Di Maio contro Conte: «Non si brucia così una come la Belloni». L'ex premier aveva provato il blitz

Di Maio contro Conte: «Non si brucia così una come la Belloni»
Di Maio contro Conte: «Non si brucia così una come la Belloni»
di Francesco Malfetano
Sabato 29 Gennaio 2022, 00:38 - Ultimo agg. 22 Febbraio, 01:20
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«Saremo la forza politica più compatta». Anche ieri Giuseppe Conte ha provato a non rassegnarsi al fatto che Movimento 5 stelle sembri esplodergli tra le mani. Anche ieri però, non sembra esserci riuscito. Dopo un’articolata giornata in cui era arrivato ad annunciare orgoglioso la candidatura di una donna al Quirinale - con la discesa in campo anche del garante Beppe Grillo al suo fianco, con tanto di hashtag #ElisabettaBelloni - Conte si è infine beccato la scudisciata del ministro degli Esteri Luigi Di Maio, che definisce «indecoroso» il metodo scelto dal suo leader. 

Andiamo però con ordine. Accade praticamente tutto in tarda serata quando Conte, sfruttando l’assist fornitogli da Matteo Salvini poco prima, rivendica la primogenitura di una candidatura femminile (ancora generica) e annuncia: «Ho l’impressione che ci sia la possibilità di una presidente donna, il M5s lo ha sempre detto». 

L’idea in pratica, è quella di svestire i panni dell’avvocato senza partito per indossare le vesti di king maker - più larghe dopo la difficile mattinata - assieme a Salvini. Prova un’operazione win-win: mettere il cappello sull’ipotetica nuova intesa da un lato, e aggirare ancora il punto di rottura con i parlamentari vicini a Di Maio o quelli contrari al passaggio di Mario Draghi al Colle.

Come? Rispolverando l’asse giallo-verde. 

Un all-in che passerebbe appunto dalla sua capacità di imporre un nome femminile adeguato, senza che finisca impallinato da Enrico Letta, da Matteo Renzi o anche da Forza Italia (che ha il dente avvelenato contro Salvini, ma tant’è). 

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La carta vincente secondo Conte sarebbe Elisabetta Belloni. Ritenuta non solo più che accettabile dai grandi elettori quanto, soprattutto, intestabile da parte del Movimento. La diplomatica del resto è molto vicina a Di Maio, ma è apprezzatissima anche dall’avvocato nonostante il peccato originale di aver sostituito come vertice del Dis il “suo” Gennaro Vecchione. L’opportunità ingolosisce molto il leader 5s, perché gli permetterebbe anche di scrollarsi di dosso tutte le battute che lo accompagnarono quando, a fine dicembre, propose una non specificata donna per il Quirinale. Peccato però che, al netto dei proclami, sulla Belloni in tarda serata sia già calato il veto di Renzi, Letta e LeU. L’intero centrosinistra. 

Un duro colpo da incassare per l’avvocato che, sul punto, si è giocato un altro pezzo della sua credibilità. Specie perché al suo fianco era già sceso in campo il garante Beppe Grillo dando per fatta, alle 21.40, l’elezione della Belloni: «Benvenuta Signora Italia, ti aspettavamo da tempo». Con tanto di hashtag. #ElisabettaBelloni. Un lancio social a cui non si è sottratto neppure Conte, meno netto, con l’hashtag #unadonnapresidente. 

Solo 10 minuti più tardi però, con i veti incrociati, l’operazione era praticamente già saltata. E allora Di Maio torna pista e alza la voce contro l’avvocato e il garante: «Trovo indecoroso che sia stato buttato in pasto al dibattito pubblico un alto profilo come quello di Elisabetta Belloni. Senza un accordo condiviso. Lo avevo detto ieri: prima di bruciare nomi bisognava trovare l’accordo della maggioranza di governo».

Un bomba esplosa alla fine di una giornata che già al mattino per il Movimento si era annunciata difficile. I 5S infatti hanno dovuto incassare in assoluto silenzio i colpi degli alleati dem. Il diktat dell’astensione alla quinta votazione maturato al termine dell’incontro con Pd e LeU, è infatti soprattutto dovuto alla poca fiducia riposta nella capacita di controllo di Conte sui suoi parlamentari. L’unico modo per evitare che i franchi tiratori si prendano la scena e portino la Casellati al Colle, è evitare che i grandi elettori cinquestelle esprimano una preferenza. Da lì è tutta una rincorsa: Conte accetta. Arrivano 406 astensioni al quinto voto e 445 nel sesto. C’è l’affondamento della candidatura della presidente del Senato. E Salvini, per primo, decide di incontrare proprio Conte. «Contatti intensificati» fanno trapelare a più riprese dall’entourage quando, in transatlantico, l’ex premier non compare per passeggiate a favore di fotografi. 

Intanto però il Movimento è tutt’altro che pronto a rinunciare alla possibilità di portare al Quirinale Mario Draghi o Sergio Mattarella (che alla fine prenderà 336 voti all’ultimo voto). A rimarcarlo Sergio Battelli, vicinissimo a Di Maio: «Salvini è la prima vittima illustre di questa partita. Mi pare chiaro che siano il presidente Sergio Mattarella e il presidente Mario Draghi, già al servizio del Paese, le figure più alte e unitarie che l’Italia possa desiderare per ricoprire la carica di Capo dello Stato». 

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