essere di più) - ha voluto accanto a sé gli amici di una vita e i consiglieri più fidati: il cognato Lollobrigida, il consigliere Crosetto, i compagni di mille battaglie come Urso, Luca Ciriani (Rapporti con il Parlamento), Musumeci. E amici più recenti, ma ormai saldamente nell’inner circle di Meloni: Fitto, Carlo Nordio (Giustizia), Daniela Santanché (Turismo) e il direttore del Tg2 Gennaro Sangiuliano (Cultura).
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