Reddito di cittadinanza, buchi nei controlli: banche dati diverse e zero ispettori

Reddito di cittadinanza, buchi nei controlli: banche dati diverse e zero ispettori
di Francesco Pacifico
Lunedì 7 Gennaio 2019, 08:00 - Ultimo agg. 14:52
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Dal primo aprile lo Stato vuole erogare il reddito di cittadinanza. Ma a tre mesi dall'avvio sono tanti i nodi ancora scoperti. Vanno rilanciati i centri per l'impiego che sono all'anno zero, sono da costruire due piattaforme informatiche per gestire i cosiddetti Patti del lavoro, mentre l'Inps - che si occuperà della presa in carico dei lavoratori e dell'erogazione del sussidio - lamenta un forte deficit di personale. Ma non sono soltanto alcune delle criticità.
 
Chi presenta documentazioni false per ottenere il reddito di cittadinanza rischia fino a sei anni di carcere. Come per il traffico di rifiuti pericolosi o la ricettazione. Ma basterà la minaccia di pene esemplari per evitare abusi? Nel decreto è delineato un sistema di controlli spalmato su più livelli, che non sono abituati a parlare tra loro. L'Inps - al quale è deputata di fatto la parte principale dell'attività di presa in carico del lavoro - deve entro cinque giorni vagliare la documentazione presentata ai Cpi, alle Poste o ai Caf per dare l'assenso all'erogazione. Per scremare la platea dei beneficiari, gli estensori del decreto sono stati molto rigidi sui requisiti: reddito Isee entro i 9.360 euro l'anno, patrimonio immobiliare al netto della prima casa non superiore ai 30mila euro, rendite finanziarie non oltre i 6mila per chi non ha figli, fino al divieto di possedere bolidi a quattro e due ruote o barche. L'istituto di previdenza ci mette tre mesi per erogare una pensione, pur avendo in casa tutta la documentazione necessaria, riuscirà a fare quest'attività in meno di una settimana? Anche perché dovrà scavare in diverse banche dati (Anagrafe tributaria, registro automobilistico fino ai Comuni per le prestazioni di welfare già concesse) per fare i primi controlli. Questo nella fase iniziale, ma in corso d'opera come ci si muoverà. Il decreto prevede che toccherà ai Cpi e ai Comuni segnalare eventuali anomalie (dalle certificazioni mendaci fino al lavoro nero) all'Agenzia delle entrate e alla Guardia di Finanza, che poi disporranno gli accertamenti nel caso. Ma in questa filiera manca un soggetto come l'ispettorato nazionale del lavoro, che per esempio nel contrasto del sommerso ha il personale e le capacità per fare controlli preventivi o a campione. Non a caso la Cgia di Mestre ha stimato che la metà dei 6 miliardi di euro destinati al reddito finirà per aiutare lavoratori in nero.

Complice la riduzione al deficit per il 2019 imposto dalla Ue, le risorse per il reddito e pensione di cittadinanza sono scese a 6,5 miliardi per una platea potenziale di 4,6 milioni di persone. Nonostante il rubinetto finiti i fondi gli assegni vengono rimodulati c'è il rischio che il sussidio pieno vada a poco più di 300mila persone. Dopo le polemiche dei mesi scorsi sugli acquisti immorali, va notato che il decreto vieta soltanto la spesa in giochi d'azzardo, ma non in alcool e sigarette.

Nella prima proposta sul reddito tutto (la presa in carico, l'accompagnamento e la definizione del sussidio) doveva passare per i centri per l'impiego. Nella versione definitiva i Cpi avranno soltanto tre compiti, ma non meno gravosi: definire il profilo dei disoccupati e degli inoccupati per indirizzarli al meglio, trovare le tre offerte di lavoro e curare la formazione.

Queste strutture sono in mano alle Regioni: hanno eredito gli ex collocamenti dalle province, che avevano per lo più compiti amministrativi, quindi poco predisposizione alle attività di ricollocamento. Senza dimenticare la carenza dei mezzi (sedi, reti informatiche compresi i computer) a tutte queste strutture mancano almeno 8mila addetti di quelli necessari. Ma in manovra si prevede per il triennio l'ingresso di sole 4mila unità. E parliamo di tutor, psicologi del lavoro e informatici, personale tra l'altro da formare. Se non bastasse, queste assunzioni potrebbero scontare il blocco del turnover in vigore fino al 15 novembre, cioè 8 mesi dopo la prima erogazione del sussidio. Da capire poi se in questi 4mila addetti, rientreranno anche i 3mila navigator, i tutor, annunciati da Di Maio.

La legge impone che per ottenere il sussidio bisogna confermare «l'immediata disponibilità al lavoro» - quindi essere disoccupati e accettare una delle tre offerte trovate dal centro per l'impiego - e aderire «a un percorso personalizzato di accompagnamento dell'inserimento lavorativo». Cioè di formazione. Ma tra i nodi c'è anche questo: il soggetto principalmente deputato a quest'attività - cioè i Cpi - sono in grado di garantire degli strumenti adeguati in questo campo? A ben guardare la formazione oggi realizzata dalle strutture in capo alle Regioni, c'è più attenzione per l'ingresso nel mercato del lavoro per i più giovani che a una vera riconversione professionale per i disoccupati di lunga durata. I privati invece guardano a categorie professionali più elevate, anche perché è un mercato più remunerativo. Sempre nel decreto si fa intendere che avranno un accesso privilegiato ai centri, gli under 26enni, i non occupati da non più di anni e chi riceve ammortizzatore sociale. Tenendo fuori, come detto, i disoccupati di lunga durata. Nota poi l'economista Stefano Patriarca: «Nella parte del decreto dedicata a Quota cento si chiede agli enti bilaterali di partecipare al finanziamento dell'aumento pensionistico. Ma quei soldi dovrebbero andare alla formazione, che così rischia di essere trasferita dalla sua destinazione naturale».

Mentre i Cpi ricercano le tre offerte di lavoro, i beneficiari devono comunque garantire «attività al servizio della comunità». In passato il ministro del Lavoro, Luigi Di Maio, aveva parlato di 40 ore non pagate da destinare ai propri Comuni di appartenenza nella manutenzione dei giardini come delle attività di cura.

L'esperienza dei lavoratori socialmente utili però ci insegna che gli enti locali hanno bisogno di tempo per individuare sia le aree dove manca personale sia se ci sono le competenze necessarie per svolgere determinati compiti.

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