Quirinale, dalla variante Omicron all'eventuale passaggio di un premier al Colle: tutte le prime volte

Quirinale, dalla variante Omicron all'eventuale passaggio di un premier al Colle: tutte le prime volte
di Mario Ajello
Lunedì 3 Gennaio 2022, 12:10 - Ultimo agg. 12 Gennaio, 19:16
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È la corsa al Quirinale delle tante “prime volte”. E’ la prima volta, infatti, che potrebbe direttamente passare da Palazzo Chigi al Colle, diventando da premier a presidente, una personalità politica. E si tratterebbe, nel caso, di Mario Draghi. Mai è accaduto un  passaggio del genere. Mentre fa parte della prassi il trasloco dalla presidenza della Camera (vedi il caso Scalfaro) o dalla presidenza del Senato all’ex palazzo dei papi dove alloggia il simbolo massimo dell’unità repubblicana. Ed è la prima volta, anche, che nel caso il premier andasse al Colle si verificherebbe un breve interim comprendente i due palazzi - Chigi e Quirinale - con il primo dei due poi immediatamente affidato al ministro più anziano e adesso si tratterebbe di Renato Brunetta in attesa che un altro capo del governo venga individuato e votato dalle Camere.

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L'ipotesi di un Capo dello Stato donna

E non è la prima volta - al netto della candidatura di Emma for President, ossia la Bonino al Colle che fu però nel 1999 soltanto una iniziativa simbolica - che concretamente esiste la possibilità che il genere femminile conquisti il Colle, con tanto di appelli pubblici perché questo accada, per esempio il manifesto della Maraini, della Littizzetto, della Mannoia con tante altre dalla Murgia alla Guzzanti e Dandini, e con una pletora di candidate in campo: dalla Cartabia alla Casellati, dalla Finocchiaro alla giudice costituzionale Silvana Sciarra fino alla Bindi, alla Pinotti, alla Belloni.

Mai c’è stato un partito - anzi il primo partito dell’arco costituzionale, ossia in questo caso M5S - che per bocca del suo presidente, Conte, abbia annunciato (ma si tratta di annunci alla Conte, appunto, che probabilmente reggono poco) di volere al Colle una donna. Anche se non ha detto quale e Renzi lo prende in giro: «Parlare così, vagamente, è come dire un’ovvietà del tipo: non ci sono più le mezze stagioni». 

I Cinquestelle stanno a guardare


A proposito dei 5 stelle. E’ un inedito assoluto che il partito più numeroso in Parlamento non stia guidando i giochi quirinalizi, e mai è accaduto - la Dc aveva tante correnti ma tutte intrecciate in una visione comune anche se in forte dialettica tra di loro e in scontri sanguinosamente furiosi - che il partitone di maggioranza con 233 senatori e deputati fosse così impalpabile, gassoso, privo di uno spirito e di un’idea, se non quella di garantire la permanenza dei suoi sulle poltrone del Palazzo evitando in tutti i modi le elezioni anticipate.

 

Gli elementi di incertezza

Altro inedito da tenere presente, perché rende ancora più incerta un’elezione tradizionalmente imprevedibile tranne che in rare eccezioni, è questo: un Gruppo Misto con 113 persone (e voti) tra Camera e Senato e 270 cambi di casacca in una legislatura. Due segnali che dicono che c’è un pattuglione di super-incontrollabili che si aggiungono agli incontrollabili dei partiti. Dove - altra novità - non c’è leader che abbia davvero il controllo delle proprie truppe. Certamente non Letta, visto che i gruppi parlamentari li ha ereditati da Renzi e nascono renzianamente.

Tantomeno Conte che secondo i calcoli interni al movimento 5 stelle non controllerebbe più di una trentina di grandi elettori grillini (gli altri rispondono a Di Maio o a se stessi). E perfino la Lega che viene definito «partito leninista» nella compattezza intorno al segretario Salvini tanto compatto non è. Il caos accompagna spesso le elezioni presidenziali ma stavolta il rischio super-caos è una particolarità se non inedita di sicuro molto impressionante. La novità può essere riassunta così: quando esistevano i grandi partiti di massa o almeno partiti più strutturati di quelli attuali, i registi della corsa al Colle erano i loro segretari. Stavolta questa regia manca quasi del tutto e ciò renderà più gustosa, e più spettacolare, la sequela dei voti che porteranno un king o una queen sulla poltrona che finora è stata di Mattarella.


Inedita anche questa situazione: che i partiti che devono scegliere il Capo dello Stato stanno tutti insieme nella maggioranza di governo (tranne Fratelli d’Italia) ma finiranno per dividersi, tranne miracoli dell’ultim’ora, al momento della scelta del nuovo inquilino del Colle. Niente di allarmante o di anomalo in questo, visto che non per forza la maggioranza di governo deve coincidere con la maggioranza per l’elezione del presidente, ma resta il dato che potranno manifestarsi dal 24 gennaio - data di inizio giochi - due maggioranze contemporaneamente. 


Una primizia assoluta è questa: «Potremo avere il primo presidente della Repubblica non appartenente a una storia di sinistra o di centrosinistra», lo dicono sia Meloni sia Salvini. Il loro obiettivo, primario, e che sarebbe in effetti una rottura rispetto alla continuità di presidenti di marca Dc, Psi, Pci e derivati, è portare per la prima volta una figura politicamente diversa (Berlusconi? Pera? la Casellati?) sullo scranno di Capo dello Stato.

Il ruolo della pandemia

 
Ma la novità delle novità riguarda il Covid. Per la prima volta il Capo dello Stato viene scelto in tempi di pandemia. La variante Omicron sarà essenziale in queste votazioni. Perché può cambiare la platea dei grandi elettori, ovvero ridurla. Secondo i calcoli relativi all’aumento dei contagi in Italia da qui all’inizio del mese prossimo, potrebbero esserci 100 parlamentari in meno - o malati o in quarantena - al momento degli scrutini. Un presidente della Repubblica eletto con il 10 per cento dei grandi elettori assenti non s’è mai visto. Potrebbe vedersi adesso e non si capisce perché nella modernità tecnologica non sia ammesso, da parte del presidente della Camera, Fico, che gestisce le operazioni, il voto da remoto. Che sarebbe l’ineditissimo ma non ci sarà. Una novità possibile, e ci si sta pensando, è quella di smontare i catafalchi - ossia le cabine del voto al centro dell’emiciclo di Montecitorio - perché potrebbero risultare luoghi d’infezione e far votare i parlamentari come si faceva un tempo: facendoli passare senza coperture sotto il banco della presidenza dove è poggiata l’”insalatiera” in cui inserire la scheda.

La votazione

A questo inedito (ma prima dell’elezione di Scalfaro si faceva così) se ne aggiungeranno probabilmente altri due oltre a quello dell’obbligo di Green pass e di tampone che finora non c’è: una sola votazione al giorno (per evitare contatti troppo prolungati) e soprattutto la votazione per appuntamento. Ovvero si deciderà per fasce: chi ha il cognome che comincia con la A è convocato a una certa ora, chi col cognome B in un altro momento e così via fino alla Zeta. 
L’elezione delle “prime volte” sarà insomma uno spettacolo per molti aspetti mai visto. Si spera soltanto che non si riveli uno spettacolo horror.

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