La nave Diciotti e l'ultimatum del Viminale: ripartizione tra i paesi Ue come regola

La nave Diciotti e l'ultimatum del Viminale: ripartizione tra i paesi Ue come regola
di Michela Allegri
Lunedì 20 Agosto 2018, 08:00 - Ultimo agg. 12:15
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Una provocazione dai toni forti. Un ultimatum per ottenere una reazione a livello europeo, lanciato nella speranza che il caso «Diciotti» si risolva nelle prossime ore, visto che le trattative avviate dalla Farnesina con l'Ue sarebbero in fase avanzata. E, soprattutto, per arrivare a regolamentare in modo fisso le ripartizioni dei migranti tra gli Stati dell'Unione. La linea di Matteo Salvini è netta: in mancanza di collaborazione da parte degli Stati membri i 177 migranti a bordo della nave della Guardia costiera italiana verranno riportati in Libia. Dal Viminale, in realtà, dicono di essere «certi che si arriverà a breve a una soluzione». L'affaire «Diciotti» diventa un banco di prova per testare la possibilità di intese a lungo termine a livello europeo. L'intenzione finale del Viminale è quella di arrivare a una ripartizione ex ante dei naufraghi. Cioè stipulare accordi fissi, invece di discutere caso per caso. Tra le carte in tavola che fa valere Salvini ci sono anche le trattative in corso con la Germania per le migrazioni secondarie e l'intesa da poco raggiunta sulla questione «Aquarius»: se non ci sarà una soluzione condivisa, le negoziazioni rischiano di saltare.
 
Nel caso della motovedetta della Guardia costiera, il respingimento sarebbe l'ultima spiaggia, un'ipotesi che converrebbe scartare, perché potrebbe complicare ulteriormente gli assetti. E non sarebbe senza conseguenze. Il vicepremier sa che Tripoli non è considerata un porto sicuro. Tradotto: nessuna nave di un paese membro può riportare migranti in Libia, perché violerebbe la Convenzione di Ginevra, che vieta i respingimenti. L'Italia sarebbe quindi a rischio sanzione. Il ministro dell'Interno è consapevole del rischio, ma è determinato a tenere il punto, forte anche dell'appoggio del ministro alle Infrastrutture, Danilo Toninelli, nel braccio di ferro ingaggiato da giorni con La Valletta.

Trapela però un certo imbarazzo tra i due per l'intervento - senza preavviso - della Guardia costiera in zona Sar maltese, giustificato come emergenza, ma definito dalla Valletta addirittura un'«interferenza». Dal Viminale assicurano che i rapporti tra Salvini e Toninelli sono solidi e non sono in discussione. La linea ufficiale - quella social - è la difesa della Guardia costiera da parte del ministero competente e l'attacco frontale a Malta. Ma sembra che, in realtà, l'intenzione sia quella di chiarire le dinamiche dell'intervento di salvataggio avvenuto 5 giorni fa, soprattutto di fronte alla netta smentita fatta dal governo maltese della versione italiana. Del resto, già il Viminale, con la decisione di negare - almeno per il momento - l'approdo, ha messo sotto accusa la scelta della Guardia costiera, che ha agito «tenendoci all'oscuro», aveva scritto Salvini in un tweet. «Non è la prima volta che ci mettono in situazioni simili», dicono dal Viminale. Un mese fa, per sbloccare la situazione la Diciotti al largo in attesa di un porto era intervenuto il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Del resto, la differenza di vedute tra il ministro dell'Interno e il comando generale della Guardia costiera è nota. In giugno, mentre infuriava la polemica sui salvataggi fatti dalle Ong e Salvini invitava a non rispondere ai loro sos, il comandante generale Giovanni Pettorino, in un'intervista, diceva: «Abbiamo risposto sempre, sempre rispondiamo e sempre risponderemo a ogni chiamata di soccorso. È un obbligo giuridico e morale».

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