Ruspe in casa Di Maio, l'ultima chance del papà di Luigi è il ricorso al Tar

Ruspe in casa Di Maio, l'ultima chance del papà di Luigi è il ricorso al Tar
di Valentino Di Giacomo
Domenica 6 Gennaio 2019, 13:30 - Ultimo agg. 19:22
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Ruspe in casa Di Maio, ma stavolta non c'entra nulla il sempre più difficile rapporto tra il leader del Movimento 5 Stelle e il collega di governo, Matteo Salvini. Le pale meccaniche che dovranno entrare in funzione serviranno per abbattere tre manufatti costruiti illecitamente nella masseria del papà del vicepremier a Mariglianella: il comune dell'agro-nolano ha infatti spiccato un'ordinanza di demolizione lo scorso 2 gennaio, mettendo probabilmente una volta per tutte la parola «fine» alla vicenda degli abusi edilizi nella proprietà dei Di Maio.

Per scongiurare gli abbattimenti, Antonio, padre del vicepremier, aveva presentato un ampio dossier all'ufficio tecnico del comune di Mariglianella, ma gran parte delle controdeduzioni avanzate sono state respinte. I vigili, in un sopralluogo effettuato nella masseria lo scorso 29 novembre, avevano infatti rilevato quattro costruzioni abusive e soltanto una di queste potrà restare in piedi perché costruita prima del 1967, quando non erano richiesti titoli per l'edificazione. Per gli altri edifici, invece, non c'è quasi più nulla da fare. Dichiarato abusivo l'edificio adibito come deposito per la ditta edile di famiglia e anche la villetta dove il leader grillino da ragazzo riuniva gli amici per le sue feste ai bordi di una piscina in pvc. Nel provvedimento varato dal settore Urbanistica del comune di Mariglianella è stato fissato il termine di 90 giorni per eseguire l'ordinanza di demolizione che dovrà essere effettuata dagli stessi Di Maio. Trascorsi i tre mesi, qualora la famiglia del vicepremier non provvedesse ad adempiere, sarà lo stesso comune ad acquisire al proprio patrimonio le strutture. In quel caso gli abbattimenti ci sarebbero comunque e il costo delle operazioni addebitato a carico di chi ha commesso gli illeciti.
 
Resta solo un'ultima arma, seppur spuntata, nelle mani di Antonio Di Maio: fare ricorso al Tar. Un'ipotesi ancora non presa in considerazione dal papà del vicepremier dal momento che le prove degli abusi edilizi sarebbero schiaccianti. Per rilevare gli illeciti il comune si è servito di alcuni rilievi aerofotogrammetrici che attesterebbero la costruzione dei tre edifici in un periodo ben preciso: tra il 2002 e il 2005. Le riprese effettuate con i droni da Google Maps, relative al 2002, mostrano l'assenza dei manufatti che quindi sarebbero sorti in un periodo successivo e senza alcuna autorizzazione. Gli immobili abusivi compaiono invece in una cartografia commissionata dallo stesso comune di Mariglianella nel 2005. Questi i motivi che renderebbero un eventuale ricorso al Tar un tentativo piuttosto velleitario. Intanto l'ufficio comunale ha trasmesso l'atto alla procura di Nola che potrà valutare l'apertura di un fascicolo d'indagine sul caso. Un dossier è già stato avviato dai magistrati nolani, ma solo per il reato di abbandono di rifiuti per il quale è stato iscritto nel registro degli indagati Antonio Di Maio. Si tratta però solo di un atto d'ufficio, l'intero procedimento sarà archiviato non appena i rifiuti ritrovati all'interno della masseria al momento del sopralluogo, per gran parte materiale di risulta, saranno rimossi e l'area verrà bonificata. A dare notizia dell'ordine di demolizione è stato il sindaco di Mariglianella, Felice Di Maiolo, che non ha voluto commentare la vicenda, precisando però che le verifiche da parte del comune sono partite solo dopo le inchieste giornalistiche che avevano denunciato i possibili abusi edilizi. Solo grazie alle riprese aeree era infatti possibile individuare le costruzioni, non visibili ad occhio nudo dalle strade circostanti.

Chiusa questa vicenda, per il vicepremier potrebbe invece aprirsi un nuovo fronte giudiziario.

Carmelo Miceli, avvocato e membro della commissione Antimafia del Pd, ha infatti annunciato nei giorni scorsi di voler presentare un esposto alla procura di Napoli per la questione del passaggio dell'azienda di famiglia dei Di Maio, la Ardima, dal papà ai due figli. I riflettori sono puntati sui debiti contratti da Di Maio senior nei confronti del fisco. «Se una ditta spiega Miceli - chiude per debiti e trasferisce il proprio patrimonio ad un'altra è un reato molto grave punito dall'articolo 648 del codice penale». Solo un'ipotesi, che però stavolta vedrebbe indagato il vicepremier e non solo il papà.

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