Pd, il giallo della candidatura di Renzi e scoppia la rivolta delle donne

Matteo renzi
Matteo renzi
Venerdì 7 Dicembre 2018, 20:22 - Ultimo agg. 20:29
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Mancano cinque giorni dal termine entro cui presentare le candidature al congresso del Pd, e l'ennesimo ipotetico coup de theatre, scuote i Dem. Si tratta della voce, girata vorticosamente per tutto il giorno in Transatlantico, che Matteo Renzi stia valutando l'ipotesi di candidarsi al congresso, dopo giorni e giorni di indiscrezioni e altrettante voci di un nuovo movimento sotto la sua egida. Una voce che in queste ore destabilizza il dibattito interno, con il rischio - si ragiona - che si riconcretizzi un duello sul referendum pro o contro l'ex segretario.

L'interessato in serata scrive su Twitter: «Faccio il segretario, mi colpisce il fuoco amico. Mi dimetto e mi chiedono di stare in silenzio. Sto zitto e mi chiedono di parlare. Un giorno devo andarmene, un giorno fare il segretario. Ma possiamo parlare di politica anziché parlare tutti i giorni di me?». Graziano Delrio, parlando al Forum Ansa, lancia la proposta che tutti i candidati diano vita a una «cabina di regia» del Pd in modo che il partito «parli con un'unica voce» sui temi che interessano il Paese. Mercoledì 12 dicembre scadrà il termine per presentare le candidature corredate dalle firme (1.500 raccolte tra gli iscritti di cinque regioni diverse) e dopo il ritiro di Marco Minniti, i renziani si stanno interrogando sul da farsi.

Stefano Ceccanti propone di presentare comunque un nuovo candidato riformista, anche a costo di finire in minoranza dopo il congresso. Se c'è chi pensa, come ad esempio Beppe Sala, che l'ex segretario lascerà il Pd, la voce sulla candidatura di Renzi, di cui è stato difficile capire l'origine, non viene smentita o confermata dall'interessato. Ceccanti ha invitato i giornalisti a «non escluderla», altri renziani come Antonello Giacomelli l'hanno liquidata: «non state appresso alle sciocchezze. Oggi è una giornata di riflessione non ci sono novità».

«Quando Matteo ha qualcosa da dire - osserva una altro esponente Dem - lo dice a viso aperto, non si affida a chiacchiere da Transatlantico». D'altra parte in mattinata c'era chi era andato da Lorenzo Guerini a chiedergli di farsi promotore di una iniziativa per fermare le macchine fino a dopo le europee: Paolo Gentiloni segretario reggente, tutti i candidati suoi vice. Ma «Paolo non ci sta» ha osservato Guerini. Il punto è che la macchina del congresso è partita ed è difficile fermarla. Graziano Delrio, parlando al Forum dell'Ansa, ammette l'errore di non averlo fatto prima per «concluderlo a dicembre» come nel 2013.

Che fare dunque? C'è anche il rischio di una crisi di governo a gennaio mentre i Dem sono impegnati nel congresso.
Ad accentuare la tensioni è stata poi una nota dell'associazione delle donne Dem, trasversale a tutte le aree e le candidature, guidata da Francesca Puglisi. Visto che tutti i candidati uomini stanno facendo accordi o squadre in cui le donne sono escluse, ecco la minaccia: «il congresso fatevelo da soli. Non abbiamo bisogno del capo di turno che ci legittimi, nè di uomini che non vedono al di là del loro pisello».
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