Quirinale, nella bolgia del Transatlantico saltano anche le mascherine (fra assembramenti e starnuti)

Quirinale, nella bolgia del Transatlantico saltano anche le mascherine (fra assembramenti e starnuti)
Quirinale, nella bolgia del Transatlantico saltano anche le mascherine (fra assembramenti e starnuti)
di Mario Ajello
Martedì 25 Gennaio 2022, 00:33 - Ultimo agg. 22 Febbraio, 00:12
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Occhio alla Variante Quirinale. Quella per cui, nonostante in Transatlantico campeggino grandi cartelli sulla «Misure di contenimento del Covid-19» (esempio: «Non starnutire e tossire se non coprendosi bocca e naso» e «usare continuamente disinfettanti a base di cloro e alcol»), l’assembramento è totale, accaldato, quasi affettuoso e solidale («Siamo tutti sulla stessa barca, quella in cui non si sa chi andrà al Colle», dicono big e peones a destra e a sinistra) e il “corridoio dei passi perduti” è una bolgia come in ogni altra elezione presidenziale.  

Prima fa un gran caldo - «Gira Covid a cucchiaiate», è la paura dei più - e poi alle 6 della sera si decide finalmente di aprire porte e finestre, arriva il freddo e tutti a starnutire, senza fazzoletti al naso, e a sacramentare: «Qui piomba la pandemia ma di raffreddore!». «Votiamo Draghi e smettiamola con questa menata», dice in un angolo di Montecitorio l’Umberto. Inteso come Bossi, e l’anziano Senatur viene prima portato in carrozzella al catafalco del voto, tutto vestito di verde (camicia verde, cravatta verde, pochette verde: «Sono l’unico padanista rimasto», bofonchia e Giorgetti aggiunge: «Insieme a me»), poi a fumare in cortile in mezzo ai suoi e il leghista Volpi gli fa: «Ma davvero Umberto, sei per Draghi?». Lui: «Ma no, il migliore Capo dello Stato sarebbe uno della Lega». 

Si avvicina Bersani e gli fa affettuosamente: «Cioè tu, caro Umberto?». Ridono i due amici-nemici: «Noi siamo galline vecchie che fanno buon brodo», assicura Bersani, prima di sapere che Bossi ha preso 6 voti nel primo scrutinio. «Pochini ma può crescere», si ridacchia. Volano in cortile pacche e scambi di fumo di sigaro. Ma appena uno finisce di fumare, nello spazio all’aperto della Camera, e prova a non mettersi la mascherina arrivano gli addetti della Camera e redarguiscono: «Vanno rispettate le regole». 

Qualcuno prova a fare il furbo pur di non alzarsi la Ffp2: «Non vede che sto mangiando?» (e fa finta di masticare). Altri fanno la spia agli addetti alla sorveglianza anti-Covid: «Laggiù c’è il deputato Occhiuto che non ha la mascherina...». E parte la reprimenda. «Qui siamo alla dittatura sanitaria!», s’offende la ex grillina Sara Cunial, fieramente No Vax. Non l’hanno fatta votare nel parcheggio di via della Missione, il drive-in, perché non ha il Green pass: «Ma io sto bene e non è giusto che i parlamentari che sono senza Green pass e stanno male li fate votare».

Lei sporgerà querela contro la Camera mentre un collega leghista, davanti alla buvette, azzanna (per scherzo) il polpaccio di una collega. Perché? Lui racconta: «Mi sono negativizzato stamane. Con il Green pass semplice sono potuto entrare a Montecitorio per votare ma non posso entrare alla buvette per mangiare una pizzetta. Guardate che divento cannibale, eh!». La paura del Covid non c’è. 

Ci si abbraccia anche se il cartello sanitario dice che non si deve. Ed è meglio ridere, anche considerando che i giochi per il Colle si fanno fuori di qui («Come è andato l’incontro Draghi-Salvini? Benissimo», «Malissimo», «Così così». «E quello Salvini-Conte? Davvero hanno trovato un accordo su Frattini da filo-russo a filo-russo? E chi glielo va a dire al povero Enrico Letta?») e qua dentro è tutto un pronostico al buio: «È derby Draghi-Casini», assicurano i Mastella, Sandra e Clemente.  

