​La radicale Rita Bernardini in caserma dopo sequestro di cannabis

La radicale Rita Bernardini in caserma dopo sequestro di cannabis
​La radicale Rita Bernardini in caserma dopo sequestro di cannabis
Mercoledì 17 Luglio 2019, 12:16 - Ultimo agg. 18 Luglio, 07:07
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«Forse è la volta buona», dopo anni di autodenunce. Così, stamattina, la radicale Rita Bernardini aveva scritto sul suo profilo Facebook dopo aver ricevuto la comunicazione da parte dei carabinieri, di una convocazione in caserma, a Roma. Al testo del post aveva allegato le piante di marijuana che coltiva nel suo terrazzo, una guerra che porta avanti da tempo per rendere la cannabis disponibile per i malati.

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Ma invece dell'arresto, che la radicale auspicava, è stata 'solo denunciata'. Non nuova a questa battaglia, come del resto anche Marco Pannella e i Radicali tutti, Rita Bernardini ha subito il sequestro di altre piante coltivate sempre sul suo terrazzo: accadde nel 2015, le piante allora erano 56. Una lotta per cercare di regolamentare le sostanze stupefacenti e toglierle dal marcato clandestino delle mafie.



«Sono stata denunciata a piede libero per la coltivazione di sostanze stupefacenti, 32 piante alte tra un metro e un metro e venti - ha detto uscendo dalla caserma - A verbale del sequestro ho fatto allegare una dichiarazione: esprimo tutto il mio disappunto per la decisione della Procura di Roma di non procedere al mio arresto, come accade a tutti i cittadini che vengono sorpresi a coltivare marijuana.
Così si usano due pesi e due misure e la legge finisce per non essere uguale per tutti. La vera disobbedienza civile - è scritto ancora nel verbale allegato al sequestro delle piante - esige che con ci siano esimenti di tipo politico quando si decide di violare la legge in vigore. Che migliaia di malati non riescano ad accedere ai farmaci cannabinoidi per l'inefficienza dello Stato è semplicemente intollerabile, tanto più che la legge che ne prevede la somministrazione risale al 2007». L'avvocato della esponente radicale, Giuseppe Rossodivita, ha sottolineato che «come in tutte le disobbedienze civili, coglieremo l'occasione di questo processo, che auspichiamo ci sia, per mettere sotto accusa una legge irragionevole e criminogena, che sembra non voler togliere il monopolio illegale del traffico di sostante stupefacenti alle mafie e alla criminalità organizzata».

 
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