Prove tecniche per un nuovo Centro: al via il laboratorio Sicilia

Prove tecniche per un nuovo Centro: al via il laboratorio Sicilia
di Valentino Di Giacomo
Venerdì 11 Febbraio 2022, 23:45 - Ultimo agg. 13 Febbraio, 08:24
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«Ho parlato con Berlusconi, mi candido io alla presidenza della Regione». Sono bastate poche parole al presidente dell’Assemblea regionale siciliana e coordinatore di Fi sull’isola, Gianfranco Micciché, per mandare in frantumi ciò che restava del centrodestra e far presagire cosa potrà accadere di qui in avanti alle prossime elezioni politiche: la nascita di un Grande Centro, coalizione di centrodestra spaccata e la Lega di Salvini che dovrà scegliere se restare nell’alveo sovranista con Giorgia Meloni o aprirsi all’ala centrista. Basta semplicemente guardare a cosa accade in Sicilia, qui dove è più vivo che mai il laboratorio del “Grande Centro”. Qui Micciché - spaccando Forza Italia e la coalizione - ha deciso di scendere in campo, ma il suo principale alleato sarà soprattutto Italia Viva, il partito di Matteo Renzi che non ha mai interrotto il suo dialogo con il presidente dell’Ars. Un’autocandidatura che manda in soffitta il vecchio centrodestra, con Giorgia Meloni che aveva da poco benedetto la ricandidatura dell’attuale governatore siciliano Nello Musumeci. Berlusconi, pur tirato in ballo, al momento è rimasto in silenzio e altrettanto lo stato maggiore di Fi che non vuole affrettarsi in rotture, ma che neppure ha stoppato pubblicamente le mire di Micciché. La questione, infatti, non va derubricata a vicenda locale con la guerra aperta tra il presidente dell’Ars e il governatore siciliano, ma può essere solo il primo passo verso un completo stravolgimento delle attuali alleanze anche a livello nazionale, tanto più se il Parlamento desse il via libera ad una modifica della legge elettorale in senso proporzionale. E intanto il “Grande Centro” segna un primo inizio in Sicilia con un pezzo di Forza Italia, i renziani, l’Udc di Cesa, Noi con l’Italia di Lupi, Coraggio Italia di Toti e Brugnaro. 

La mossa di Micciché in Sicilia è divenuta da subito una battaglia campale nazionale anche in Forza Italia. Non è un caso se subito l’ex presidente del Senato, Renato Schifani, personaggio di peso e ascoltatissimo dal Cavaliere, ha stoppato le iniziative del coordinatore che l’altro ieri aveva convocato una riunione di fedelissimi a Palermo per mettere a punto sua discesa in campo. «Non ho ricevuto alcun invito - ha accusato Schifani - ma credo sia doveroso riflettere sulla palese violazione delle regole di trasparenza nella gestione del partito».

E poi, a ruota, sono arrivate altre “frenate” da Roma e da Palermo sulla corsa di Micciché. Una scelta che, mentre si consumano gli strappi in Fi, interroga però anche la Lega. Anche Salvini dovrà scegliere se stare con la destra sovranista di Meloni (che appoggerà Musumeci) o con i centristi. Per ora lo stop è giunto dal leader siciliano del Carroccio, Nino Minardo, che ha rimandato il tema delle candidature. Il prossimo maggio si voterà per le Comunali a Palermo, entro novembre ci saranno le Regionali siciliane, proprio pochi mesi prima dalla fine dell’attuale legislatura e le prossime elezioni politiche. La situazione incandescente sull’isola può essere solo il trailer del film ancora da proiettare su scala nazionale. Alla finestra anche “le colombe” di Fi capitanate dai ministri Carfagna, Gelmini e Brunetta.

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Le interlocuzioni tra Italia Viva e gli emissari di Micciché vanno avanti da mesi sull’isola. Lo scorso ottobre Renzi e il coordinatore di Fi si incontrarono anche a cena a Firenze. Contatti che poi, complice l’elezione del presidente Mattarella con i grandi elettori riuniti a Roma per votare, sono proseguiti nelle scorse settimane. Non sorprende se il primo avallo alla discesa in campo di Micciché sia arrivato proprio da un esponente sull’isola di Iv, Nicola D’Agostino. Il piano, a livello nazionale, è mettere insieme tutte le anime centriste già forti sui rispettivi territori: Micciché e Saverio Romano in Sicilia, Mastella in Campania, Toti in Liguria, Lupi in Lombardia, Brugnaro in Veneto, la capillarità dell’Udc. E non può escludersi un coinvolgimento anche in altre Regioni, come ad esempio la Puglia del Democrat Michele Emiliano. L’idea è rafforzare il centro e dovranno poi essere gli altri blocchi - a destra (Salvini) o a sinistra (Pd e M5s) - a doversi contendere l’appoggio dei centristi tanto più se la prossima legge elettorale fosse decisa con una chiara prevalenza del proporzionale. Per questo se gli emissari di Salvini in Sicilia hanno rimandato la discussione sulle candidature, altrettanto ha fatto il segretario regionale del Pd, Anthony Barbagallo, spiegando solo che il «percorso è difficile». La politica resta, però, l’arte del possibile.

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