Corsa al Colle, Stefania Craxi:
«Papà su Scalfaro si sbagliò»

Corsa al Colle, Stefania Craxi: «Papà su Scalfaro si sbagliò»
di Generoso Picone
Giovedì 18 Novembre 2021, 07:37
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«Innanzitutto, una premessa», anticipa Stefania Craxi. «Se vogliamo parlare di Quirinale dice la figlia di Bettino Craxi, custode della memoria paterna e attuale senatrice, anche se lei preferisce essere chiamata senatore, di Forza Italia - ho il bisogno di ricordare due elezioni del passato».

Quali?
«Quella che l'8 luglio 1978 portò alla nomina Sandro Pertini. Fu elezione in cui, nonostante la vulgata, mio padre svolse un ruolo fondamentale, da assoluto protagonista. E vide bene perché il socialista Pertini si dimostrò un grandissimo presidente. Poi l'altra data è il 25 maggio 1992».

Con l'elezione di Oscar Luigi Scalfaro?
«Sì, lui. Mio padre sul suo conto si sbagliò.

Ebbe fiducia in colui che per quattro anni, dal 4 agosto 1983 al 29 luglio 1987, era stato ministro dell'Interno in un governo a sua guida. Poi Scalfaro si sarebbe rivelato il peggiore di tutti i presidenti della Repubblica; nel 1992 negò a Bettino Craxi l'incarico di formare il governo seguendo il consiglio di Francesco Saverio Borrelli e si comportò da garante di tutte le iniziative tese a cancellare i partiti democratici e favorire i comunisti. Ecco, ora possiamo discutere delle elezioni che verranno anche se mi interrogo sul senso di tutto questo ipotizzare schemi e strategie».

Per quale motivo?
«Scusi, ma perché continuare a farlo se il nome del nuovo presidente è già abbastanza deciso?».

E chi è?
«Ma Mario Draghi. Se decide di candidarsi non mi pare che possano esserci ostacoli. Sarà difficile che le forze politiche le quali oggi sostengono il suo esecutivo non assicurino il loro voto. Per altro, la sua elezione confermerebbe l'intuizione di Bettino Craxi quando parlava nel 1979 di una grande riforma istituzionale comprensiva del presidenzialismo. Era lungimirante più di 40 anni fa e oggi il presidenzialismo è tornato di attualità. Il Paese si è naturalmente avviato verso un sistema presidenziale e la fiducia riposta nei capi dello Stato, anche in Sergio Mattarella che è stato un ottimo presidente, lo dimostra. Draghi di fatto sta governando con un sistema semipresidenziale. È la politica a essere in ritardo. Servirebbe una grande riforma, poiché costituzione materiale e costituzione formale sono ormai troppo distanti».

C'è comunque un problema e Draghi stesso lo ha posto. Da presidente del Consiglio ha disegnato un orizzonte che porta al 2023, con il compimento del mandato del governo e cioè il compimento del programma del Recovery Plan, e il suo trasferimento da Palazzo Chigi al Colle obbligherebbe a una successione in una fase decisamente delicata per l'Italia.
«Guardi, questo del Recovery è semplicemente un alibi, uno dei tanti alibi che si tirano fuori per evitare il voto. In un Paese normale, in una democrazia funzionante, si va alle elezioni sempre e comunque quando le necessità chiamano. Evidentemente c'è il timore di andare alle urne e di verificare il delinearsi di una nuova maggioranza politica. Eppure altrove si procede diversamente, penso per esempio a quanto sta accadendo in Portogallo, e non hanno remore di fronte al ricorso a elezioni anticipate».

Non teme che l'intreccio tra la partita per il Quirinale e l'approvazione della manovra di bilancio possa provocare effetti negativi?
«È una eventualità che una democrazia matura riuscirebbe a gestire».

Oggi, in Italia?
«Questo è il punto».

Qualora Draghi dovesse confermare la sua indisponibilità?
«Non mi piace giocare con i nomi. Però a questo punto le dico quello del mio candidato al Quirinale».

Che è?
«Silvio Berlusconi. Non come nome per fare giri a vuoto o come candidato di bandiera. È una personalità pienamente legittimata a diventare presidente della Repubblica e la sua elezione significherebbe riabilitarlo dopo anni di ingiusta persecuzione mediatico-giudiziaria. Non dovesse essere lui il capo dello Stato, proporrei da subito che il prossimo presidente lo nomini senatore a vita».

Si sta lavorando per la sua candidatura?
«Al Quirinale non ci si candida, si è eletti. Certo, il centrodestra lo sosterrebbe in maniera abbastanza compatta e poi la scelta compete al Parlamento. Al di là delle dinamiche delle intese che si intessono prima, qui, nell'aula, chi mostra di ottenere maggiori consensi prevale».

Nel caso non si trovasse un accordo su Berlusconi, lei ipotizza un'alternativa?
«Parto da quelli che compaiono sui giornali. Leggo il nome di Giuliano Amato. Sarebbe un'ottima candidatura. Si premierebbe un esponente di rilievo del Psi di Bettino Craxi, il suo vicesegretario nel partito e il suo sottosegretario al Palazzo Chigi, nonostante tutto. Rappresenterebbe l'affermazione di una verità: che il Psi aveva un gruppo dirigente di eccezionali qualità e valore. Farebbe effetto vedere lui presidente della Repubblica mentre Craxi è morto in esilio».

Rino Formica, altro socialista di lungo corso, si augura che si punti sulla candidatura di un giovane.
«Sarebbe un grande segnale di novità. Non mi pare, però, che ci siano le condizioni. Sa, l'esperienza ci insegna che le giornate decisive per andare a eleggere un presidente della Repubblica sono sempre le ultime. Conviene aspettare».
 

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