Poco più in là c’è Di Maio, il più riverito da tutti, e a chi gli chiede «Luigi, chi dobbiamo votare?», lui risponde sorridendo da scafato ragazzo campano e neo-democristiano: «Mi trovate dimagrito? È la cura Draghi». Si avvicina un suo vecchio amico-nemico, il renziano Carbone, e gli fa: «Ciao, ministro». E Di Maio: «Quante ce ne siamo date io e te, Ernesto... Ma poi ci prendevamo a braccetto». E mimano la vecchia scena. Poi Di Maio davanti alla buvette sembra Andreotti nel Divo ma versione sorridente e non cupa come quella di Servillo (nel film l’elezione presidenziale è quella che portò a Scalfaro) e i questuanti di ogni partito, a decine, compresi alcuni ministri, lo omaggiano. «Forse stiamo scivolando verso Draghi», osserva il capo della Farnesina, e sembra soddisfatto, a Bonafede e altri grillini. Passa Giorgetti, entrando in aula, e Di Maio: «Mi raccomando, vota bene, Giancarlo». Segue commento dimaiano: «È del Nord ma gli piace la pizza. Andremo a mangiarci una bella margherita». 

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Ecco Giorgia Meloni che cala l’asso candidando Carlo Nordio al Colle ma lui ringraziando dice: «Signore, non sono degno». Davanti all’ingresso dell’emiciclo invece motteggiano in un capannello due ministri dem, Guerini e Orlando. Quest’ultimo dice ai presenti: «Non si fa che dire che io e Franceschini saremo fuori dal prossimo governo mentre tu, caro Lorenzo, resterai. Metti una parola buona anche per noi?». Ma occhio, sta passando uno dei questori della Camera, il grillino Ciccio D’Uva, bravo ragazzo messinese, e gli tocca fare il severo: «In aula si stanno tutti comportando bene, c’è poca gente e ben distanziata. Qui in Transatlantico invece...». Non solo è saltato a un certo punto il collegamento web ma è saltato soprattutto il divieto di abbraccio inciso nei cartelli anti-Covid: le effusioni si sprecano. Lo si può capire: in assenza di dati concreti - «Ce la fa Draghi? Boh...», «Avanza Casini? Mah...» - più che la testa tocca utilizzare il cuore. Quello che ha spinto qualcuno a inviare a Maria Elena Boschi, in piena votazione alla Camera, un mazzo di fiori e una torta per il suo compleanno e lei ne è stata lieta, mentre Sgarbi così intratteneva tutti in Transatlantico: «C’ero anche io quando Berlusconi ha chiamato Maria Elena. Sembrava un cerbiattino innamorato. La vocetta flautata: lei, signorina Boschi, è una creatura meravigliosa, sono così emozionato a parlarle....». Segue commento di Vittorione: «Se fossi stata una donna, avrei ceduto subito alla seduzione del Cavaliere. E Silvio era così imbambolato dall’amore per Meb, che quasi si stava dimenticando di chiederle il voto suo, di Renzi e Italia Viva per il Colle». Quando poi vengono chiamati per votare quelli con la lettera F, la Fascina (Marta, fidanzata di Berlusconi) non si presenta e tutti quasi commossi: «È rimasta al San Raffaele con il suo boyfriend». 

C’è, appunto, più un clima amoroso - cerchiamo di non scannarci davanti al Paese e sbrighiamoci a eleggere un presidente sennò gli italiani arrivano qui fuori con i forconi - che un’atmosfera da guerra civile. Il forzista Ruggieri, reduce dall’assemblea dei forzisti che ha tributato 5 minuti di applausi per il «nobile ritiro» di Berlusconi ma «il Cavaliere doveva restare in campo perché alla quarta votazione sarebbe passato», spiega: «Ormai siamo finiti nelle mani di Salvini. Se lui fa l’accordo con Draghi, ci toccherà andare su Draghi». In infermeria, dietro al Transatlantico, non va nessuno. Quasi tutti dicono, e sperano che «si faccia presto»: «Giovedì o venerdì - è la mezza previsione dei renziani Nobili e Migliore - , dovrebbe essere fatta». La trattativa è in corso magari su Draghi o magari sulla Casellati. «No, la Casellati no!», è il grido di terrore dei dem che si avvicinano subito dopo pranzo a Water Verini. Il berlusconian-leghista senatore Giro però a un certo punto viene preso dal dubbio: «Non è che ci fanno stare chiusi qui per tre anni, come accadde nel ‘200 nel conclave di Viterbo, e gettano la chiave? E hai voglia a Covid...». Ma no, alla sera arriva la notizia che «Draghi sta negoziando con i partiti!!!» e il saggio Tabacci, seria razza Dc, avverte alcuni colleghi del Pd ancora spaccato tra le varie correnti: «Se non mandiamo Draghi al Colle, lui dice, e non gli si può certo dare torto, tanti cari saluti. E l’Italia sprofonda». Nel frattempo, il primo scrutinio è stato fatto e all’ora di cena si va tutti via. Augurandosi, tra uno starnuto e l’altro, che la Variante Quirinale possa rivelarsi clemente. 

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