Rai, patto premier-Berlusconi: due vicedirettori generali

Rai, patto premier-Berlusconi: due vicedirettori generali
di Alberto Gentili
Giovedì 6 Agosto 2015, 05:44 - Ultimo agg. 7 Agosto, 09:30
5 Minuti di Lettura

ROMA - Matteo Renzi, a cose fatte, dice che i nuovi vertici della Rai gli piacciono. Garantisce che il Cda appena eletto «è un bel Cda con bei professionisti della comunicazione». E soprattutto si difende dall'accusa di aver partecipato alla lottizzazione: «Ma quale mitico Giglio Magico?! Queste nomine non le ha fatte il governo, ma il Parlamento. Ed era inevitabile che finisse così, visto che si sono voluti tenere la legge Gasparri...». Ma in verità il premier ha gran fretta di voltare pagina e di spingere i media a puntare i riflettori su terreni meno insidiosi e decisamente meno imbarazzanti. Tant'è, che nel giorno in cui battezza il nuovo direttore generale e la nuova presidente di viale Mazzini, preferisce parlare di «fame di riforme», della «gran voglia di correre forte». E torna a promettere, con la legge di stabilità, una «bella sforbiciata alle tasse».

L'ULTIMA TRATTATIVA

La battaglia per la Rai non è stata facile. Ieri mattina Renzi, appena rientrato dalla trasferta in Giappone, ha dovuto ratificare il nome di mediazione preferito da Silvio Berlusconi e soprattutto da Gianni Letta. Monica Maggioni, pur nella rosa renziana, non rappresentava la prima scelta dei sottosegretari Luca Lotti e Antonello Giacomelli che per conto del premier avevano trattato con i plenipotenziari del Cavaliere.

L'inner circle Pd puntava su Simona Ercolani, considerata al Nazareno il vero astro nascente del settore televisivo. Oppure, in alternativa, su Antonella Mansi (ex Mps e vicepresidente di Confindustria) o Marcella Panucci (direttore generale sempre di Confindustria).

Ma per evitare un'impasse in Vigilanza che avrebbe innescato un imbarazzante rinvio a settembre, e per scongiurare imboscate dove i tre rappresentanti della minoranza dem avrebbero potuto votare contro la presidente designata, Renzi ha preferito saldare l'accordo con Berlusconi. Intesa preziosa, se dovesse essere confermata a settembre, per rendere marginali Bersani & C. sul fronte insidioso della riforma costituzionale del Senato.

Così, dopo una telefonata con il Cavaliere e Gianni Letta avvenuta poco prima di pranzo, la scelta di Renzi è caduta sulla Maggioni. Nome su cui i forzisti spingevano con convinzione e sul quale era piovuta anche la benedizione di Luigi De Siervo e del ministro degli Esteri Paolo Gentiloni: la nuova presidente Rai proprio ieri era con il ministro (grande esperto di questioni Rai) in trasferta a Teheran.

«Monica è una giornalista brava, competente e amata sia a destra che a sinistra e perciò di garanzia», dicono a palazzo Chigi. E Renzi si tiene stretto il nuovo Cda: per la prima volta da quando è al governo, il premier può vantare il controllo della tv pubblica. Utile in vista delle elezioni comunali della prossima primavera a Napoli, Milano, Torino, Bologna e Genova. E utilissimo in occasione delle elezioni del 2018. Data di scadenza del nuovo Cda.

Inevitabili alcuni cambi ai vertici. L'accordo sulla Maggioni porta con sé un'intesa bipartisan per due vicedirettori generali. Il primo sarà il renziano De Siervo, cui andranno la parte corporate e le società controllate. Il secondo sarà Giancarlo Leone, centrista, cui verrà affidata la fattura del prodotto: contenuti ecc. E la riduzione del numero dei talk-show, considerato il calo degli ascolti e l'avversione del premier per il format.

Se poi non scatterà subito l'accorpamento delle testate giornalistiche avviato da Luigi Gubitosi (Tg1, Tg2, Rai Parlamento da una parte, Tg3, web, Rainews24 dall'altra), ci sarà un carosello di nomine nei tiggì. Mario Orfeo, che da quando è approdato al Tg1 ne ha risollevato ascolti e prestigio, è considerato «al sicuro». Rischia invece il posto Bianca Berlinguer. La direttrice del Tg3 non vanta buoni rapporti con Renzi e già circolano i nomi dei papabili per la successione: in testa Luca Mazzà e Maurizio Mannoni. In gioco anche la poltrona del direttore del Tg2, Marcello Masi, anche in vista dell'accorpamento dei tiggì: in area renziana si sussurra che la poltrona andrà ad Andrea Covotta. Il nuovo direttore di Rainews24, dopo l'addio della Maggioni, potrebbe poi essere Lucia Goracci.

L'AUTOGOL DELLE OPPOSIZIONI

Il controllo della Rai, di fatto, è stato consegnato a Renzi dalla minoranza dem e dalle opposizioni che hanno frenato l'approvazione della riforma della governance, lasciando in vita la legge Gasparri e il suo impianto lottizzatorio. «Quelli che adesso mi accusano», chiosa il premier, «si sono voluti tenere la Gasparri che prevede siano i gruppi parlamentari e dunque i partiti a scegliere i membri del Cda. E questo è successo. Io ero l'unico che voleva un altro sistema di nomina, ma ci hanno costretti a rinviare il varo della riforma».

A settembre però si riparte. E in ottobre, con la nuova governance approvata, il dg Antonio Paolo Dall'Orto assumerà i poteri da amministratore delegato. «In quel momento», dice un renziano doc, «di fatto il Cda e il presidente conteranno poco o nulla, a comandare davvero sarà un nostro uomo...».

In gioco però non c'è solo il controllo della Rai. La legge sulla governance contiene la delega al governo per riscrivere il testo unico della Tlc. E procedere alla cancellazione totale della Gasparri. Renzi vuole ridurre le reti: «Sono troppe». E vuole affidare a viale Mazzini, per cui sogna un futuro «alla Bbc completamente svincolato dai partiti» grazie alla nascita di una fondazione, la mission di una «media company» con «massimo utilizzo di internet».