Nave Open Arms riparte verso la Libia, denuncerà Tripoli ma non l'Italia

Nave Open Arms riparte verso la Libia, denuncerà Tripoli ma non l'Italia
Domenica 22 Luglio 2018, 22:32 - Ultimo agg. 24 Luglio, 09:32
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La Open arms, nave della ong spagnola Proactiva Open arms, ha sciolto gli ormeggi dal porto di Maiorca e nel pomeriggio è ripartita per la 48a missione verso la zona dei soccorsi al largo della Libia. 

 Alle spalle, la «brutta batosta» del salvataggio del 17 luglio segnato da due cadaveri e dagli occhi fissi di paura di Josefa, la donna recuperata in mare dopo 48 ore alla deriva. Ma per quella storia, come precisa Roberto Gatti, capo missione dell'imbarcazione, la ong non ha denunciato l'Italia.

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«La nostra denuncia è contro il capitano del mercantile libico Triades per omissione di soccorso e omicidio colposo», oltre al capitano della motovedetta della Guardia Costiera libica e a eventuali altre navi coinvolte. Ma lo Stato maggiore navale della Libia non ci sta: «Smentiamo e rigettiamo categoricamente le calunnie», replicano chiedendo «una commissione d'inchiesta neutrale».

 


La nave catalana, ripartita con 19 uomini e donne a bordo (anche il leader di sinistra italiana Nicola Fratoianni), prende il largo seguita dall'ironia del ministro degli Interni Matteo Salvini, da giorni protagonista del ping pong di dichiarazioni e «no» lanciati sui social.

«Contrordine compagni!», scrive il vicepremier su Facebook commentando la mancata denuncia contro il governo italiano, a differenza di quanto diffuso ieri sui media. «Spero che la procura spagnola indaghi sulla Guardia Costiera libica e italiana», aveva detto il fondatore di Open Arms, Oscar Camps nella conferenza stampa post sbarco. E secondo il Diario de Mallorca, uno dei principali quotidiani dell'isola, Josefa aveva intenzione di denunciare la Libia e l'Italia per quanto successo. Salvini comunque prende atto della novità e rilancia sottolineando che la ong ha «sottoposto una naufraga a quattro giorni di navigazione portandola in Spagna (nonostante avessimo dato disponibilità di attracco, per assistenza e cura, in un porto siciliano)».

La Libia si scaglia più duramente contro Open Arms, convinta che la denuncia «faccia parte di una campagna sistematica guidata dalle ong». Poi smentisce le accuse dell'organizzazione di Camps sostenendo che «è illogico che una pattuglia salvi 165 migranti e lasci due donne e un bambino mentre sono usciti solo per salvarli». E alla nave consiglia di «operare in acque spagnole» dove c'è «un afflusso crescente di migranti illegali provenienti dall'Africa occidentale e dal Marocco», invocando anche il rischio sovranità: «È bizzarro che un'organizzazione non governativa spagnola ripeschi i migranti illegali nelle acque libiche e li porti in Italia, come se la Libia e l'Italia fossero due stati sotto la Corona spagnola. Questo mina in modo chiaro la sovranità della Libia e dell'Italia», conclude.

Parole di dolore e fermezza arrivano da piazza San Pietro.
Durante la preghiera dell'Angelus il Papa ha citato i recenti «naufragi di barconi carichi di migranti nelle acque del Mediterraneo» e ha espresso il suo dolore per questo. Poi ha lanciato «un accorato appello» alla comunità internazionale: «Agisca con decisione e prontezza - ha chiesto - onde evitare che simili tragedie abbiano a ripetersi, e per garantire la sicurezza, il rispetto dei diritti e della dignità di tutti».
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