Il rapporto della Fondazione La Malfa: «Il Sud è vitale ma per cambiare serve una visione»

Il rapporto della Fondazione La Malfa: «Il Sud è vitale ma per cambiare serve una visione»
di Nando Santonastaso
Lunedì 11 Marzo 2019, 07:30 - Ultimo agg. 11:30
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Le occasioni perdute o non sfruttate da una parte, una prospettiva a breve e medio termine a dir poco complicata e incerta dall'altra. Il Mezzogiorno sospeso tra rimpianti, rimorsi e speranza è anche quello che emerge dai dati e dagli spunti di riflessione del Rapporto della Fondazione Ugo La Malfa sulle medie e grandi imprese meridionali in base ai loro bilanci, giunto all'ottava edizione, che sarà presentato stamane presso la sede del Mattino in diretta streaming dalle 11,30.
 
Numeri, statistiche e analisi rafforzano la sensazione raccontata ieri nel viaggio tra le incompiute più significative della claudicante storia dello sviluppo industriale del Sud, da Gioia Tauro a Termini Imerese, da Taranto a Bagnoli. Ma dimostrano anche che la vitalità di un tessuto imprenditoriale manifatturiero sano e competitivo non è affatto diminuita, pur rimanendo numericamente molto lontana da quelle del Centronord. Le imprese di medie dimensioni, in particolare, continuano a registrare performance positive «anche se rimane ampio il divario del valore aggiunto per dipendente tra quelle meridionali e e quelle del Centronord». Proprio per questo, però, il Rapporto 2019 insiste su una tesi già affermata nell'edizione dello scorso anno: e cioè che «politiche volte all'insediamento di medie imprese in aree industriali» attrezzate in modo nuovo e più razionale «potrebbero dar luogo a risultati positivi per lo sviluppo economico e per loccupazione».

Insomma, chi può far da traino ad un rilancio finalmente credibile del Mezzogiorno, abbandonando la strada fatta di errori, inadempienze e scelte sbagliate degli ultimi 30 anni, c'è e ha voglia di investire ancora. Il problema è che questa disponibilità (che sarebbe sciocco definire come atti di eroismo imprenditoriale) non basta: serve un indirizzo politico chiaro. Ed è qui che il Rapporto della Fondazione La Malfa (a presentarlo sarà come di consueto il presidente Giorgio La Malfa, previsto anche l'intervento del governatore della Campania Vincenzo De Luca), lancia un allarme sicuramente giustificato: «Pensavamo che un governo nato su basi politiche nuove rispetto al passato avrebbe potuto avere interesse ad esplorare nuove strade per le politiche di sviluppo del Mezzogiorno - scrive La Malfa nell'introduzione -. Abbiamo invece l'impressione che si sia affermata in questo campo una pressoché totale continuità rispetto al passato, fondata sul tentativo di fare uso dei fondi europei ma senza alcuna idea innovativa sul grande tema rappresentato dalla sollecitazione alla nascita di una nuova classe di imprenditori del Mezzogiorno».

Il giudizio sulle scelte economiche dell'attuale governo è perciò negativo: «Considerare il Reddito di cittadinanza non come sostituto di un reddito da lavoro dipendente ma come un passaggio verso di esso, presuppone che contemporaneamente si sviluppi uno sforzo per far sorgere nuove attività industriali nel Mezzogiorno». Sforzo, lascia capire il Rapporto, che non solo poggerebbe come detto su spalle solide ancorché da irrobustire ma farebbe da leva allo sviluppo dell'occupazione visto che i numeri confermano ancora una volta l'indiscutibile valore aggiunto dell'industria manifatturiera anche al Sud.

Lo scenario, come detto, non sembra incoraggiare questa opzione, e anzi le incertezze politiche del momento e le priorità del Contratto di governo sembrano distrarre, ragionare di mission e visione industriale per il Sud appare, purtroppo, quanto meno azzardato. Ma qui sta la forza del Rapporto, redatto in collaborazione con l'Area studi di Mediobanca e sotto la supervisione di un Comitato scientifico del quale con Giorgio La Malfa fanno parte anche lex ministro Paolo Savona, Fulvio Coltorti, Piero Craveri, Carlo Dominici, Adriano Giannola e Massimo lo Cicero. Dimostrare, numeri alla mano, che scegliere il Sud per investire è sempre conveniente e che incoraggiare questa opzione è un vantaggio per l'intero Paese.

In tempi di autonomia rafforzata è sicuramente un dato su cui riflettere, spostando l'attenzione un po' più in là delle dispute del presente.

Un dato, oltre tutto, che permetterebbe di affrontare con un carico di angosce e preoccupazioni inferiore la possibile nuova recessione del Paese, per ora solo tecnica ma che rischia di condizionare tutto il 2019, almeno stando alle previsioni Ocse. Per il Sud una crescita piatta o negativa del Paese sarebbe una iattura grande come una casa, la terza in meno di 20 anni. Troppe per riuscire a sopravvivere.

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