Ue pronta a chiudere la missione Sophia, l'Italia punta a ottenere una proroga

Ue pronta a chiudere la missione Sophia, l'Italia punta a ottenere una proroga
di Cristiana Mangani
Lunedì 25 Marzo 2019, 12:00
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Tre mesi di proroga non sono bastati per trovare una soluzione. E così oggi, il Comitato per l'ordine e la sicurezza che si riunisce a Bruxelles, potrà decidere di dire stop alla missione Eunavfor Med Sophia. Quell'operazione istituita nel 2015 con il compito di contrastare il terrorismo e il contrabbando di armi e petrolio, ma anche di addestrare la Guardia costiera libica. Il governo italiano sta continuando a trattare con l'Europa per cercare di trovare un minimo punto di incontro sul nodo della ripartizione dei migranti soccorsi nel Mediterraneo. Qualcosa che consenta un nuovo rinvio tecnico. Due i ministeri concentrati sulla trattativa, quello degli Esteri e quello della Difesa che, con il sostegno del Colle, hanno avviato contatti con gli altri partner Ue per cercare di capire fino a che punto fossero disposti a cambiare le regole di ingaggio. Ma, al momento, le porte sembrano tutte chiuse. Tanto che il Servizio per l'azione esterna della Ue (Seae), guidato da Federica Mogherini, ha comunicato che oggi proporrà agli ambasciatori la chiusura definitiva dell'operazione antiscafisti.
 
In un documento che verrà distribuito durante la riunione, il Seae metterà anche sul tavolo la nascita di una nuova missione non esecutiva finalizzata esclusivamente all'addestramento della Guardia costiera libica. Le opzioni per dare una soluzione al dossier sembrano essere sostanzialmente tre: un nuovo rinvio tecnico, una modifica del mandato o il phasing out dell'operazione. Ma in assenza di novità la cosa più probabile è che la missione finisca. I tre mesi guadagnati con il rinvio non sono bastati per trovare punti di accordo. E difficilmente oggi potrà esserci il voto unanime dei 28. L'attuale piano operativo prevede che tutti i migranti soccorsi vengano sbarcati in Italia, questione inaccettabile per Roma, e in particolare per il ministro dell'Interno Matteo Salvini. Il governo M5s-Lega ha chiesto che si adotti il principio della rotazione dei porti di sbarco. E per sostenere la richiesta, ha minacciato la chiusura. Le altre cancellerie europee lo hanno letto come un ultimatum, e già un paio di mesi fa la Germania ha annunciato di non voler rinnovare la partecipazione. E, anche se le navi tedesche sono ancora presenti nel Mediterraneo, difficilmente per loro l'operazione andrà avanti.

La missione alternativa di cui parla il Seae potrebbe essere affidata a una guida francese, con Germania e Spagna già pronte ad aderire. E questo vorrebbe dire che l'Italia sarà sempre più isolata in Europa, e che ne risentirebbe il rapporto con la Libia, con la conseguenza di aprire la porta a una egemonia della Francia che non ha mai abbandonato le sue mire sul paese africano. Da qui, la necessità di prendere ancora tempo. Sperando magari di trovare una possibilità di dialogo più solido con quei paesi che sembrano aver mostrato maggiore sensibilità rispetto a una rotazione dei porti e a una ripartizione delle quote. Anche perché, nel caso di una missione alternativa varata dalla Ue, l'Italia non potrebbe rispondere con una operazione tutta sua: secondo quanto valutato dalla Difesa, infatti, i costi sarebbero di circa 150 milioni all'anno. Qualcosa che non possiamo permetterci. Il dato è stato ufficializzato dal ministro Trenta che ha previsto questa cifra come eventuale spesa supplementare. È stato poi sottolineato che il problema principale contestato da Salvini, e cioè la regola che impone di portare solo in Italia i migranti soccorsi, in realtà ha ormai dimensioni poco rilevanti. Nel corso dei tre anni e mezzo dall'avvio, sono state 45 mila le persone salvate dalle navi dell'operazione europea. Ma negli ultimi mesi il numero si è ridotto drasticamente: 106 contro i 13 mila soccorsi dalle autorità libiche grazie all'addestramento che proprio Eunavfor Med assicura alla Guardia costiera e alla Marina di Tripoli.
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