Fondi Ue 2021-27, all'Italia vanno 43,6 miliardi: 31,7 andranno al Mezzogiorno

Fondi Ue 2021-27, all'Italia vanno 43,6 miliardi: 31,7 andranno al Mezzogiorno
di Nando Santonastaso
Mercoledì 20 Luglio 2022, 07:00 - Ultimo agg. 18:14
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Nessuno poteva prevedere che la firma dell'Accordo di partenariato per i Fondi strutturali europei 2021-2027, l'architrave della Politica di coesione, cadesse alla vigilia del giorno più difficile per il governo Draghi. E fatalmente né la Commissaria Ue agli Affari regionali, la portoghese Elisa Ferreira, né tanto meno il ministro per il Sud Mara Carfagna hanno potuto evitare in conferenza stampa le inevitabili domande sul tema. La prima ha risposto che «in Europa non ci sono molte persone che abbiano il prestigio e le capacità di Mario Draghi». E ha aggiunto: «La Commissione europea non entra e non commenta gli affari interni degli Stati, ma quello che posso dire è che volevo fortemente essere qui in presenza per dare un segno all'Italia della fiducia da parte dell'Europa. L'Italia riuscirà a superare questa crisi, senza sprecare questa opportunità meravigliosa di sfruttare le risorse messe a disposizione per risolvere i suoi tanti problemi». Più stringata Carfagna: «Mi dispiace davvero che questa giornata cada in uno dei momenti più complessi per il governo e per il Paese. Abbiamo voluto comunque confermarla perché l'Accordo di Partenariato estenderà i suoi effetti ben oltre le emergenze di questo momento. Ritengo un atto di serietà presentarlo ai cittadini con il rilievo che merita».

Ed effettivamente il ciclo di programmazione dei Fondi strutturali europei 2021-2027 di novità non ne ha poche. A cominciare dalle risorse assegnate all'Italia, mai così tante, il 22% in più del ciclo precedente: 43,6 miliardi, comprensivi delle risorse del Fondo per la Transizione Giusta (una new entry assoluta), di cui 31,7 andranno al Mezzogiorno.

A questi vanno aggiunte le risorse nazionali del co-finanziamento pari a 32,6 miliardi anche queste incrementate di oltre il 6 per cento rispetto al passato - che portano il totale degli investimenti a oltre 75 miliardi di euro. La distribuzione tra le aree del totale, al netto della quota riservata alla Cooperazione Territoriale Europea, prevede che alle regioni meno sviluppate (tutte al Sud) vadano 46,5 miliardi di euro (il 63% del totale), alle regioni più sviluppate 23,8 miliardi (32%) e alle regioni in transizione 3,6 miliardi (5%). A proposito di queste ultime va notato che oltre all'Abruzzo sono finite in questa sorta di purgatorio, anche Marche e Umbria, a riprova del fatto che la crisi economica e sociale del Paese, aggravata dalla pandemia, sta avvicinando sempre di più il Centro Italia al Mezzogiorno. E non è sicuramente una buona notizia. 

Come verranno spesi questi soldi, atteso che il ciclo 2014-2020 si completerà solo l'anno prossimo, con i tre anni aggiuntivi previsti dall'Ue? In dieci Programmi operativi nazionali, tre in meno rispetto alla precedente programmazione, e soprattutto nei singoli Programmi regionali (e delle Province autonome) che ancora una volta assorbiranno la quota maggiore di risorse (48,4 miliardi contro 25) anche se dalle tabelle riepilogative emerge un'apparente anomalia da chiarire: perché la dotazione dei programmi regionali del Sud si riduce con i contributi nazionali da 31,2 a 26,9 miliardi?

La novità più rilevante, voluta espressamente dalla Carfagna, è l'introduzione del Programma nazionale Equità nella salute destinato esclusivamente al Mezzogiorno con una dotazione di oltre 680 milioni che mira a integrare sul territorio le misure per ridurre il divario di assistenza e di organizzazione sanitaria dei territori. «Accanto ad esso il potenziamento del programma dedicato alle Città metropolitane, che si amplia e si estende anche alle città medie del Sud per la riqualificazione delle periferie» spiega il ministro mentre il Programma collegato al Fondo per la Transizione Giusta, introdotto per la prima volta a livello europeo, individua al Sud (Sulcis-Iglesiente in Sardegna e Taranto) le due aree in cui dovrà essere affrontato l'impatto sociale, occupazionale, economico ed ambientale della transizione verso un'economia climaticamente neutra.

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Tutte le risorse dei Fondi strutturali europei saranno complementari al Pnrr e al Fondo sviluppo coesione: niente sovrapposizioni e duplicazioni, insomma, come lo stesso Draghi più volte ha ricordato. Ma naturalmente la vera sfida, che è poi quella poi di sempre, riguarderà la capacità di spesa. In base all'ultimo monitoraggio ufficiale (31 dicembre 2021) quella rendicontata dalla Commissione Ue non superava il 46,3% del totale (61,8 miliardi le risorse in campo). È vero che in genere l'accelerazione arriva nell'ultima fase della programmazione ma non sarà semplice spendere in due anni quello che a gennaio 2022 ammontava a 33 miliardi di euro. Lo sottolinea anche il leader nazionale di Fratelli d'Italia Giorgia Meloni (e il capogruppo al Parlamento europeo Raffaele Fitto) che teme il disimpegno di quei soldi e accusa il governo Draghi di «un ritardo clamoroso che non giustifica affatto i trionfalismi e i proclami degli esponenti dell'Esecutivo» dal momento che «i regolamenti per l'utilizzo di questi fondi sono stati approvati oltre un anno e mezzo fa». Nessun trionfalismo, replica Carfagna a stretto giro: l'Accordo è «il primo sottoscritto da uno dei tre grandi percettori dei Fondi Ue (Italia, Spagna e Polonia)» e i sei mesi trascorsi tra la notifica del testo a Bruxelles e la sua approvazione mi sembrano un tempo molto rapido per un'intesa di questa portata». 

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