Cda Rai, Fuortes si salva ma dal centrodestra arriva il primo segnale

C’è il sì al budget 2023 presentato dall’ad senza i voti dei consiglieri di maggioranza

Cda Rai, Fuortes si salva ma dal centrodestra arriva il primo segnale
Cda Rai, Fuortes si salva ma dal centrodestra arriva il primo segnale
di Mario Ajello
Martedì 31 Gennaio 2023, 00:40 - Ultimo agg. 09:36
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Non è nella strategia di Giorgia Meloni aprire adesso il dossier Rai e cambiare la governance o delegittimarla, specie alla vigilia di Sanremo che è il core business di Viale Mazzini. E l’esito della votazione sul budget 2023 della tivvù pubblica rientra perfettamente in questo atteggiamento dell’esecutivo che al momento non vuole un ribaltone in Rai ma semmai lanciare un altolà a chi, a cominciare dall’ad Fuortes, guida l’azienda. 
La non partecipazione da parte dei consiglieri d’amministrazione Simona Agnes e Igor De Biasio è stato - dunque - un atto di responsabilità in favore dell’andamento economico e industriale della Rai ma allo stesso tempo segnala una presa di distanza politica rispetto a un assetto che deriva dal precedente governo e che nel centrodestra viene considerato appannaggio del centrosinistra. E di fatto, l’approvazione del budget è passata grazie ai voti di Fuortes e della presidente Marinella Soldi oltre che della consigliera in quota Pd, Francesca Bria. La quale ha dato con questa sua scelta una connotazione politica all’attuale governance, e forse - come si va dicendo nel Pd - non interpretando i desideri di quello che sarà il prossimo gruppo dirigente del Nazareno. Dove, con l’ascesa probabile di Stefano Bonaccini, l’orientamento potrebbe essere quello di sbaraccare l’attuale Cda in cui la Bria rappresenta il vecchio asse di comando dem, Orlando-Franceschini, e non gli equilibri nuovi che si stanno delineando. E pensare che la Bria, si fa notare da più parti, la quale definisce «irresponsabili» i consiglieri del centrodestra che non hanno partecipato al voto di ieri, è la stessa che lo scorso anno aveva votato contro il budget 2022. 

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E comunque: Fuortes va avanti grazie al voto proprio, della Soldi e della Bria, e con un avvertimento dell’attuale maggioranza di governo: ora si va avanti così, ma non per molto.

Fino al luglio del 2024 quando il mandato dell’ad naturalmente si concluderà o il ribaltone in Rai arriverà prima? Fuortes si sente in sella fino alla fine - e intanto ci sono da ridefinire questioni cruciali come il canone e il Contratto di servizio - mentre nel centrodestra i più assicurano che il redde rationem ci sarà prima e comunque per ora la Meloni non ha voluto forzare. 

Nel risultato ci sono il no al budget di Alessandro Di Majo in quota M5S, mentre l’astensione del rappresentante dei dipendenti, Riccardo Laganà, si aggiunge - ma con motivazioni diverse - alla non partecipazione al voto dei rappresentanti berlusconiani (Agnes) e leghisti (De Biasio). Un giro di telefonate a prima mattina sta alla base della votazione che non riguarda - come si sarà capito - solo un fatto tecnico-industriale, che è importantissimo, ma è anche una spia del futuro politico della Rai. Gianni Letta chiama Berlusconi sul da farsi - e Letta è in ottimi rapporti sia con Fuortes sia con Agnes e non è certo un tipo da forzature - e Berlusconi con Meloni e Salvini concordano la road map secondo cui il budget va approvato per non mettere in difficoltà un’azienda che è patrimonio del Paese ma allo stesso tempo, senza dare un colpo all’ad anche perché può vantare successi aziendali (per esempio il rilancio degli ascolti di Rai2 non dovuto solo al ritorno di Fiorello in azienda, per non dire di Sanremo su cui ci sono ottime aspettative), si vuole prendere tempo per decidere che cosa fare e come agire rispetto alla Rai. C’è chi, nel centrodestra, prospetta questo percorso: dopo Sanremo e orientativamente verso metà marzo avviare le pratiche di successione a Fuortes, con un traghettatore vicino alla maggioranza di governo ma trasversale e dirigente aziendale di lungo corso - Roberto Sergio? - e un dg che potrebbe essere Giampaolo Rossi, ex del Cda in quota FdI e profondo conoscitore dell’azienda. 

LE PROSPETTIVE

La sfiducia a Fuortes non c’è stata. Ma una sorta di avvertimento, sì. Con Agnes e Di Biasio che, nel non votare contro, hanno solo cercato di «evitare una situazione penalizzante per l’azienda in una fase così delicata», senza però fare un’apertura di credito all’ad. Ora nei palazzi Rai, e anche in quelli politici, non si fa che chiedersi: fino a quando durerà Fuortes? Connessa a questa domanda c’è quella non tanto riguardante la nuova direzione del Tg1 - Monica Maggioni al momento nonostante i rumors non sembra insidiata - quanto quelle relative ad alcune e importantissime direzioni di genere da riassegnare. A marzo, dovrebbe andare in pensione salvo proroga il direttore degli Approfondimenti informativi - Antonio Di Bella, trasversale ma dem - e questa poltrona da cui dipendono i talk show politici (occhio alle Europee del 2024, sorta di elezioni di mid-term per il melonismo) potrebbe andare all’attuale vice Paolo Corsini o a qualche altra figura di spicco vicina al centrodestra.

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