Processo civile, niente riforma senza intelligenza artificiale

Processo civile, niente riforma senza intelligenza artificiale
Processo civile, niente riforma senza intelligenza artificiale
di Angelo Ciancarella
Domenica 22 Agosto 2021, 07:45 - Ultimo agg. 07:52
5 Minuti di Lettura

Dopo la riforma del processo penale dovrebbe ripartire quella civile, ferma da un anno e mezzo al Senato e alla quale la ministra Cartabia, alla luce dell'obiettivo europeo di ridurre del 40% in cinque anni la durata media, attribuisce un rilievo decisivo. Ma davvero la perfezione del rito rappresenta la condizione principale per conseguire l'obiettivo?

L'esperienza degli ultimi decenni, nonostante la riduzione dell'arretrato e della durata media, non conferma questa tesi: non emerge alcuna correlazione fra l'andamento dei flussi e le decine di interventi migliorativi (nelle intenzioni) delle regole processuali o di potenziamento, strutturale o temporaneo, degli organici (giudice di pace, giudice unico e monocratico, giudici onorari e ausiliari, sezioni stralcio). E la durata dei processi è del tutto indipendente dal peso dell'arretrato.

L'analisi di lungo periodo mostra un forte aumento delle pendenze fino al 2010 (+54% rispetto al 2000; +160% rispetto al 1990) a cui corrisponde una inattesa riduzione dei tempi medi (-8,4% rispetto al 2000), che peraltro ancora nel 2020 (-18,7% sul 2010) restano i peggiori d'Europa dopo la Grecia, come ha confermato il mese scorso la Commissione europea nel Justice Scoreboard 2021 (Il Messaggero del 9 luglio).

Se ai due gradi di merito si aggiunge la Cassazione, il processo dura non meno di sette anni.

Ed è solo una media generale, oltretutto ben peggiore in materie importanti sul piano economico come i brevetti o i fallimenti. I miglioramenti sono in parte dovuti al processo civile telematico (appena approdato, dopo dieci anni, in Cassazione grazie al Covid) e al lento incremento delle mediazioni. Su questa strada bisogna insistere e incentivare, come prevede anche il disegno di legge, insieme al potenziamento dell'ufficio del processo. Sulla procedura, invece, si assiste a un continuo e improduttivo andirivieni fra processo ordinario, rito sommario, riti speciali, fino all'incredibile vicenda del processo societario, del tutto inadeguato e abrogato dopo pochi anni. E ora si vorrebbe modificare ancora il codice del processo. Solo una radicale svolta tecnologica e organizzativa potrebbe davvero cambiare la prospettiva e conseguire gli obiettivi di riduzione dei tempi.

LA RICOGNIZIONE

Ma, al di là delle migliaia di assunzioni di personale anche con profili tecnici ed economici, un vero piano per la giustizia digitale, solo evocato nel Pnrr, è ancora tutto da concepire. In febbraio la direzione generale per i Servizi informativi automatizzati consegnò alla neoministra Cartabia la «Ricognizione della digitalizzazione del processo e della transizione digitale». Il documento spiega quanto potrebbero crescere la rapidità e l'affidabilità delle decisioni, grazie a un uso evoluto della gigantesca mole di dati contenuti nei fascicoli del processo civile telematico, e dell'intelligenza artificiale per l'analisi della giurisprudenza. Ma ammette che il potenziale big data della giustizia digitale è oggi utilizzato come se fosse analogico: un grande archivio elettronico, in cui ogni nuovo file si aggiunge al faldone virtuale del singolo processo. Non analizza i dati né elabora statistiche, non estrae massime di giurisprudenza né individua i precedenti nei casi analoghi.

Gran parte delle acquisizioni avviene tuttora con la spedizione alle singole cancellerie di una busta telematica via posta elettronica certificata, anziché con il caricamento degli atti su una piattaforma digitale protetta. L'interruzione del servizio è frequente. All'inizio di luglio la direzione generale, da sempre guidata da un magistrato, è stata affidata a Vincenzo De Lisi, ingegnere con lunga esperienza, anche in imprese multinazionali, di gestione e consulenza nel settore dell'Ict. È auspicabile che possa operare in stretta sinergia con il ministero della Transizione digitale per l'automazione dell'intera Pubblica amministrazione e dei servizi, finanziata con i fondi del Next Generation Eu.

Ponte Genova, Cartabia rassicura parenti vittime: "Processo non sarà vanificato"

Il desiderio di una svolta si coglie anche in un paio di commi inseriti dalla ministra Cartabia nella delega sul processo penale approvata dopo il lungo braccio di ferro fra i partiti su prescrizione e improcedibilità. Prevedono un «Piano triennale per la transizione digitale dell'amministrazione della giustizia» di concerto con l'Innovazione e la Pubblica amministrazione, «per la gestione unitaria () delle risorse tecnologiche, le dotazioni infrastrutturali e le esigenze formative (per la) digitalizzazione del processo». Non saranno in vigore prima di ottobre, ma è augurabile che i tre ministeri siano già al lavoro sul Piano. E allora, perché insistere sulla riforma del processo civile, una delega che nella migliore delle ipotesi sarà attuata a fine 2022?

Giustizia, scossa di Conte ai ribelli M5S: sì alla fiducia o siete fuori dal Movimento

AVVOCATURA CONTRO

Non è divisiva fra i partiti come quella penale, ma è contrastata dall'avvocatura, oggi compatta nell'opporsi alla riforma. A fine luglio i presidenti delle istituzioni forensi lo hanno detto chiaramente alla ministra, in visita al loro congresso. L'Accademia non è da meno. Benché il testo governativo derivi dalle proposte della commissione Luiso, professore ed esponente dell'Associazione fra gli studiosi del processo civile, la stessa associazione (già radicalmente contraria alla versione del ministro Bonafede) critica duramente gli emendamenti: «Cambiare per cambiare non ha senso. Sulle nuove regole si litigherà e si discuterà per molti anni. Il processo, oltre ad essere celere, deve fornire sentenze giuste», che sarebbero tutt'altro che garantite dalle preclusioni. Significa che prove, richieste, liste testimoniali, tutto dovrebbe essere esposto alla prima udienza. Sembra ragionevole, ma agli avvocati non piace (anche per il rischio di azioni di responsabilità da parte degli assistiti).

© RIPRODUZIONE RISERVATA