Striscioni anti-Salvini, tensione nel governo. Di Maio: rischio piazze

Di Maio a Salvini: «Troppa tensione sociale». La replica: «Uniche minacce contro di me»
Di Maio a Salvini: «Troppa tensione sociale». La replica: «Uniche minacce contro di me»
Lunedì 13 Maggio 2019, 19:33 - Ultimo agg. 14 Maggio, 12:40
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Una «tensione sociale palpabile» che surriscalda le piazze e fa emergere gli opposti estremismi «come non succedeva da anni». La denuncia è firmata da Luigi Di Maio e ha come bersaglio il «suo» ministro dell'Interno, Matteo Salvini. A due settimane delle europee, il leader M5s dà fiato ad accuse venute finora da sinistra: c'è un'escalation di tensioni e violenza. Di Maio cita le manifestazioni «pro» e «anti» Lucano a La Sapienza e due episodi registrati in comizi di Salvini. L'accusa M5s al ministro dell'Interno è pesante: di fermare i suoi contestatori con «sequestri di telefonini, persone segnalate, striscioni ritirati».

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La risposta del leader leghista è assai tesa: «L'unica novità sono decine di minacce di morte contro di me. I reati calano mentre aumentano morti e infortuni sul lavoro». Come a dire: responsabilità di Di Maio. È in questo clima, alle battute finali di una campagna elettorale trasformata in sfida decisiva per gli equilibri di forza (e la vita stessa) del governo, che lunedì 20 maggio i due vicepremier dovrebbero ritrovarsi al tavolo del Consiglio dei ministri. A dar fuoco alle fiamme, ci sono i ballottaggi in alcuni comuni della Sicilia che lasciano a bocca asciutta la Lega, che minimizza, e consegnano due comuni al M5s, che esulta. Sullo sfondo, c'è lo spread che arriva a 277 punti, in una trend di crescita che segnala il nervosismo e l'attenzione dei mercati. A far da zavorra, ci sono rapporti personali ridotti a zero, tanto che Di Maio fa una nota per dichiarare che i suoi contatti con Salvini sono limitati alle relazioni istituzionali.

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A metterci il carico, c'è la richiesta della Lega di approvare nell'ultimo Cdm utile prima delle europee le intese per l'Autonomia regionale e il decreto sicurezza bis di Salvini. Il premier Giuseppe Conte per ora non interviene, per non alimentare le tensioni, ma da Palazzo Chigi spiegano che la bozza di decreto preparata dal Viminale dovrà essere esaminata dall'ufficio per gli affari giuridici della presidenza del Consiglio e poi passare al vaglio (anche quello tecnico) del pre-consiglio in programma per giovedì. È in questi passaggi che potrebbe emergere la richiesta di cambiare un testo che, secondo il M5s, presenta profili di incostituzionalità. In più, i Cinque stelle non intendono concedere alla Lega una carta vincente a pochi giorni dal voto. «In Italia si entra con il mio permesso», tuona Salvini. Il M5s, che non esclude slittamenti del Cdm a dopo il voto, sulle norme del Viminale alza un muro. Stesso copione sull'autonomia. «Non stiamo zitti sul tema», avverte Di Maio.

E il ministro Stefani: «Non ci faccia perdere altro tempo». Per tutta risposta, Di Maio convoca al ministero un tavolo sull'annunciato decreto da un miliardo «sulla Famiglia» e non invita il ministro competente, Lorenzo Fontana, né i sottosegretari leghisti. A ricasco, al Senato minaccia di arroventarsi l'iter del decreto sblocca cantieri, sul quale pendono gli emendamenti leghisti per la Tav. Il decreto crescita dovrebbe essere votato alla Camera dopo le europee ma la chiara intenzione del M5s è rilanciare sulle norme Salva Roma. Non si escludono «brutte» sorprese (accusa reciproca). E in commissione Difesa la maggioranza viene battuta su una norma in materia di libertà sindacale delle forze armate. È il riverbero, denuncia il Pd, delle «frizioni tra Salvini e ministro Trenta». In Parlamento arriverà a ore la calendarizzazione delle proposte di legge sul conflitto di interessi (due del M5s, con le «norme anti tycoon», e una del Pd). I leghisti ostentano tranquillità: si discuterà nel merito.

Ma Berlusconi chiede il loro aiuto. E così il M5s torna ad accusare la Lega di intelligenza con il suo nemico di sempre.

Di rimando, Salvini accusa Di Maio di essere «coalizzato» con il segretario Pd Nicola Zingaretti «contro autonomie, flat tax e per aprire i porti». L'accusa che il leader leghista non digerisce è di alimentare «razzismo» e «tensioni nelle piazze». Ma questa volta è Di Maio ad accusare: lo striscione anti-Salvini («Non sei il benvenuto») rimosso dai Vigili del fuoco a Brembate, la richiesta di intervento delle forze dell'ordine a Settimo Torinese contro i contestatori. È l'effetto, accusa Di Maio, di tanti «slogan» e poca sostanza. Lo «sceriffo senza pistola», incalza Beppe Grillo, si affida «all'improvvisazione».

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