Pnrr, stretta sui controlli della Corte dei conti. «Ora scelte strategiche»

Braccio di ferro toghe-governo. Stop alle verifiche sui fondi Ue

Pnrr, stretta sui controlli della Corte dei conti. «Ora scelte strategiche»
di Francesco Bechis
Giovedì 1 Giugno 2023, 00:23 - Ultimo agg. 2 Giugno, 09:35
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 Detto, fatto. Il governo andrà avanti sul Pnrr senza la Corte dei Conti. Due emendamenti della maggioranza presentati ieri al decreto legge sulla Pubblica amministrazione mettono un freno ai controlli dei magistrati contabili sulla realizzazione del piano di ripresa europeo. Il primo sottrae il Pnrr al controllo “concomitante” della Corte, cioè alle verifiche preventive sull’andamento del piano insieme al Parlamento. Il secondo estende di un anno, fino a giugno 2024, lo “scudo erariale” per gli amministratori che gestiscono i fondi europei.

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IL BRACCIO DI FERRO
Mentre si complicano le trattative con la Commissione europea per l’erogazione della terza rata del piano da 19 miliardi di euro Palazzo Chigi va al braccio di ferro con la Corte dei Conti che ha ripetutamente espresso critiche sulla gestione delle risorse europee. «Nessuna polemica» assicura il ministro agli Affari europei Raffaele Fitto presentando in conferenza stampa la relazione semestrale sul Pnrr, una radiografia di 170 pagine sul cammino del piano Ue e gli ostacoli che lo hanno finora rallentato.

La stretta sui controlli delle toghe però c’è e il governo la rivendica. Dice Fitto: «C’è il massimo rispetto verso la Corte dei Conti, ovviamente chiediamo ai nostri interlocutori di fare lo stesso». Poi il ministro difende la nuova norma che rende contestabile il danno erariale solo in caso di dolo e inerzia e non per colpa grave, «è una norma del governo Conte rinnovata dal governo Draghi, non capisco perché solo ora tutte queste polemiche». A fare rumore però è soprattutto l’emendamento che promette di sfilare il dossier Pnrr dal collegio “concomitante” della Corte. Un organo che esiste dal 2009 ma solo da tre anni si è concentrato - e ultimamente “accanito”, è il refrain a Palazzo Chigi - sul rispetto dei vincoli del Recovery.

A dispetto dei toni più o meno concilianti, resta alta la tensione tra governo e magistrati alla vigilia dell’incontro che avrebbe dovuto sbrogliare la matassa. Oggi infatti Fitto, insieme ai sottosegretari Giovanbattista Fazzolari e Alfredo Mantovano, il primo fautore della “linea dura” sulle toghe contabili e il secondo, da ex magistrato, per la distensione - riceveranno a Piazza Colonna il presidente della Corte Guido Carlino, il presidente aggiunto Tommaso Miele, il procuratore generale Angelo Canale e il segretario generale Franco Massi. Dialogo che parte da posizioni distanti, antitetiche. E nel frastuono delle polemiche sollevate ieri dalle opposizioni. Il freno ai controlli della Corte è «vergognoso e inaccettabile» tuona il capogruppo del Pd al Senato Francesco Boccia, «siamo di fronte a un’intollerabile alterazione dell’equilibrio dei poteri». Da Più Europa attacca Riccardo Magi: il governo si «è fatto beffe» del monito del Quirinale contro i decreti omnibus e gli emendamenti su materie estranee. Ieri tutti i gruppi di opposizione hanno presentato al presidente della Camera i rispettivi ricorsi contro gli emendamenti nella bufera. Intanto però la tagliola resta. Se andrà in porto, lascerà alla sola Commissione europea, oltre che al Parlamento, l’onere di verificare la tabella di marcia del Pnrr. È questo l’obiettivo dichiarato del governo e di Fitto alla luce di alcuni interventi dei magistrati ritenuti «invasioni di campo». Come la recente proposta formulata dalla Corte di “sanzionare” i dirigenti ministeriali responsabili del ritardo scontato dai bandi per le colonnine elettriche ad idrogeno, un target della quarta rata di giugno che la Commissione ancora non ha verificato. 


LE GARANZIE
A Bruxelles il governo invia comunque segnali distensivi in vista della maratona estiva del piano europeo. «Un’opportunità straordinaria per l’Italia» sostiene la premier Giorgia Meloni nell’introduzione alla relazione semestrale, ribadendo però la «necessità di aggiornare il piano». Come? Con «scelte strategiche, chiare ed efficaci», riprende la leader di FdI rassicurando la Commissione: la missione resta «dare attuazione a tutto il piano». Certo il quadro dipinto dal rapporto presentato da Fitto non è dei più rosei. Finora, complici i ritardi accumulati dai precedenti governi, è stato speso un euro su otto ricevuti da Bruxelles. Di qui il lavorio di Fitto per spostare risorse dagli obiettivi nel pantano al “Repower EU”, il capitolo contro il caro-energia che per l’Italia può valere più di 20 miliardi. Lavori in corso, assicura il ministro, per le revisioni l’Italia rispetterà la scadenza del 31 agosto. «Non ci ridurremo all’ultima notte». 
 

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