Quirinale, Letta al centrodestra: decidiamo insieme chiusi in una stanza

Lega, FI e FdI presentano una rosa con Nordio, Moratti e Pera. No dei dem

Quirinale, Letta: «Chiudiamoci dentro una stanza e via le chiavi fino a quando arriviamo a una soluzione»
Quirinale, Letta: «Chiudiamoci dentro una stanza e via le chiavi fino a quando arriviamo a una soluzione»
Martedì 25 Gennaio 2022, 19:55 - Ultimo agg. 22 Febbraio, 00:28
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Nell’otto volante della trattativa per il Quirinale, dopo la gelata di lunedì con lo stop di Matteo Salvini e Giuseppe Conte all’elezione di Mario Draghi, ieri è stato il giorno dei tatticismi. E della ripresa, ma soltanto a parole, di un timido e balbettante dialogo. Il centrodestra, «compatto», ha presentato una rosa di nomi per il Colle «senza tessera di partito»: Marcello Pera, Letizia Moratti, Carlo Nordio. E proprio quest’ultimo oggi verrà votato dal centrodestra per contarsi e verificare la propria compattezza. Enrico Letta, che si è assegnato il «ruolo di proteggere Draghi», invece di bocciare la rosa all’inizio ha dato un giudizio positivo. Ma solo per fair play e perché considera «deboli» i tre candidati. Dunque, inutile andare allo scontro: «Sono personalità sicuramente di qualità, le valuteremo senza spirito pregiudiziale». 

La successiva valutazione, compiuta durante un lungo e animato (c’è chi dice «nervoso») vertice tra Letta, Giuseppe Conte e Roberto Speranza, ha però avuto esito negativo. Il fronte progressista ha rinunciato a presentare (come invece era stato annunciato) una sua terna di nomi. «Era inutile andare alla guerra delle due rose», ha spiegato Speranza. E ha bocciato i nomi fatti da Salvini & C.

Con garbo però: «Prendiamo atto della terna formulata dal centrodestra che appare un passo in avanti, utile al dialogo. Pur rispettando le legittime scelte del centrodestra, non riteniamo che su quei nomi possa svilupparsi la larga condivisione in questo momento necessaria». Dunque, il fronte progressista «riconferma la volontà di giungere a una soluzione condivisa su un nome super partes». E lancia per oggi la proposta di un vertice plenario: «Un incontro tra due delegazioni ristrette in cui porteremo le nostre proposte». «Chiudiamoci in una stanza e buttiamo via le chiavi, pane e acqua, fino a quando arriviamo a una soluzione su un nome condiviso e super partes. Domani è il giorno decisivo», ha detto Letta. Per dirla con Loredana De Petris di LeU: «Il confronto deve essere a oltranza». Tant’è, che si parla «di contatti anche nella notte».

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I timori della resa dei conti

La mossa del centrosinistra è rivolta ad evitare la resa dei conti alla quarta votazione di domani. Ed è un modo per cercare di riannodare i fragili fili del confronto, non arrivare impreparati quando basterà la maggioranza qualificata dei 1009 grandi elettori per eleggere il nuovo capo dello Stato. E spingere così Salvini a non andare allo scontro, ma a puntare su un candidato «super partes» e «condiviso da una larghissima maggioranza». I nomi: Draghi e l’evergreen Sergio Mattarella.

La reazione di Salvini alla bocciatura della sua terna è stata abbastanza pacata: «A differenza di chi cambia idea dopo poche ore» - chiaro il riferimento a Letta che in prima istanza aveva parlato di «personalità di qualità» - la Lega continua a lavorare con contatti a tutto campo. Restiamo convinti dell’assoluto spessore delle candidature presentate oggi per il Quirinale, ed è evidente la differenza tra noi e chi dice no a ripetizione e mette veti».

Parole e atteggiamento che spingono il centrosinistra a ritenere la rosa del centrodestra un bluff per andare alla guerra, forse con la complicità di Conte. Ma Letta lo nega: «Mi fido di lui, senza nessun dubbio». E cresce la convinzione che Salvini si stia preparando alla prova muscolare, cavalcando la candidatura di Maria Elisabetta Casellati: la presidente del Senato è stata lasciata fuori dalla “rosa” del centrodestra proprio per non essere bruciata. Però, come ha fatto filtrare Matteo Renzi (“adescato” con la proposta della presidenza del Senato) «se va Casellati al Colle, si va dritti alle elezioni». E il leader di Iv non sbaglia. 

In più, anche a destra non credono all’ipotesi-Casellati: «Salvini ci punta perché Conte gli ha fatto credere che potrebbe appoggiarlo su un nome di centrodestra», dice un alto esponente del centro moderato, «e Matteo, che vuole passare alla storia come il primo leader che ha fatto eleggere una personalità della nostra area, prima di passare allo schema dell’unità nazionale vuole tentare con Casellati o Franco Frattini. Ma si andrà a schiantare: Casellati non prendere neppure i voti dei suoi senatori. Si finirà in un baleno su Draghi». 

La contromossa

Il Pd non è impreparato: «Se giovedì tenteranno la spallata», è stato detto nel vertice, «risponderemo con un candidato forte in grado di raccogliere anche i voti di Italia Viva: pure Renzi ha bocciato la terna». Poi, se dallo scontro non dovesse prevalere nessuno, «si andrà su Mattarella, così da mettere in salvo anche Draghi». 

Il nome del premier non figurerà però nella terna che oggi (se il vertice verrà celebrato) sarà proposta a Salvini, Meloni, Tajani, Maurizio Lupi, Giovanni Toti. Ci dovrebbe essere invece Giuliano Amato (a un passo dalla presidenza della Consulta). Sergio Mattarella, ieri il più votato nel seconda giornata di “schede bianche” in netto calo (145 in meno di lunedì), dovrebbe essere tenuto coperto. Né Letta, né Speranza, né Conte vogliono infatti etichettare il Presidente uscente come il proprio candidato. «Il bis è una soluzione di emergenza e di salvezza nazionale», dice uno dei leader del fronte progressista, «con la sua rielezione si mettere in salvo anche Draghi che potrebbe restare a palazzo Chigi. Ma serve il sì di tutti, o quasi».

Siccome questi “sì” al momento non ci sono, ecco che in campo c’è l’ipotesi-Casini. Certo, Salvini continua a dire che «tocca al centrodestra, dopo 30 anni di Presidenti di sinistra». Ed è tentato, come si diceva, dalla prova muscolare con Casellati o Frattini. Ma se invece accettasse di trattare o, almeno, di evitare di andare alla conta domani per scongiurare (in caso di fiasco) l’avvento di Draghi al Quirinale, il nome del leader centrista potrebbe tornare forte. Casini ha sostenitori in entrambi gli schieramenti.

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