Pensioni, mezzo milione di “pensionabili”: scuola e sanità i comparti a rischio

Pensioni, mezzo milione di “pensionabili”: scuola e sanità i comparti a rischio
​Pensioni, mezzo milione di “pensionabili”: scuola e sanità i comparti a rischio
di Andrea Bassi
Martedì 7 Luglio 2020, 00:45 - Ultimo agg. 13:45
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Che la pubblica amministrazione fosse “vecchia” lo si sapeva. Ma i dati resi noti dal Centro studi Data Insight del Forum della Pa, fanno scattare più di un campanello d’allarme. Nei ranghi delle amministrazioni ci sono 540 mila dipendenti che hanno superato i 62 anni di età, la soglia prevista da Quota 100 per poter lasciare in anticipo il lavoro. Altri 190 mila dipendenti hanno un’anzianità contributiva superiore a 38 anni (l’altra soglia del pensionamento anticipato). La Pubblica amministrazione, insomma, rischia una emorragia di lavoratori nei prossimi mesi che, avverte la ricerca del Forum della Pa, rischia di mettere in affanno servizi essenziali. Soprattutto sanità e scuola. Nella prima ci sono 105 mila “pensionabili” già quest’anno. Le 20 mila assunzioni di medici e infermieri fatte durante il periodo dell’emergenza del Covid-19, delle quali soltanto 11 mila a tempo indeterminato, sono state solo un palliativo. Nella scuola ci sono 229 mila lavoratori che hanno superato i 62 anni di età. «Nemmeno l’emergenza educativa», scrivono gli esperti del Forum della Pa, «è riuscita ad accelerare i tempi per i concorsi della scuola che, usciti a fine aprile per reclutare oltre 62.000 docenti si potranno svolgere nel prossimo autunno per poter poi far entrare in ruolo i nuovi docenti solo nel prossimo anno scolastico. Un altro anno», avverte il dossier, «forse il più difficile, di precariato per i docenti delle scuole».

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Il risultato è che, secondo le simulazioni contenute nello studio, entro il 2021 i pensionati del pubblico impiego supereranno i dipendenti. A fronte di 3,2 milioni di impiegati i pensionati sono «già» 3 milioni, viene fatto notare. «Un numero in crescita costante e destinato a salire» perché i pensionabili, come detto, oggi sono molti. 

La ricerca ha restituito altri spunti al dibattito. Lo «smart working» avviato durante l’emergenza epidemiologica pare essere stato apprezzato molto dai lavoratori. Per 7 lavoratori su 10 è stata assicurata totale continuità al lavoro, per il 41,3% l’efficacia è persino migliorata; per il 61% la nuova cultura di flessibilità e cooperazione prevarrà anche finita l’emergenza. Il ministro della Funzione pubblica, Fabiana Dadone, intervenuta in apertura al Forum, ha ribadito la sua volontà di proseguire l’esperienza del lavoro agile. «Puntiamo a mantenere lo smart working non in maniera ordinaria come nella fase emergenziale», ha spiegato il ministro, «ma tra qui e fine anno per il 50% dei lavoratori che svolgono attività eseguibili in modalità agile. E, da gennaio, al 60% attraverso il Pola (Piano organizzativo del lavoro agile)». 
 


Un entusiasmo, quello sullo smart working, non condiviso dal leader della Lega Nord Matteo Salvini. «Lasciare in smart working fino a dicembre i lavoratori del pubblico impiego», ha detto ieri intervistato da TgCom24, «mi sembra irrispettoso verso gli altri lavoratori, quelli del privato e gli autonomi. Molti da casa lavorano, altri da casa lavorano un po’ meno». Un dibattito destinato ad alimentarsi nelle prossime settimane.
 

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