Recovery plan, i giovani non credono alla svolta: ecco il sondaggio Ipsos

Recovery plan, i giovani non credono alla svolta: ecco il sondaggio Ipsos
di Nando Santonastaso
Domenica 19 Settembre 2021, 12:00
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Il Pnrr? Uno sconosciuto almeno per la maggioranza degli italiani che, forse anche per conseguenza, hanno una fiducia molto limitata sulla sua efficacia. Appena il 45% pensa che sarà almeno sufficiente a recuperare la situazione economica pre-pandemia. Lo rivela una ricerca Ipsos presentata ieri a Bologna in occasione dell'annuale convegno nazionale dei Cavalieri del Lavoro. Ad alimentare questo scetticismo, spiega Nando Pagnoncelli con la consueta chiarezza, è soprattutto il timore che l'ennesima promessa di una svolta epocale possa essere disattesa. L'indice è rivolto contro la politica, le istituzioni e il sistema dei partiti con una importante eccezione però per il governo Draghi. Ma è soprattutto tra i giovani che emerge un forte pessimismo sul futuro: si sentono in gran parte spaesati e incerti nonostante che la fiducia complessiva degli italiani nella ripresa dell'economia nazionale sia risalita dal 17% del 2019 al 39% dello scorso luglio (e si arriva al 59% in un'ottica triennale). C'è una frattura generazionale, insomma, in un Paese che è ancora sospeso tra quanti, come gli adulti, si dicono fiduciosi sulla ripartenza e chi, gli under 30 appunto, che non lo sono affatto (salvo eccezioni che pure non mancano).

In questo scenario il tema delle transizioni digitale e green, al centro del meeting di ieri, apre non pochi interrogativi. Tre li pone alla platea bolognese (in prima fila l'ex premier Romano Prodi) il ministro della transizione digitale Vittorio Colao: «Siamo sicuri che le imprese private stiano pensando di assumere giovani laureati sulla scia dei piani annunciati da molti ministri, dal sottoscritto ai colleghi Brunetta e Cartabia, per accrescere e qualificare il personale dei rispettivi dicasteri? E siamo sicuri che i nuovi assunti saranno retribuiti in base alle loro competenze, evitando di dover andare all'estero dove possono evidentemente guadagnare di più? E infine, si sta investendo bene sulla loro formazione?».

Tre domande-chiave che smorzano l'euforia di chi pensa all'Italia in termini di un Paese fuoriclasse («Possiamo però diventarlo, visto che tutti gli interventi previsti nel Pnrr puntano sui giovani», concede il ministro) ma riportano l'attenzione sui problemi reali. E tra essi la capacità di attuare il Piano di ripresa e resilienza, spendendo i 230 miliardi di euro previsti, è sicuramente al primo posto.

Fare presto e bene diventa dunque l'imperativo categorico, a partire dagli investimenti per la transizione green. Ma attenzione, avverte Francesco Starace, Amministratore delegato e Direttore generale dell'Enel: ci sono scelte non più rinviabili, come la riduzione delle emissioni nocive, che non possiamo demandare ad altri. «Non è più una novità ormai che le rinnovabili avranno un'espansione 4 volte superiore all'attuale nel decennio. E che l'energia elettrica entrerà sempre più a vele spiegate nell'economia mondiale, dalle auto al riscaldamento. Ma solo di questo, oggi e per i prossimi 10 anni, dobbiamo tenere conto: rinnovabili e batterie, non altro», dice il manager. Che coglie l'occasione per chiarire di non essere in contrasto con il ministro Cingolani, assente ieri al convegno: «Sono d'accordo con lui, c'è tanto da studiare ma poco da fare», dice riferendosi alla polemica sull'eventualità di un ritorno al nucleare per sostenere la ripresa. «I numeri insiste Starace dimostrano che da quando sono iniziate le misurazioni di Co2 nel mondo, il 25% delle emissioni è attribuibile agli Usa ma il 23% all'Europa. Decarbonizzare è un compito, dunque, che ci tocca da vicino: è necessario e fa bene al pianeta. I governi hanno le chiavi della governance, devono semplificare e snellire le procedure ma soprattutto bisogna fare presto».

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È l'input che arriva anche dal presidente del Gruppo emiliano-romagnolo dei Cavalieri del lavoro, Sassoli De Bianchi e soprattutto dal presidente della Federazione nazionale, il banchiere Maurizio Sella. «Questo, e sono certo di parlare a nome anche di tanti imprenditori Cavalieri del Lavoro, è un momento magico da cogliere. Ci sono grandi opportunità di fronte a noi», dice Sella, fiducioso e soddisfatto del lavoro fin qui svolto dal governo Draghi. Ma le transizioni digitale e soprattutto green «non saranno facili» ammette. E aggiunge: «Le risorse non sono infinite e sta crescendo il livello di indebitamento del Paese ma è importantissimo saper prolungare quanto di favorevole e di straordinario sta accadendo» in termini di crescita di Pil e di consumi, soprattutto. Di qui la proposta di un Patto di responsabilità dei Cavalieri, spina dorsale delle imprese di eccellenza del Paese, per non fermare la Grande transizione. «Non si può resistere al cambiamento pensando che le transizioni siano potenziali minacce», dice Sella. Illuminante in proposito l'intervento del premio Nobel Michel Spence: in pochi minuti e poche slides ha dimostrato perché la rivoluzione green è inevitabile e indispensabile. A patto, però, come commenta a margine del convegno Romano Prodi, che contro le emissioni si schierino davvero tutti i Paesi: «Perché chi inquina per il solo 7% non può pensare di risolvere il problema di tutti gli altri», dice il Professore riferendosi ai limiti attuali del dialogo tra l'Europa e il resto del mondo.

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