Crisi Rai, soccorso del governo con l’ok al piano industriale

Crisi Rai, soccorso del governo con l’ok al piano industriale
Crisi Rai, soccorso del governo con l’ok al piano industriale
di Mario Ajello
Giovedì 3 Ottobre 2019, 00:28 - Ultimo agg. 09:51
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Tra Viale Mazzini e Via Veneto, palazzo Rai e sede del Mise, i telefoni sono stati bollenti in questi giorni. Ma adesso è arrivata al Settimo Piano la notizia che l’ad della televisione pubblica, Fabrizio Salini, aspettava più di ogni altra cosa. Il ministro Patuanelli (5Stelle), che deve dare l’ok al Piano industriale Rai, ossia una vera e propria rivoluzione aziendale in cui la digitalizzazione con RayPlay (e Fiorello la star con il nuovo programma on line) e la creazione di nove super-direzioni che si occuperanno di tutto in maniera orizzontale tra le varie reti, è deciso a non prendere più tempo e a dare sostegno a Salini e a Foa. Per fronteggiare il disastro degli ascolti, rimettere in pista l’azienda e tentare il rilancio.

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L’ok, a giorni, al progetto Salini da parte del Mise - ma poi ci saranno altri passaggi e quello in Vigilanza Rai scatenerà scontri tra appetiti di partito tremendi, e s’è aggiunta Italia Viva nella contesa - contiene un segnale politico. Significa che si investe ancora in questo Cda, risalente alla fase giallo-verde, e per Salini il via libera di Patuanelli può valere come una seconda investitura e anche per Foa che questo progetto lo ha sostenuto. Naturalmente però i problemi al Settimo Piano c’erano e ci sono ancora. Basti pensare che nel Cda di oggi - questa l’ipotesi circolata in serata - la nomina che andava fatta per volere dell’ad, quella di Fabrizio Ferragni al canale istituzionale ancora in fieri, probabilmente non si farà a causa dello stallo dovuto alla spaccature tra i consiglieri e anche per un altro motivo. La prima nomina Rai al tempo del demo-grillismo assegnata a uno del centrodestra, perché quella l’area di Ferragni? Suvvia, sarebbe un paradosso. E Salini è orientato a lasciare perdere e a istituire solo il nuovo canale al netto di chi poi lo andrà a guidare.

Ma il fulcro di tutto è il Piano Industriale. Appena supera gli ultimi passaggi, comincerà il ballo delle nomine nei nuovi potentati - esempio: a chi andrà la cruciale direzione dell’Approfondimento news, cioè dei talk e di ogni altro programma politico-informativo sui vari palinsesti? Si parla di Antonio Di Bella come papabile con placet rosso-giallo - che s’intrecciano però con i cambi alla guida di Rai1, Rai2 e forse Rai3 ma la forza delle reti sarà svuotata dalla rivoluzione copernicana, se copernicana sarà ovvero non finirà nella solite palude Mazzini-Saxa. A fine novembre va in pensione Carlo Freccero, e il valzer della guida delle reti può portare a questa girandola: Maria Pia Ammirati a Rai2 e in seconda battuta ai New Format, direzione prevista nel Piano Industriale. Teresa De Santis sotto i colpi degli ascolti è in uscita dai Rai1, come ultima carta, secondo qualche indiscrezione, vorrebbe sostituire i conduttori dei programmi del day time (rischiano la Isoardi alla Prova del cuoco e la Cuccarini alla Vita in diretta) e il suo posto dovrebbe andare a Stefano Coletta. E’ direttore di Rai3, unica rete che funziona e bene, e poi - con la benedizione Pd e M5S, e lui oltre ai successi può vantare buoni rapporti con il ministro Spadafora e con il viceministro al Mise, Buffagni - Coletta passerà probabilmente al governo della Direzione Prime Time, poltrona potentissima nella riorganizzazione Salini. Una stazione di passaggio anche per Giuseppina Paterniti (il suo Tg3 è cresciuto nello share) che prima andrà a sostituire Di Bella a RaiNews e poi, ma ci vorrà del tempo, potrebbe fare bingo con l’approdo alla Multipiattaforma: quella che secondo il Piano Industriale accorperà RaiNews, TgR e web. 

LE CORAZZATE
Un’altra delle nove super-direzioni a Ludovico Di Meo, professionista di lunga esperienza su cui punta il centrodestra. Occhio alla Distribuzione che tra l’altro fa i palinsesti e conterrà nel progetto Salini un potere decisionale immenso in azienda. Fa gola sia al Pd sia ai 5 stelle sia a Italia Viva ma per non darla vinta a nessuno si pensa di mettere Marcello Ciannamea, non troppo targato politicamente, alla testa di questa corazzata. 
Nelle varie girandole, al Tg3 potrebbe approdare Andrea Montanari.

Quanto alla TgR, lì vige al momento la soddisfazione per gli ascolti in controtendenza rispetto al resto. Nel confronto con il gennaio-settembre 2018, ora più 1,2 nelle Morning News, stabile al 15,7 nel tg delle 14, più 0,1 nel tg delle 19. Altra luce nel disastro Rai è quella di UnoMattina, nella seconda settimana di settembre il picco del 18,01 di share (lo scorso anno era 17,9), pareggio con il 2018 nell’ultima settimana ma con un traino minore del Tg1 e senza l’onda emozionale che lo scorso anno aveva scatenato il crollo del Ponte di Genova. Qui si tratta di non far crollare Viale Mazzini.

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